«Quando ho raggiunto il record del mondo eravamo a Brescia: le donne gareggiavano a Brescia, i maschi a Venezia, come nelle classi separate. Stampa e tv a Venezia e da noi donne niente. I salti che avete visto nel filmato sono stati ripresi da un allenatore! Mi sono anche sentita dire: “Dovevi dircelo che facevi il record del mondo!”. Ma come potevo programmarlo?». A parlare è Sara Simeoni* che racconta di quando il 4 agosto 1978 saltò la misura di 2.01 metri stabilendo così il primato del mondo.
Quarantadue anni prima di lei un’altra italiana era passata alla storia. Ondina Valla fu la prima atleta italiana a vincere negli 80 metri ostacoli una medaglia d’Oro alle Olimpiadi di Berlino il 6 agosto 1936. Qualche anno più tardi l’atleta bolognese raccontò: «Avevo vent’anni, allora, e avrei dovuto partecipare anche all’Olimpiade precedente, quella del 1932 a Los Angeles. Ma sarei stata l’unica donna della squadra di atletica e così mi dissero che avrei creato dei problemi su una nave piena di uomini. La realtà è che il Vaticano era decisamente contrario allo sport femminile».
C’è chi, invece, sfidò i pregiudizi della gente e i dubbi degli organizzatori del Giro d’Italia come Alfonsina Morini Strada, il “diavolo in gonnella” che nel 1924 partecipò alla gara ciclistica. Dopo l’arrivo fuori tempo massimo nella tappa L’Aquila-Perugia, le fu permesso di continuare, ma non fu più considerata in gara. Alla fine fu tra i 30 corridori dei 90 partiti che arrivarono a Milano.
Quelle di Sara Simeoni, Ondina Valla e Alfosina Morini Strada sono storie che appartengono al passato, anche se non lontanissimo, ma ancora oggi per le atlete e per le donne impegnate nello sport a diverso titolo la strada è disseminata di ostacoli, come ad esempio quello del mancato professionismo.
La vicenda che vede protagonista Wanda Nara, rea secondo alcuni di essere al tempo stesso moglie e procuratrice del giocatore nerazzurro Mauro Icardi, che nelle ultime settimane ha infiammato i tifosi e ha fatto scomodare persino France Football, la rivista che assegna il Pallone d’Oro, ha squarciato per l’ennesima volta il velo del sessismo che oscura il calcio e lo sport italiano in generale. Le parole degli ex giocatori ora opinionisti Fulvio Collovati e Billy Costacurta contro le donne nel calcio si aggiungono a quelle che abbiamo ascoltato e letto in questi ultimi anni e ignorano come le donne siano ormai protagoniste anche del calcio femminile sempre più apprezzato dal pubblico.
Eppure basterebbe rileggere alcune pagine di storia dello sport per ricordare che ci sono donne che hanno impresso una svolta perché prime a rompere il muro dell’indifferenza e a imporsi con eccellenti risultati. È il caso della velista Hélène De Pourtalès, che ai Giochi Olimpici di Parigi nel 1900 vinse a bordo del Lérina l’oro e l’argento nella classe 1-2 tonnellate contro equipaggi maschili, e di Nina Kuscsik, che nell’autunno 1972 guidò la protesta per permettere alle donne di partecipare alla maratona di New York bloccando con altre donne la partenza della gara. Fu grazie a lei che nel 1979 venne approvata la risoluzione 308 per introdurre nel 1984 la maratona nel programma olimpico. E ancora l’aristocratica Maria Teresa De Filippis, prima donna a correre in Formula 1 nel lontano 1958, fino alle più recenti Kiara Fontanesi, l’atleta italiana con più titoli mondiali individuali, e Ana Carrasco che nel settembre 2018 ha vinto il Campionato del mondo Supersport 300: mai una donna aveva vinto un titolo mondiale in una competizione motociclistica aperta a uomini e donne.
Storie che fanno i conti con i numeri. Ai Giochi Olimpici le donne cominciarono a competere solo nel 1900, quattro anni dopo la prima edizione dei Giochi moderni. A Parigi parteciparono 22 donne su 997 atleti e gareggiarono in cinque discipline: tennis, vela, croquet, equitazione e golf. Tennis e golf furono le uniche discipline ad avere gare esclusivamente femminili. Da quelle Olimpiadi a oggi la presenza delle donne ai Giochi è cresciuta fino a raggiungere il 45% a Rio nel 2016 e con l’introduzione della boxe femminile, e i Giochi di Londra 2012 sono stati i primi in cui le donne hanno gareggiato in tutti gli sport.
In Italia lo sport è ancora a trazione maschile, come sottolinea il report I numeri dello sport 2017 redatto dal CONI, ma «nel sistema sportivo diverse iniziative mirano a sostenere la partecipazione delle donne. Sebbene l’incidenza delle atlete negli ultimi anni stia gradualmente aumentando, le donne sono sottorappresentate negli organi decisionali delle istituzioni sportive, a livello locale, nazionale ed europeo». Il 2017 è stato l’anno dei record per le sportive: la quota delle atlete ha raggiunto il suo massimo storico con il 28,2% contro il 71,8% degli atleti maschi, su 4,7 milioni di tesserati complessivi.
“Dream crazier” esorta un recente spot della Nike con la voce della tennista Serena Williams, andato in onda durante la cerimonia degli Oscar. Immagini per raccontare storie di donne e di sport che, a qualunque latitudine, fanno i conti e combattono ogni giorno contro gli stereotipi di genere.
* Simeoni ha ricordato l’episodio il 25 gennaio 2018 in occasione dell’incontro Donne e sport. Riflessioni in un’ottica di genere organizzato dall’associazione Orlando di Bologna. L’intervento fa parte del volume, a cura di Gioia Virgilio e Silvia Lolli, che raccoglie i contributi delle altre relatrici del ciclo di incontri.
Immagine: Serena Williams al torneo US Open Grand Slam del tennis, New York City, USA (5 settembre 2016). Crediti: Jimmie48 Photography / Shutterstock.com
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