4 settembre 2018

Coordinatore genitoriale: nuova figura per le separazioni conflittuali

Molti di noi le hanno viste solo nei film, quelle scene cliché con piatti rotti, grida di schiaffi, vicini svegliati e polizia all’uscio. Le coppie altamente conflittuali sono un bell’enigma per la giustizia civile: quando si separano si affrettano ad affastellare fascicoli di denunce reali o inventate, stalking-violenze-maltrattamenti-abuso di sostanze. Assegni di mantenimento arbitrariamente non versati, figli ostaggio di un solo genitore; i tempi si dilatano e nel processo rischiano di perdersi i temi centrali, in primis la tutela dei minori coinvolti. Si arriva in alcuni casi al completo congelamento di ogni decisione: scelte scolastiche o mediche non possibili, ci si impunta per averla vinta. Mentre gli psicologi portano continuamente nuovi dati all’assunto dei danni allo sviluppo dovuti dall’esposizione dei minori a continua conflittualità, verbale o agita.

Il nuovo disegno di legge a firma del senatore leghista Simone Pillon sull’affido materialmente condiviso propone ora l’introduzione, per questa tipologia di coppia genitoriale, dello strumento della coordinazione genitoriale. Nata negli Stati Uniti a inizio anni Novanta, ha trovato applicazione ed eco planetaria grazie all’opera della psicoterapeuta e mediatrice familiare Debra Carter, più volte ospite del nostro Paese e ispiratrice dell’AICOGE (Associazione Italiana Coordinatori Genitoriali), la prima associazione nazionale presieduta dall’assistente sociale Elena Giudice. La coordinazione genitoriale è definita come metodo alternativo di risoluzione delle controversie centrato sul bambino, in cui un professionista aiuta i genitori altamente conflittuali ad attuare il loro piano genitoriale (accordo strutturato nei dettagli per soddisfare al meglio i bisogni dei figli) facilitando la risoluzione dei loro conflitti.

A differenza della pratica affine della mediazione familiare, la coordinazione genitoriale si caratterizza per la modalità fortemente direttiva del conduttore: come parent trainer trasmette alla coppia conoscenze sulla psicologia infantile e sulle tecniche di comunicazione efficace; svolge un ruolo arbitrale, verificando la veridicità delle dichiarazioni dei genitori e l’aderenza agli accordi prescritti dal giudice; può incontrare i figli e testimoniare nel loro interesse, coordinando le figure significative per il minore e i professionisti coinvolti. E se il conflitto si fa più acceso non si esita a richiedere una foto dei figli e a strapparla, tecnica drammatica che porta anche i genitori più duri alla consapevolezza di ciò che accade ai loro figli.

Il Ddl Pillon, che dalla sua presentazione a inizio agosto sta suscitando grandi polemiche – in particolare per la possibile cancellazione dell’assegno di mantenimento e per le nuove regole sull’assegnazione della casa familiare – almeno in quest’area porterebbe l’indubbio vantaggio di ottenere soluzioni ritagliate sulla varietà di situazioni specifiche: in caso di fallimento della mediazione familiare, prescritta come obbligatoria in prima istanza per le coppie in separazione con figli, ci si affiderebbe alla coordinazione genitoriale per domare i conflitti profondi e permettere ai giudici di sentenziare ben conoscendo problematicità e risorse delle parti.

Non mancano tuttavia le perplessità: secondo il disegno di legge la coordinazione genitoriale prevede il consenso della coppia, che assolderebbe il professionista come proprio consulente. Silvia Mazzoni, docente di psicologia dinamica alla Sapienza e responsabile con la giudice Stefania Ciani dell’ottima sperimentazione dello strumento presso il Tribunale di Civitavecchia, sostiene invece che «la coordinazione genitoriale non dovrebbe essere intesa solo come ulteriore possibilità di autodeterminazione della coppia altamente conflittuale, ma anche come ordine coercitivo del giudice, come avviene all’estero. La tutela del minore sarebbe infatti maggiormente garantita con un terzo che decide, non con chi prova a gestire le controversie. Inoltre quella del coordinatore genitoriale non andrebbe intesa come nuova professione, ma come funzione di professionisti che già operano nel settore come assistenti sociali e psicologi».


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