Come percepiscono gli italiani le grandi innovazioni intervenute negli ultimi trent’anni? Quanto ne sono intimoriti o, al contrario, rassicurati e soddisfatti? Lo racconta il quinto Rapporto sulla cultura dell’innovazione (2017) degli italiani, realizzato da AGI-Agenzia Italia, Censis-Fondazione centro studi investimenti sociali e COTEC-Fondazione per l’innovazione tecnologica. Per quanto concerne l’effetto che l’innovazione può sortire sulla riduzione o, viceversa, sull’amplificazione delle differenze sociali, gli italiani appaiono divisi quasi a metà (gli ottimisti sono il 47,8% e i pessimisti il 51,4%); i più fiduciosi sono coloro che posseggono un titolo di studio superiore, gli abitanti delle grandi città e i più giovani, mentre le maggiori preoccupazioni le esprimono persone con un livello culturale e sociale più basso; analogamente distribuita a seconda del titolo di studio e dell’appartenenza sociale è la percezione del rapporto che le tecnologie hanno con il lavoro: temono la loro concorrenza i meno istruiti e i meno ricchi, cosa che in effetti non può stupire, poiché è opinione piuttosto consolidata che maggiormente a rischio siano i lavori più automatici.

Gli italiani appaiono invece diffusamente pessimisti rispetto alla possibilità del nostro Paese di mantenere il passo con i Paesi più sviluppati e di superare il gap cumulato in passato. Non sembrano invece preoccupati dall’eccesso di controllo che dalle tecnologie potrebbe derivare, da una eventuale perdita di riservatezza o di una quota di democraticità; anzi, il 43,8% considera auspicabile un maggiore controllo se questo implica una maggiore sicurezza. Vi è poi una buona quota di persone (36,7%) che pensa che, grazie al più facile accesso alle informazioni, le innovazioni sosterranno sempre più i processi democratici. Invece, gli intervistati hanno espresso ben scarso gradimento rispetto alla maggiore digitalizzazione della pubblica amministrazione, che rimane implacabilmente il ‘nemico’: per il 59% non è cambiata in nulla, per il 27% è addirittura peggiorata e soltanto il 14% ha notato qualche miglioramento negli ultimi anni.

Per finire, vi è una quota ancora molto alta, soprattutto naturalmente tra gli anziani, tagliata fuori completamente o quasi dall’uso delle tecnologie (6,4%). Questa condizione è vissuta con angoscia e disagio, ma secondo quanto rilevato dal Rapporto è anche in atto una sorta di ‘solidarietà intergenerazionale’, grazie a cui la maggioranza degli intervistati ha dichiarato di ricorrere all’aiuto di amici o parenti, mentre rimane un 23,5% di coloro che soffrono il digital divide che non ha assolutamente nessuno a cui rivolgersi (questi dati, tuttavia, sono più positivi della realtà, poiché nel campione non sono considerati gli over ottanta).

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