Un’inversione a U? Una retromarcia? Uno sboom? Una controriforma? Si rischia di dover saccheggiare parecchi luoghi comuni del gergo giornalistico nel tentativo di definire il contenuto del decreto ministeriale n. 161 dell’11 aprile 2023 firmato dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Il D.M. s’intitola Linee guida per la determinazione degli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi per la concessione d’uso dei beni in consegna agli istituti e luoghi della cultura statali. Significa che si dovrà pagare per pubblicare qualsiasi tipo di riproduzione fotografica (tradizionale e digitale, anche parziale) di beni culturali statali: da un’opera d’arte fino a un codice medievale. Anche a studiosi, accademici, studenti, ricercatori, che prima erano esclusi dai versamenti, sarà presentato il conto per la semplice divulgazione su riviste scientifiche di immagini provenienti da musei, biblioteche e archivi statali. Un conto salato: per esempio, citando un caso concreto, se un ricercatore volesse rendere pubblica la propria tesi di dottorato in Storia dell’arte, contenente 390 indispensabili foto, solo per i diritti di riproduzione definiti dal nuovo decreto dovrebbe sborsare 7.500 euro.
Il decreto è frutto di un’inattesa quanto repentina cancellazione dei principi contenuti nelle Linee guida per l’acquisizione, la circolazione e il riuso delle riproduzioni dei beni culturali in ambiente digitale elaborate meno di un anno fa, durante il governo Draghi, dall’Istituto centrale per la digitalizzazione del patrimonio culturale – Digital Library e inquadrate a luglio 2022, dopo una fase di consultazione pubblica, nel Piano nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale (PND), a sua volta legato al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Con queste linee guida il ministero aveva appena reso gratuita la pubblicazione delle immagini di beni culturali statali in qualsiasi pubblicazione editoriale, anche non scientifica. Ora c’è lo stop. Una battuta di arresto che lo storico Alessandro Barbero, interpellato da Atlante, ha commentato così: «Penso quello che pensano tutti gli studiosi, i ricercatori e chiunque abbia a cuore il patrimonio storico e artistico italiano: non solo come una fonte di miserabile reddito per lo Stato, ma come una ricchezza immateriale di tutti gli italiani e di tutto il mondo. Ritengo che il ministro e il suo ministero farebbero molto bene se ammettessero che si sono sbagliati, che hanno emanato quel provvedimento senza valutarne le conseguenze e che sono disposti a imparare dai propri errori e a correggerli. Perché se no si potrebbe pensare che l’abbiano fatto apposta e questo sarebbe ancora più sconfortante».
Una situazione tanto più desolante se si considera che, nel mondo, sempre più musei, archivi e biblioteche rendono disponibili on-line le digitalizzazioni delle proprie collezioni ad alta risoluzione consentendone il libero riutilizzo da parte di chiunque per qualunque finalità, persino commerciale. Tale provvedimento, che piomba su un mondo italiano della ricerca già sottofinanziato, sta suscitando sorpresa persino all’estero. Per esempio, lo storico dell’arte e giornalista francese Didier Rykner ha provato, sulla rivista La Tribune de l’Art, a fare qualche conto: «Supponiamo che occorrano 10 foto a colori in alta definizione, da pubblicare su una rivista scientifica stampata in 400 copie e venduta a 30 euro. Le tabelle (allegate al decreto, ndr), molto numerose, danno il seguente coefficiente moltiplicatore: tra 300 e 1000 copie e meno di 50 euro, si moltiplica per 2,5. Alla fine le dieci fotografie gli costeranno quindi 10 x 12 x 2,5 = 300 euro! Quando erano sempre state gratis. Il calcolo e l’incasso dei pagamenti, inoltre, si basa su regole contortissime e contraddittorie, capaci di mandare in tilt il già esiguo (da molti anni) personale che lavora nelle strutture ospitanti, con costi di gestione burocratica destinati ad assorbire gli eventuali introiti generati.
Per giunta, non basta pagare. Occorre il permesso del ministero per utilizzare le immagini; perché, si legge nel comma 2 dell’articolo 2 del decreto, «indipendentemente dal canone o dal corrispettivo individuato, la concessione per l’uso e la riproduzione dei beni culturali è comunque subordinata alla previa verifica di compatibilità della destinazione d’uso della riproduzione con il carattere storico-artistico dei medesimi beni culturali, ai sensi dell’articolo 20 del Codice dei beni culturali e del paesaggio». Articolo 20 che, però, si riferisce a tutt’altro, cioè all’occupazione di beni culturali o alla loro fruizione fisica, non alle loro riproduzioni fotografiche. Insomma, ulteriori appesantimenti burocratici nella procedura di “certificazione” della compatibilità del contesto in cui il materiale dovrà essere usato.
Il decreto ministeriale ovviamente ha suscitato «perplessità e apprensione tra i membri delle associazioni scientifiche e professionali», che hanno divulgato un comunicato congiunto in cui sono messe in evidenza le criticità del provvedimento e vengono segnalate caratteristiche di incostituzionalità, laddove si vincola l’uso delle immagini all’approvazione statale, «con violazione delle libertà costituzionali di espressione, di ricerca, di apprendimento lungo l’arco di tutta la vita (artt. 21, 33, 34, 35), oltre che di diffusione della cultura (art. 9)».
In attesa di sviluppi, il professor Francesco Panarelli (Università della Basilicata), presidente della Società italiana per la Storia medievale (Sismed, tra i sottoscrittori del comunicato), dice ad Atlante: «L’elaborazione di un decreto del genere avrebbe dovuto richiedere un’ampia riflessione preventiva e stupisce che sia stato emanato senza consultare chi concretamente gestisce quei beni e chi li utilizza per fini non di lucro. Per non dire dell’assenza del ministro dell’Università e della Ricerca, che dovrebbe rappresentare tutto il comparto. Due conseguenze mi preoccupano in particolare: l’incremento di un uso non più legale delle riproduzioni, perché è pressoché impossibile adempiere a tutti i passaggi di controllo e approvazione previsti; l’aumento di spesa per chi fa ricerca, pubblica e consulta pubblicazioni sempre più costose». «Inoltre», continua Panarelli, «si disincentiva l’open access, l’edizione aperta: una recente e imperfetta conquista che cerca di sganciare le pubblicazioni scientifiche dagli ingiustificati costi imposti dall’editoria scientifica internazionale. Quest’ultima resterà probabilmente l’unica in grado di garantire procedure e pagamenti previsti dal decreto». La professoressa Chiara Piva, docente di Storia dell’arte alla Sapienza di Roma e componente del direttivo della Cunsta (Consulta Universitaria Nazionale per la Storia dell’arte), ricorda: «Il principio della condivisione pubblica del patrimonio culturale oggi è considerato in tutti i Paesi più avanzati uno strumento di tutela di quei beni, perché quando la cittadinanza partecipa si fa anche garante della loro conservazione. È quello che insegniamo ai nostri studenti. Nel caso del decreto si va invece in senso diametralmente opposto. Per giunta, per cosa vengono spesi tutti i soldi del Pnrr destinati alla digitalizzazione di quel patrimonio, se poi musei, biblioteche e archivi devono mettere tutto sotto chiave e concedere l’uso soltanto a pagamento in base ad astruse tabelle? È un danno soprattutto per i più giovani, che hanno poche risorse economiche. Però qualsiasi studioso sarà indotto a studiare opere che sono disponibili gratuitamente all’estero. Mi sembra di essere tornata indietro di trent’anni…».
Per approfondire
A proposito del D.M. 11 aprile 2023, n. 161 che introduce nuovi criteri di tariffazione sulla riproduzione e il riuso di beni in consegna a istituti e a luoghi della cultura statali, 3 maggio 2023
Claudio Ciociola, Libere riproduzioni negli archivi e nelle biblioteche, in Atlante Treccani, 2015
Decreto legislativo 08/04/1994, Tariffario per la determinazione di canoni, corrispettivi e modalita’ per le concessioni relative all’uso strumentale e precario dei beni in consegna al Ministero
Decreto legislativo 22/01/2004 n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio
D.M. 161 11/04/2023 - Linee guida per la determinazione degli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi per la concessione d’uso dei beni in consegna agli istituti e luoghi della cultura statali
Piano nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale 2022-2023, Decreto direttoriale MIC n. 12 del 30 giugno 2022, in Digitallibrary.cultura.gov.it
Didier Rykner, L’Italie taxe les photographies même pour les chercheurs, in LaTribunedelArt.com, Parigi 7 maggio 2023