Esistono pochi luoghi al mondo dove il mare assume una rilevanza tale come a Trieste. È un legame antico, quello tra il mare e il capoluogo giuliano, che affonda le radici nella storia della città e di essa ha contribuito a trasformarne la più intima essenza. Il mare lambisce i suoi palazzi fino quasi a sfiorarli, e dietro la loro austera architettura, si nascondo i fasti di un passato che ha dovuto fare i conti con alcune pagine buie e travagliate della storia, ma che hanno reso la città un luogo cosmopolita e dinamico. La prossimità del confine accentua questa condizione e fa di Trieste un luogo privilegiato dove osservare parte dei cambiamenti che coinvolgono, ogni giorno, il continente europeo.

Trieste è una delle patrie della vela mondiale e il suo golfo è un vero e proprio stadio naturale. Da Mauro Pelaschier a Vasco Vascotto, generazioni di triestini sono diventati grandi velisti sotto l’occhio vigile di sua maestà la bora. In un piccolo circolo velico di Barcola nell’ottobre del ’69 nacque la Coppa d’Autunno, che negli anni avvenire sarebbe divenuta una delle regate più famose al mondo, la Barcolana, attirando velisti da ogni angolo del pianeta. Oggi è diventato un evento a 360 gradi con notevoli ricadute economiche sulla città, ma l’aspetto sportivo rimane comunque l’elemento principale. La regata è veicolo di iniziative importanti, tra cui il Barcolana Sea Summit, un momento per discutere del mare, sia in chiave ambientale che economica. Non è casuale, infatti, la scelta degli organizzatori di creare un evento simile a Trieste, nella cornice del Porto Vecchio.

Il porto di Trieste ha una storia antica, nasce nel 1717 durante il periodo asburgico e due anni dopo gli venne conferita la denominazione di Porto Franco. Lo scalo fu oggetto di una crescita costante nel tempo, accelerata anche dall’apertura del Canale di Suez nel 1869, che contribuì a trasformare Trieste in uno snodo nevralgico a livello europeo. Nate negli anni Trenta dell’Ottocento, le Assicurazioni Generali sono uno straordinario esempio della grande capacità di un porto di attrarre ricchezza e opportunità.

Rispetto ad altri porti mediterranei, Trieste poteva contare già nell’Ottocento su una fitta rete ferroviaria che collegava lo scalo direttamente con Vienna, e di riflesso con le grandi capitali dell’Europa centrale. L’iniziale infrastruttura del Porto Vecchio, situato a ridosso dell’attuale stazione ferroviaria, venne ampliata con la costruzione del Porto Nuovo, terminato negli anni Venti del Novecento. Dopo la Seconda guerra mondiale, l’Allegato VIII del Trattato di pace di Parigi del 1947 istituì, a sottolineare la vocazione dello scalo, il Porto Franco Internazionale di Trieste, titolo che fu poi riconfermato con il Memorandum di Londra nel 1954, anno in cui Trieste ritornò italiana.

Dopo decenni di stallo il porto di Trieste è ritornato oggi ad essere un asset strategico per il nostro Paese. Forte della sua storia, il porto di Trieste gode di alcune caratteristiche che ne fanno un unicum a livello nazionale. Ha, infatti, un pescaggio rilevante, che permette l’attracco delle grandi navi portacontainer, possiede un sistema ferroviario altamente integrato con le banchine, il traffico merci è gestito tramite un sistema digitale al 100% ed il suo bacino di utenza è tendenzialmente europeo, dato che solo il 10% delle merci è destinato al mercato italiano. Non da ultimo, la congeniale posizione geografica della città di Trieste, nelle rotte di transito da e per l’Asia, permette un risparmio valutabile in circa 4/5 giorni di navigazione, rispetto ai porti del Nord Europa.

Queste caratteristiche conferiscono allo scalo giuliano una valenza europea ed internazionale. Ancora, la presenza di 1,8 mln di m² di zone franche rappresenta una grande attrattività per le imprese italiane ed internazionali che decidono di investire negli spazi adiacenti al porto. Negli ultimi anni, Trieste ha scalato le classifiche dei porti italiani per le merci movimentate, di cui quasi il 50% su rotaia. La presenza, poi, del terminale dell’oleodotto TAL (Transalpine Pipeline), il quale sostiene il 40% del fabbisogno tedesco e quasi il 100% della Baviera e del Baden-Württemberg, di fatto i cuori pulsanti dell’economia tedesca ed europea, fa di Trieste il primo porto per il petrolio nel Mediterraneo. È bene ancora sottolineare come l’area portuale triestina insista, perfettamente integrata, nella rete di trasporto trans-europea TEN-T (Trans-European Networks - Transport) e come questa rappresenti uno snodo importante nel corridoio Mediterraneo in quello Adriatico-Baltico.

La nuova vita del porto triestino è frutto della programmazione e della visione di lungo periodo di una presidenza lungimirante accompagnata da uno staff estremamente preparato e competente, capace di scindere la gestione dello scalo da altre logiche politiche. La chiave di volta è stata “rivitalizzare” le opere già presenti ammodernandole e rendendole fruibili. Ha contribuito, in tal senso, il decreto attuativo del 2017, che ha conferito al presidente dell’Autorità portuale la facoltà di manipolare e trasformare i punti franchi del porto, distribuendoli sul territorio della provincia di Trieste. Queste condizioni favorevoli hanno generato un forte interesse da parte di alcuni grandi gruppi internazionali come British American Tobacco e Mitsubishi Electric, che hanno scelto Trieste come hub logistico e come luogo ideale dove sviluppare nuovi business. Un’ulteriore conseguenza positiva dello sviluppo del porto è stata, quindi, la ricaduta in termini occupazionali sulla città.

Trieste si trova al centro di una ritrovata competizione con altre realtà del Nord Adriatico, tra cui spicca il vicino porto di Capodistria. Nel 2021, lo scalo sloveno ha raggiunto la cifra record di 996mila TEU movimentati grazie allo sviluppo delle infrastrutture, e attraverso il raddoppio della linea Capodistria-Divaccia, potrà migliorare il sistema ferroviario del porto. Entrambi i porti fanno parte della NAPA, la North Adriatic Port Association, che assieme a Venezia e Rijeka, mirano ad uno “sviluppo coordinato di infrastrutture marittime, stradali, ferroviarie e tecnologiche”.

Nel 2019 l’Italia fu il primo Paese del G7 a firmare un Memorandum of Understanding (MoU) con la Cina per quanto riguarda la Belt and Road Initiative (BRI), suscitando le preoccupazioni delle istituzioni europee e degli Stati Uniti. I porti maggiormente interessati dall’accordo erano Genova e Trieste, i quali avrebbero dovuto collaborare con la China Communications Construction Company, uno dei principali player interessati nell’implementazione della BRI. Nonostante il clamore suscitato, gli accordi avevano una natura molto generica ed è bene ricordare che i porti italiani non possono essere ceduti ma dati in concessione in quanto asset strategici per il nostro Paese. Nel caso di Trieste, la perdita potenziale derivata dal MoU è stata compensata dall’accordo con l’Hamburger Hafen und Logistik AG (HHLA) per la concessione della nuova piattaforma logistica.

Nel dicembre scorso, l’Autorità portuale, ha varato il nuovo Piano operativo triennale, il quale prevede investimenti per circa 415 mln di euro, che verranno utilizzati per lo sviluppo infrastrutturale dello scalo, come ad esempio l’elettrificazione delle banchine e la possibilità di produrre energia autonomamente attraverso fonti rinnovabili. Il mantra del presidente Zeno D’Agostino è forte e chiaro: «Il futuro del porto non è il porto». Uno degli obiettivi è quello di coinvolgere Trieste e i suoi centri di ricerca, quali la SISSA (Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati) e l’ICTP (International Centre for Theoretical Physics), riconosciuti come eccellenze a livello mondiale.

Negli ultimi decenni il nostro Paese ha assunto un atteggiamento rinunciatario verso una politica marittima attiva nel Mediterraneo nonostante molti degli armatori a livello mondiale continuino, fieramente, a battere il tricolore a poppa. I porti sono l’elemento chiave per restituire una coscienza marittima all’Italia e in tale percorso, Trieste, non può che avere una grande voce in capitolo.

Alla città della Bora non resta che augurare buon vento.

Immagine: Nave portacontainer ormeggiata nel porto di Trieste (6 marzo 2020). Crediti: Simona Dibitonto / Shutterstock.com

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