11 ottobre 2020

Il peso della pandemia sulle spalle delle donne

 

L’impatto della pandemia da Covid-19 è di portata senza precedenti, e sta influendo sulla salute e sulla situazione socioeconomica di milioni di persone in tutto il mondo. Al 7 ottobre 2020 nell’Unione Europea oltre 2 milioni e mezzo di persone hanno contratto il virus e il tasso di infezione è in continuo aumento. L’impatto economico è altrettanto grave. A luglio la Commissione europea ha stimato che l’economia europea si sarebbe contratta dell’8,3% nel 2020.

Sebbene i cittadini in tutta Europa abbiano registrato durante l’estate un miglioramento generale della loro situazione rispetto ai difficili mesi di lockdown, emergono grandi disuguaglianze interne tra diversi gruppi sociodemografici. Più a rischio sono donne e i giovani, senza dubbio le categorie più pesantemente colpite dall’attuale crisi.

In particolare, l’emergenza Covid-19 e le misure adottate dai governi per controllare la diffusione del virus hanno aumentato il divario di genere, in termini di partecipazione al mercato del lavoro ma anche di equilibrio tra vita e lavoro e di sicurezza finanziaria, il tutto a svantaggio delle donne. Questo è quanto emerge dall’indagine on-line La vita, il lavoro e la Covid-19 che Eurofound, la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, ha condotto ad aprile e luglio 2020 per misurare l’impatto della pandemia sulla qualità della vita e sul lavoro degli europei.

L’indagine Eurofound evidenzia come le prospettive lavorative delle donne siano peggiorate durante i mesi estivi. La situazione è particolarmente difficile per le giovani donne tra i 18 e i 35 anni che a luglio hanno registrato maggiori probabilità di perdere il lavoro rispetto agli uomini nella stessa fascia d’età dall’inizio della pandemia (11% rispetto al 9%). La difficoltà di trovare lavoro si è anche tradotta in scoraggiamento, quindi rinuncia alla ricerca di un impiego. Tra coloro che erano occupati prima dello scoppio della pandemia e poi hanno perso il lavoro, il 4% delle donne è diventato inattivo (contro l’1% degli uomini).

Mentre alcuni lavoratori hanno perso il lavoro, il ​​principale strumento delle imprese per affrontare la pandemia nelle sue fasi iniziali è stato il ricorso a regimi di lavoro ad orario ridotto e ai licenziamenti temporanei, piuttosto che la cessazione. I dati dell’indagine elettronica di Eurofound mostrano anche che la percentuale di intervistati che ad aprile/maggio ha visto il proprio orario di lavoro diminuire notevolmente all’indomani della pandemia è stata più alta per le donne rispetto agli uomini. Tale divario è stato ancora una volta particolarmente marcato tra i giovani (35,3% per le donne contro 31,9% per gli uomini).

Al di là delle peggiori prospettive lavorative, le donne sembrano risentire maggiormente anche degli effetti avversi che l’attuale crisi sta avendo sull’equilibrio vita-lavoro. Già durante il lockdown della scorsa primavera le donne hanno dovuto fare fronte contemporaneamente a sovraccarico di lavoro familiare, smart working e didattica a distanza dei figli. Infatti, sebbene il telelavoro sia stato un fattore chiave per garantire la continuità operativa, ha portato ad un aumento del numero di persone che lavorano da casa, con conseguenti difficoltà nella gestione dei conflitti vita-lavoro e un aumento dell’incidenza degli straordinari.

Tra gli intervistati di aprile, le donne hanno riferito più difficoltà nel conciliare lavoro e vita privata rispetto agli uomini. In particolare il 24% delle donne si sentiva troppo stanco dopo il lavoro per svolgere le faccende domestiche, rispetto al 20% degli uomini. Con la riapertura delle attività a luglio, queste percentuali sono aumentate al 31% per le donne e al 26% per gli uomini. Inoltre, anche se in generale si è registrata una diminuzione della percentuale di intervistati che riferiscono che la famiglia impedisce loro di dedicare tempo al lavoro, sembra che per le donne questa riduzione non sia avvenuta.

Le donne con bambini di età inferiore a 12 anni hanno riportato più conflitti vita-lavoro nell’indagine di luglio, sia rispetto agli uomini con bambini della stessa età che agli intervistati senza figli o con figli di età superiore a 12 anni. Le maggiori differenze tra uomini e donne con bambini piccoli si riflettono in termini di difficoltà a concentrarsi sul lavoro a causa della famiglia, e viceversa difficoltà di dedicare tempo al lavoro a causa di impegni familiari.

Questi risultati, seppure allarmanti, purtroppo non stupiscono dal momento che sulle spalle delle donne ricade maggiormente il peso del lavoro domestico. Il sondaggio di luglio rivela infatti che in media le donne dedicano 35 ore settimanali alla cura dei figli o dei nipoti (rispetto alle 25 ore settimanali per gli uomini) e 18 ore settimanali ai lavori domestici (12 ore per settimana per gli uomini). Le differenze di genere in termini di partecipazione alla cura dei bambini e ai lavori domestici aumentano ancora di più tra coloro che hanno figli di età inferiore ai 12 anni.

La tensione innescata da questi contrasti, unita ad una situazione di maggiore instabilità contrattuale e fragilità finanziaria vissuta dalle donne, potrebbe incidere maggiormente sulla salute mentale. Secondo i dati dell’indagine on-line di Eurofound, sia ad aprile che a luglio le donne avevano un benessere mentale inferiore rispetto agli uomini ed erano meno ottimiste riguardo al futuro, sebbene un miglioramento generale sia stato visibile nella popolazione nel corso dell’estate.

È chiaro quindi come il peso dell’epidemia sia ricaduto, e ricadrà anche nel prossimo futuro, sulle spalle delle donne. La maggiore vulnerabilità dentro e fuori il mercato del lavoro è ormai evidente e l’attuale crisi presenta un serio rischio di mettere a repentaglio decenni di risultati positivi raggiunti in termini di parità di genere. Mentre alcuni degli effetti negativi potrebbero essere temporanei, altri rischiano di avere conseguenze profonde e di lunga durata. È quindi essenziale che le risposte politiche tengano conto di una prospettiva di genere e che l’inclusione economica e sociale delle donne sia al centro delle misure di ripresa per costruire un mondo più giusto e più resiliente a beneficio di tutti.

 

Le opinioni espresse in questo articolo sono quelle degli autori e non riflettono necessariamente quelle della Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro.

 

Immagine: Yayoi Kusama, Infinity mirror room (2017). Crediti: ephst / Shutterstock.com

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata