L’atroce fine di una ragazza ventitreenne di New Delhi, morta dopo le violenze subite su un bus privato da un branco di sei uomini, ha scosso una nazione intera e generato commozione universale. Perché una vicenda di fatto purtroppo banale – e non solo in India – ha avuto questo impatto? I commenti apparsi sui giornali italiani sono stati sostanzialmente di maniera, semplicistici, con effetti talvolta grotteschi. Il corrispondente R. Bultrini, su La Repubblica, riportava di scrivere da Jaisalmer, città sperduta collocata nel deserto al confine tra India e Pakistan, che diceva trovarsi invece nel cuore dell’India rurale (e le sue considerazioni avevano natura conseguente alla premessa), altri e altre hanno insistito sulla natura infernale della condizione della donna in India, semplificando una realtà invece complessa che è fatta di estrema diversificazione, impossibile da generalizzare. È vero che soprattutto in molte aree rurali, e anche in alcuni stati più arretrati, la condizione femminile può essere considerata disumana – e in genere in queste situazioni lo è altrettanto quella dei maschi –, così come è indubbio che milioni di feti femminili sono stati abortiti in quel paese dopo ecografie (illegali quando certificano il feto del nascituro): l’ultimo censimento fotografa il sistema e dice di 940 donne ogni 1000 uomini (fenomeno diffuso, in Cina le donne ogni 100 maschi sono addirittura 926). Ma l’India (come l’Italia, del resto) è varia e diversa: è fatta di città ove la distinzione di genere pesa sempre meno, di campagne più o meno modernizzate, di aree tribali, ecc. Nel modello "tipico" di famiglia indiana il ruolo della donna è peraltro tutt’altro che marginale, anzi, sia per le funzioni essenziali che vi svolge sia per l’indiscussa autorevolezza di cui gode nel gruppo familiare. Inutile ricordare poi che l’India è stato uno dei primi paesi ad essere governato da una donna, Indira Gandhi; ha avuto per presidente della Repubblica Pratibha Patil e da una decina di anni in qua l’elemento cardine della politica indiana è Sonia Gandhi. Al di là di questo moltissime donne hanno avuto e hanno responsabilità di governo negli singoli stati federati (Mayawati Kumari in Uttar Pradesh, Jayalalitha in Tamil Nadu) e in tutti i partiti politici le donne hanno posizioni di spicco. Attiviste e intellettuali indiane sono celeberrime anche in Occidente: Vanda Shiva, Arundhati Roy, ecc. Impossibile insomma generalizzare quando si dice di India e il ruolo sempre più preminente assunto da questa nazione dovrebbe imporre anche al giornalismo nostrano minore superficialità e il distacco dai canoni folkroristici e macchiettistici che caratterizzano in genere le narrazioni. Tornando al caso della ragazza si vogliono qui sottolineare due elementi significativi. Il primo è che la grande commozione suscitata dall’evento, dalla prima notizia dello stupro fino a quella della morte, è stata immune dalla curiosità morbosa cui siamo abituati. Pensiamo ai "plastici" di Bruno Vespa o a tante altre espressioni di tutto ciò. Il nome della ragazza non è al momento stato diffuso, così come nessuna sua immagine, nessun suo familiare è stato immortalato o aggredito da microfoni e questo ha avuto un notevole, commovente effetto. La vittima è stata chiamata in tanti modi diversi, ma è soprattutto divenuta la "India’s daughter", la figlia di tutti gli indiani, divenendo insomma, lei, ma ancor più la sua vicenda, una storia universale, fortemente simbolica. Nella sua indistinta figura si sono identificati madri e padri in ansia per i propri figli, ragazzi e ragazze preoccupati per la propria sicurezza, uomini e donne increduli di fronte a tale bestiale violenza. Un nome definito, un’immagine precisa, un volgare bombardamento di notizie, la canonizzazione di una vittima (l’esecrabile esigenza di creare sempre e comunque eroi o santi) non avrebbero portato a una partecipazione così viva. Per una volta – e ciò è anche favorito da una norma del codice penale indiano che vieta la pubblicazione non autorizzata dei nomi delle vittime di alcuni reati http://www.vakilno1.com/bareacts/IndianPenalCode/S228A.htm – ha prevalso il rispetto e un cordoglio che senza l’usuale esibizione di particolari s’è fatto più intenso. E veniamo al secondo punto, centrale. Perché, appunto, la partecipazione è stata in questa occasione così sentita, e questo dal primo momento dell’aggressione? Le risposte non possono che essere molte pensando in primo luogo che si è trattato di mobilitazioni nate nelle grandi città. Si è trattato di un episodio d’incredibile efferatezza; il governo è alle corde e fronteggia le opposizioni nella difficile sessione parlamentare invernale (e questo ha spinto critici e oppositori a denunciare e anche a cavalcare l’incidente) che introduce tra l’altro all’anno preelettorale, ma ha certo contribuito alla mobilitazione il fatto che la violenza si sia scatenata contro una ragazza del ceto medio, in una zona residenziale di Delhi: questi reati riguardano usualmente in qualità di vittime e di carnefici donne e uomini dei ceti marginali e il dramma dei grandi numeri non riesce di per sé a toccare il "ceto medio riflessivo" quando questo non è toccato direttamente. E però, al di là di queste e altre motivazioni, una mobilitazione così forte va spiegata col risveglio dei ceti medi urbani che si è soprattutto evidenziato da due anni a questa parte con le crociate anticorruzione intraprese dall’attivista Anna Hazare (http://www.annahazare.org/). Milioni di indiani, da Delhi a Mumbai alle città del sud, questi ultimi solitamente indifferenti alle sollecitazioni provenienti da altre parti della confederazione, hanno occupato per mesi le piazze, denunciando illeciti e soprusi, accusando il mondo politico e reclamando il cambiamento. Quel tipo di mobilitazione, che ha toccato punte di assoluta intensità, ha convogliato la rabbia di ampi settori dei ceti medi urbani pronti ad aggregarsi e a muoversi in forma anche assai decisa contro inadempienze e insufficienze della politica, spesso anche a torto ritenuta responsabile di qualsiasi cosa non marci nel senso giusto. Così, appena si è diffusa poco prima di natale la notizia dell’aggressione alla ragazza, avvenuta in una zona residenziale di South Delhi, una folla anche minacciosa si è diretta verso i palazzi della politica di Delhi, a Raisina Hill (http://en.wikipedia.org/wiki/Raisina_Hill/) dove è stata accolta da idranti e manganelli. Quali le istanze dei dimostranti? La pena di morte per i sei colpevoli, tutti del resto catturati; ma soprattutto la denuncia dell’indifferenza della politica, della polizia e della magistratura di fronte al fenomeno degli stupri (in http://ncrb.gov.in/CD-CII2011/Statistics2011.pdf/ le statistiche ufficiali sulla criminalità in India e i dati rilevanti quanto al numero dei casi denunciati di violenza sulle donne e la sostanziale impunità dei colpevoli: solo un numero insignificante di responsabili viene individuata e ancor meno vengono condannati http://ncrb.gov.in/CD-CII2011/Statistics2011.pdf/). Per i ceti medi urbani dell’India è il momento della rabbia. Le istanze legate a questa ultima mobilitazione esprimono talvolta in forma meditata, più spesso, almeno ora, in modo deciso (il Parlamento discute in queste ore se castrare chimicamente i responsabili di violenze e la possibilità di applicare la pena di morte sull’esempio delle leggi inglesi anche ai minorenni – uno dei sei violentatori lo è – che compiano questo reato), la voglia di democrazia diretta, il desiderio di forzare ad agire una politica indecisa a tutto e anche lì prigioniera del passato e indifferente al futuro. Oggi ciò si muove attorno al caso della ragazza, domani ci si muoverà su qualcos’altro. Il grande paese asiatico non vuole solo crescita economica, ma da grande laboratorio politico quale è, preme in forma decisa per una modernizzazione generale del paese che passi per la trasformazione dei partiti, ancora ancorati a vecchi modelli, la riforma del sistema giudiziario, quella degli apparati di sicurezza, ecc. Un processo non privo di rischi, soprattutto in un quadro di debolezza estrema del sistema politico che vede i due maggiori partiti, Congress e BJP godere di meno del 50 per cento dei consensi su scala nazionale e affermarsi al contrario localismi e, soprattutto populismi. Vedremo cosa accadrà. È intanto consolante, straordinario anzi, lo si sottolinea ancora, che la vicenda non si sia trasformata in morbosità e che la ventritreenne che è in questi giorni nella mente di ciascun indiano (molti ad esempio in segno di lutto si sono astenuti dai festeggiamenti di fine anno) e il cui corpo è stato cremato in forma del tutto privata (qui la notizia della consegna delle sue ceneri al Gange http://timesofindia.indiatimes.com/city/delhi/Delhi-gang-rape-victims-ashes-immersed-in-Ganga/articleshow/17842918.cms/), sia restata senza nome, "India’s daughter". Una dimostrazione incredibile di civiltà che forse solo in India poteva rivelarsi.