Nacque nel giugno di 60 anni fa e fu la prima automobile a scendere sotto la soglia dei tre metri di lunghezza. Quando andò in “pensione”, nel 1975, milioni di automobilisti si rammaricarono, protestarono, tempestarono le riviste specializzate di “Perché?”. La Fiat 500, icona dell’Italia nel mondo, spegne 60 candeline e per l’occasione entra a far parte della galleria permanente del Museo di arte moderna e contemporanea di New York. In particolare sarà una 500 serie F (la più nota tra tutti i modelli prodotti) a comparire al MoMA.

Oggi circolano ancora milioni di 500 (nelle varie versioni) e il valore commerciale esce dai parametri di tutti gli altri modelli per raggiungere livelli di pura affezione. Bastano questi pochi elementi per individuare l’automobile di cui in questi giorni si celebra il 60° anniversario. Diverse generazioni si sono contese la Fiat “Nuova 500”: i papà del dopoguerra, che passavano magari dallo scooter all’automobile (in questo caso ottima per la città e ottima anche per gite fuori porta) e i figli degli anni Cinquanta che fecero della 500 il loro primo sogno ruggente, la protagonista di una agognata indipendenza almeno motoristica, se non economica.

Carrozzeria autoportante, motore posteriore, due cilindri raffreddati ad aria (il primo motore Fiat con questo sistema di raffreddamento), 479 CC e 13 CV di potenza, 85 km/h di velocità massima, la “Nuova 500” non ebbe un immediato successo, forse perché eccessivamente spartana (mancava persino il posacenere e non c’era il sedile posteriore), forse perché troppo vicina come prezzo alla 600, dalla quale la separavano 150.000 lire.

Dante Giacosa, che firmò tante Fiat famose e che aveva elaborato anche meccanica e carrozzeria della Nuova 500, fu chiamato immediatamente da Vittorio Valletta a modificare la vettura, che già pochi mesi dopo, al Salone di Torino, si presentava con una veste sensibilmente diversa: c’era un sediletto posteriore imbottito, c’erano vetri apribili, c’era il portacenere e perfino il lavavetro. La potenza era stata portata a 15 CV e la cilindrata passava a 495,5 CC. La velocità era ora di 90 km/h ma il prezzo rimase invariato, 490.000 lire. La 500 originaria restò in produzione come versione economica, a un prezzo di 25.000 lire inferiore. A quel punto, grazie a una massiccia e intelligente campagna promozionale (erano i tempi di Gino Pestelli e di “Mariuccia” Rubiolo), cominciò il successo, che raggiunse il culmine nel 1959, con la versione a quattro posti e la 500, per citare L’enciclopedia dell’automobile, diventò ben presto «il nerbo della circolazione italiana». La vettura pesava 470 chilogrammi (“Costa 1000 lire al chilo”, diceva la gente) e consumava mediamente 4,5 litri per 100 chilometri.

Nella sua lunga storia, conobbe, nel 1958, una versione “sport” (velocità oltre 150 Km/h) che ebbe un lusinghiero successo alla “12 ore di Hockenheim” e che l’anno successivo fu prodotta anche in versione “tetto apribile”; una versione “giardiniera”, che resterà in produzione fino al 1977. E poi, nel 1960, la versione “D”, con un cavallo in più e lo schienale del sedile posteriore reclinabile. Nel 1965 la versione “F”, con portiera incernierata anteriormente; nel 1968 la “lusso”, con carrozzeria più accurata, migliori finiture interne e strumentazione più ricca e soprattutto con pneumatici a carcassa radiale. Infine, negli anni Settanta, la versione “R”, a metà strada tra la “F” e la “lusso”.

La 500 vive ancora oggi con i nuovi modelli che si sono via via succeduti negli ultimi anni.  Insomma, lo slogan coniato dalla casa torinese per la “Nuova 500”, una “piccola, grande vettura”, si è rivelato qualcosa di più di una semplice frase a effetto.