Insetti e larve, alimenti confezionati utilizzando farine ricavate da questi animali, anche alcuni tipi di meduse: in un futuro piuttosto vicino potrebbero arrivare sulle nostre tavole cibi lontanissimi dalla nostra tradizione culinaria e del tutto inconsueti nella nostra cultura, pur essendo invece largamente diffusi in altre aree del mondo, principalmente in Asia e in Africa, ma anche in America Latina e Australia, dove sono già consumati da circa due miliardi di persone.

Il nuovo regolamento europeo sui ‘novel food’ (2015/2283), adottato nel novembre 2015, è entrato in vigore a gennaio del 2018 e definisce largamente «‘nuovo alimento’: qualunque alimento non utilizzato in misura significativa per il consumo umano nell’Unione prima del 15 maggio 1997, a prescindere dalla data di adesione all’Unione degli Stati membri»: rientrano nell’ambito di competenza della nuova regolamentazione non solo i nuovi alimenti ma anche le nuove sostanze utilizzate nei prodotti alimentari, le nuove modalità e tecnologie (per esempio le nanotecnologie) per la produzione di alimenti, o l’utilizzazione di nuove sostanze, come i fitosteroli, e saranno i gestori del rischio europei a decidere quali nuovi alimenti possano essere immessi sul mercato europeo e ad autorizzarli di volta in volta.

Ci vorrà ancora un po’ di tempo dunque prima che il meccanismo entri in funzione a regime e che i nuovi cibi ‘figli’ della globalizzazione si materializzino davvero nei nostri piatti, ma si tratta di un primo passo importante, che desta tuttavia più di una perplessità e una certa diffidenza nell’opinione comune, almeno in Italia.

Insetti e larve hanno però valori nutrizionali paragonabili a quelli della carne e del pesce, sono ricchi di proteine (a parità di massa edibile più della carne di manzo o pollo) e di grassi insaturi (quelli ‘buoni’); contengono inoltre ferro, vitamine e sali minerali e la varietà di certo non manca: sono circa 1900 le specie commestibili e infinite le modalità di preparazione, dai grilli caramellati alle cavallette fritte, dalle formiche tostate alle zuppe di coleotteri.

La FAO ne ‘sponsorizza’ l’impiego e l’allevamento, anche in considerazione del fatto che se si mantiene questa progressione di incremento della popolazione nel 2050 la Terra potrebbe ospitare 9 miliardi di persone, con una crescita esponenziale delle necessità alimentari; e del resto ci sono aree del mondo in cui la scarsità di risorse e la fame sono da tempo una drammatica realtà.

L’allevamento degli insetti è inoltre molto sostenibile: richiede un impiego di superficie terrestre e di acqua molto inferiore rispetto ai mammiferi o ai volatili; si producono quantità di gas serra e ammoniaca notevolmente inferiori e si possono utilizzare biomasse di scarto per il loro nutrimento. Senza contare che gli insetti hanno tempi di riproduzione rapidissimi, che si contano in giorni e non in settimane o mesi come accade per altri animali.

Anche per questi motivi c’è chi intuisce possibilità di business pioneristici relativi agli insetti anche nel nostro Paese, mentre secondo un sondaggio di Coldiretti più della metà degli italiani (54%) si dichiara contrario al loro impiego alimentare, perché li ritiene troppo estranei alla nostra tradizione; solo il 16% è favorevole, a fronte di un 24% di indifferenti. Sono pochissimi però coloro che accettano l’idea di consumare insetti interi, mentre c’è più disponibilità a mangiare alimenti che contengano farine prodotte da questi animali. Anche l’occhio dunque vuole la sua parte per superare il tabù culturale. Eppure nemmeno la tradizione gastronomica italiana è del tutto estranea a cose di questo tipo: dal casu marzu sardo al saltarello di Udine, al bross ch’a marcia (formaggio che cammina) piemontese, specialità realizzate grazie alla ‘collaborazione’ delle larve di mosca casearia. La loro produzione attualmente non sarebbe consentita per motivi igienici, ma chissà che con le novità introdotte dalla nuova regolamentazione non tornino ‘legalmente’ in tavola accanto ad altri piatti di provenienza esotica.

Argomenti

#Insetti#globalizzazione#Unione Europea#alimentazione