I complotti esistono. Il caso Echelon, il sistema globale di intercettazione delle comunicazioni private e commerciali, o l’inchiesta Spotlight sul sistema di protezione, da parte della diocesi cattolica di Boston, dei sacerdoti predatori sessuali, sono solo esempi recenti in cui alcune persone si associano per mettere a tacere malefatte o informazioni scomode; i casi sono innumerevoli in ogni tempo e latitudine.

Ma c’è un’altra condizione universale che porta alla sistematica interpretazione maligna delle intenzioni altrui: la paranoia. Universale perché legata a un tema primario per la sopravvivenza dell’essere umano: la paranoia è conseguenza di un precoce fallimento nella costruzione della fiducia di base dovuta a genitori minacciosi, sadici o tanto ansiosi da colorare il mondo di continui pericoli e dividerlo nettamente tra buoni e cattivi. Il bambino considerato non credibile, che deve dimostrare continuamente la propria innocenza, si trasforma nell’adulto sospettoso, sempre all’erta, pronto a credere che il bottegaio o il potere forte vogliano fregarlo. In forma lieve può essere confusa con quella permalosità e litigiosità che ci mette in fuga, offrendo al paranoico prove del suo teorema (se è così a disagio è perché ho ragione); il paranoico lieve tenderà a trarre conclusioni arbitrarie e pervasive su tutte le teorie del complotto partendo da informazioni anche corrette. Quello grave ad avviare veri e propri deliri infondati.

Secondo l’acuta definizione dello psicologo Luca Balugani, «il disturbo paranoide è il più politico di tutti, perché può arrivare a condizionare la gestione di una società portando a catalogare le persone in buone e cattive e a stabilire quali altre nazioni sono amiche o canaglie». È il caso del recente dibattito sulle vaccinazioni obbligatorie, che stanno conoscendo un significativo decremento poiché ritenute da alcuni tossiche e messe in relazione con lo sviluppo di sindromi come l’autismo. Grazie all’opera di disinformazione di soggetti che riescono a condizionare ampie fasce di popolazione in buona fede. Mentre credere alle scie chimiche, alla morte e sostituzione di Paul McCartney con sosia o alla ricostruzione su un set cinematografico dell’allunaggio dell’Apollo 11 è tutto sommato innocuo, condividere la deriva complottista anti vaccini ha possibili conseguenze nefaste per gli individui coinvolti e per l’intera popolazione, a partire dall’improvviso aumento dei casi di morbillo nel nostro Paese. Alcuni politici nostrani l’hanno sostenuta, provocando il biasimo del New York Times; ma grande peso ha avuto il tristemente celebre articolo su The Lancet del 1998, poi ritirato, che correlava vaccinazioni e autismo su basi infondate. Alimentando quel bias cognitivo noto come post hoc ergo propter hoc: visto che le prime manifestazioni dell’autismo compaiono a due anni, poco dopo il termine delle vaccinazioni obbligatorie, è più facile che si crei l’illusione di consequenzialità.

Come difendersi dalle false notizie ripristinando la corretta informazione scientifica? Il medico Roberto Burioni lo fa con una meritoria comunicazione assertiva, nella quale la libertà di scelta invocata dagli antivaccinisti è paragonata alla richiesta di poter liberamente guidare da ubriachi; con lo stesso rigore scientifico è impegnato il CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze), presieduto da Piero Angela. C’è chi prova con l’ironia: il complottista Napalm51, personaggio di Maurizio Crozza, rivela che tal Joe Gambardine possiede la verità sul vaccino, ma non l’ha scritta su un libro: te la dice da casa sua per 300 euro. La pagina Facebook Adotta anche tu un analfabeta funzionale propone invece una versione semplificata di tastiera per complottista: solo una decina di tasti con espressioni come “Coincidenze? Io non ci credo”, “Nessuno ne parla” o “Meditate gente meditate”.

Modalità comunicative efficaci con persone indecise o non informate, ma controproducenti per i paranoici, che additeranno le argomentazioni come prove del complotto. Lo psichiatra forense Giovanni Camerini sottolinea come la paranoia rimanga condizione parzialmente inesplorata: «non ci sono ancora studi sistematici con casistiche e follow-up perché i paranoici non vanno in psicoterapia, convinti come sono di essere nel giusto. I paranoici li possiamo trovare in tribunale quando delinquono o si separano, parlano con giudici e avvocati e di rado con i consulenti di area psicologica; anche quando lo fanno la compliance è scarsa e la manipolazione in agguato. Tematiche come quella delle vaccinazioni attireranno sempre l’attenzione di questa popolazione clinica, che può organizzarsi in vere e proprie comunità persecutorie».