Secondo un nuovo, allarmante studio, oltre la metà di tutte le malattie infettive note che minacciano l’uomo sono state aggravate dai cambiamenti climatici. La premessa è quanto descritto nel secondo rapporto del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) del marzo 2022, ossia che se nei prossimi anni non ci sarà un’azione concreta per contrastare la crisi climatica, assisteremo a un’escalation di malattie infettive. Si diffonderanno in nuove regioni (e potrebbero diminuire in alcune aree endemiche) e aumenteranno in aree dove prima erano sotto controllo. Malattie che non hanno mai infettato l’uomo in precedenza, inoltre, potrebbero “svilupparsi” attraverso la trasmissione animale.

L’8 agosto scorso su Nature Climate Change, Camilo Mora (professore di geografia al College of Social Sciences) e i suoi colleghi presso l’ University of Hawaiʻi a Mānoa, hanno pubblicato una ricerca nella la quale hanno passato al setaccio tutta la letteratura attinente (più di 70 mila articoli scientifici) al fine di trovare prove di come dieci rischi indotti dal cambiamento climatico ‒ tra cui l’aumento delle temperature, l’innalzamento del livello del mare e la siccità ‒ abbiano influito su tutte le malattie infettive documentate.

I ricercatori hanno scoperto che il cambiamento climatico ha aggravato 218, ovvero il 58%, delle 375 malattie infettive elencate nel Global Infectious Diseases and Epidemiology Network (GIDEON) e nel National Notifiable Diseases Surveillance System (NNDSS) dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) statunitensi. Il totale sale a 277 se si includono le condizioni non trasmissibili, come l’asma e le punture di serpenti o insetti velenosi. Il team ha anche identificato 1.006 modi in cui i rischi climatici hanno portato a casi di malattia. Molti di questi hanno comportato un avvicinamento tra agenti patogeni e persone. L’aumento della temperatura e delle precipitazioni, ad esempio, ha ampliato il raggio d’azione delle zanzare e ha contribuito all’insorgenza di febbre dengue, chikungunya e malaria. Allo stesso tempo, le ondate di calore attirano un maggior numero di persone verso attività legate all’acqua, portando a un aumento dei casi di malattie trasmesse dall’acqua, come la gastroenterite. Le tempeste, l’innalzamento del livello del mare e le inondazioni costringono le persone a spostarsi in condizioni di scarsa salubrità, esponendole quindi ad epidemie di febbre di Lassa, colera e febbre tifoidea. Inoltre, vivere in condizioni di rischio climatico può anche indurre un aumento della produzione di cortisolo a causa dello stress, con conseguente riduzione della risposta immunitaria del corpo umano.

Esempi della relazione tra cambiamento climatico e malattie infettive sono ben documentati fin dall’antichità: ad esempio, nell’antica Roma, gli aristocratici si ritiravano in estate in località collinari per evitare la malaria, una malattia il cui nome deriva dal latino mal + aria, ovvero “aria cattiva”. Un caso recente di morte da “cattiva aria” si è registrato nel 2016, quando un ragazzo di 12 anni è morto in Russia dopo essere stato infettato dall’antrace. La malattia è stata ricondotta a una carcassa di renna infetta rimasta congelata nel sottosuolo ma che è emersa e si è scongelata a causa delle temperature della tundra siberiana che in quell’estate hanno raggiunto i 35 °C. Quasi 20 persone sono finite in ospedale a causa dell’epidemia.

I gas a effetto serra derivanti dalla combustione di combustibili fossili hanno fatto aumentare le temperature medie globali di poco più di 1 °C dal 1850. Se le proiezioni più recenti del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) delle Nazioni Unite si riveleranno veritiere, le temperature medie globali potrebbero aumentare di oltre 1,5 °C nei prossimi 20 anni, portando a un drammatico innalzamento del livello del mare, a ondate di calore sempre più lunghe e frequenti, nonché a eventi meteorologici estremi, devastando le comunità e gli ecosistemi agricoli e naturali. Secondo l’IPCC, ogni aumento delle temperature globali porterà a un maggior numero di morti per malattie infettive.

L’attuale aumento delle temperature – spiegano i ricercatori dell’ University of Hawaiʻi a Mānoa e dell’IPCC – potrebbe aver già spinto il pianeta al di là di uno «stato climatico sicuro». Per questo dobbiamo fare di tutto per limitare l’aumento delle temperature rispetto all’epoca preindustriale al di sotto di 1,5 °C. Tutti i parametri attuali proiettano, invece, il pianeta verso un innalzamento delle temperature compreso tra i 2 °C e i 3 °C. Camilo Mora conclude affermando: «Ci sono troppe malattie e vie di trasmissione per farci pensare che possiamo davvero adattarci ai cambiamenti climatici. Questo evidenzia l’urgente necessità di ridurre le emissioni di gas serra a livello globale».

Immagine: Una strada allagata a Dhaka, Bangladesh (4 luglio 2021). Crediti: Sk Hasan Ali / Shutterstock.com

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