Il Municipio VIII di Roma rientra, sicuramente, tra i più particolari della Capitale, sia dal punto di vista urbanistico, che socio-culturale. In questo territorio, infatti, si intrecciano le storie di quartieri assai diversi tra loro, la cui evoluzione ha portato alla nascita di un panorama locale molto disomogeneo, che merita di essere studiato a fondo nelle sue peculiarità. Il territorio municipale si estende, come molti Municipi a Roma, a raggiera: parte da una zona limitrofa alla città storica, mediamente benestante e gentrificata, copre una buona parte di quella che Walter Tocci definisce “periferia storica”, ben fornita di servizi e socialmente compatta; fino a coprire aree residenziali, meno densamente abitate e con servizi carenti, come Grottaperfetta e Appia Nuova.
I “nuovi centri culturali” anche qui si declinano sotto numerose vesti: dall’associazionismo di base, a poli educativi e progetti istituzionali, la cultura è ovunque dinamica e solidale. La peculiare vivacità associativa di alcune zone urbanistiche di questo Municipio rende evidente il collegamento tra la fisicità di spazi di aggregazione e il fermento culturale. Già dall’analisi precedente, svolta sul territorio del Municipio XIV, era emerso il ruolo della progettazione urbanistica sul fermento sociale e culturale, e anche dall’altro lato della città ne troviamo conferma. Per quanto si corra il rischio di dimenticarlo, nella complessità di una metropoli come Roma, erta sulla cultura del mattone in carenza di progettazione, i luoghi fisici come le piazze hanno da sempre ricoperto il ruolo di fori, epicentri di aggregazione e conseguentemente di cultura politica.
Garbatella, la tradizione degli spazi comuni
Quello urbanistico è un fattore che traspare anche nello studio del Municipio VIII: ad un estremo abbiamo Garbatella, un quartiere che nasce dalla progettazione organica degli architetti Sabbatini e Giovannoni, che nella loro idea di “città giardino” hanno compreso spazi comuni e ben quarantasette piazze. Lelo, Monni e Tomassi in Le sette Rome la inseriscono nella città compatta, quella dei quartieri residenziali intensivi dell’espansione postbellica, viva e vitale, con un buon livello di comfort cittadino e il più alto livello di residenti effettivi della città (il 94% circa).
La compattezza si riflette anche sul tessuto sociale, dotato di una forte aggregazione anche sul piano politico (Garbatella è una delle roccaforti rosse della Capitale). Camminando per le strade di un quartiere che ospita 18 dei 38 centri mappati in questo Municipio, l’impressione è quella di muoversi in una comunità di paese dell’hinterland, con le sue usanze e la sua mitologia. Nelle interviste con Luciano Ummarino de La Casetta Rossa e Alessio de La Villetta riecheggiano le storie ormai quasi mitologiche degli attivisti “storici”, ex membri della Pantera cresciuti con le influenze del Messico zapatista, che hanno voluto trasformare l’intero quartiere riconvertendo edifici del ventennio o abbandonati, che ora hanno passato alle nuove generazioni la tradizione del prendersi spazio. Gioacchino ci racconta della storia di Moby Dick, il centro culturale che sorge sugli ex bagni pubblici, dove già dagli anni Venti agli anni Sessanta si formava il tessuto sociale; dopo una parentesi come mobilificio viene abbandonato e, dopo l’occupazione di una settimana da parte degli abitanti del quartiere, diventa un centro culturale regionale che ospita studenti, circoli di lettura ed eventi culturali. Ovunque i luoghi fisici hanno avuto il ruolo di collante, e negli anni hanno seguito i mutamenti sociali e culturali; vale anche per La Villetta, ex casa del fascio poi concessa al PCI, dove le sale e i piani hanno seguito le rocambolesche secessioni della sinistra fino a passare oggi ad una politica meno “tradizionale”, fatta di attività culturali e sociali per il territorio.
Gli spazi insomma, sono propri della zona di Garbatella, che siano sempre stati pubblici, o che siano stati sottratti al fascismo e all’abbandono, o addirittura che siano concessi dal Municipio, come nel caso del coworking “Millepiani”.
Roma 70, a due strade dal centro della scena
Poco più in là, lungo via Cristoforo Colombo, troviamo la zona di Valco San Paolo; ancora oltre al di là della Tenuta di Tor Marancia poi, si scorgono le linee tondeggianti dei comprensori di Roma 70. Qui la storia è diversa, la conformazione è diversa. Collocata nella zona urbanistica di Grottaperfetta, che conta a malapena cinque piazze, nasce negli anni Settanta come agglomerato residenziale ad opera dell’Ente cooperativo Roma 70, su iniziativa di Lucani, allora segretario territoriale della DC. Da allora ha visto gradualmente crescere intorno a sé numerose altre costruzioni realizzate su iniziativa di altre cooperative e associazioni; sempre nell’assenza di servizi pubblici e spazi aggregativi, ad eccezione del mercato rionale e, dal 1992, del centro commerciale I Granai.
Per la nascita di “nuovi centri culturali” allora, il primo passo è creare spazi di aggregazione sociale e culturale. Beatrice Tabacco sente questa esigenza: «È difficile creare aggregazione in un quartiere dove non ci sono strade comunali», così Nessun Dorma, APS di cui fa parte, nasce proprio con lo scopo di animare il risveglio di un quartiere dormitorio, dove il nostro studio ha contato solo un centro di azione sociale e culturale; restano poi un comitato di quartiere e un’associazione di assistenza socio-sanitaria.
In assenza di piazze la spinta parte dall’unico altro luogo fisico di incontro: i licei. Ci racconta Beatrice che «nella fascia 13-19 molti ragazzi si sono attivati nel quartiere anche grazie alla presenza dei licei».
Come il livello di attivazione socio-culturale, anche il livello di politicizzazione è più basso rispetto a Garbatella e Tor Marancia, che vedono una buona frazione di centri culturali attivi sul fronte della “azione sociale”. Il gap è dovuto in parte alla diversa storia: da un lato quartieri che erano e sono popolari, di cui uno fu patria della Resistenza a Roma; dall’altro una zona nata da consorzi edilizi privati. In parte, però, il coinvolgimento politico segue lo sviluppo della vita civile: come era già risultato dall’indagine sul Municipio XIV, prima si impara ad aggregarsi e a curare, poi si introduce il dialogo sulla cosa pubblica.
Gli spazi influiscono tanto sul clima, quanto sulla vita dei singoli centri culturali: nel 2020 Nessun Dorma ha avuto in concessione un box nel mercato rionale, dove già animava la “para-piazza”: «La presenza di un luogo fisico è stata importante nella seconda fase del municipio solidale (la rete mutualistica partita a marzo 2020 su iniziativa del Municipio, n.d.r.), ora è il box dove teniamo quello che ci serve. Soprattutto ci rende più facile intercettare tutte le necessità, in particolare dei meno giovani. Ora sanno tutti dove incontrarci».
Lo stesso vale, a Garbatella, per il centro sociale autorganizzato La Strada, per cui avere una sede «oltre ad essere un punto di riferimento e di ritrovo, è un ancoraggio a terra importante anche nella discussione politica» permette di mantenere una certa «afferenza pratica».
Il ruolo delle istituzioni
Anche le istituzioni, in particolare quelle di prossimità, hanno iniziato ad avvertire la necessità di offrire ai residenti luoghi di aggregazione: in un confronto con Amedeo Ciaccheri, presidente del Municipio VIII dal 2018, è emerso come la socialità si leghi proprio alla presenza di spazi. È il caso, ad esempio, di un progetto molto particolare, attuato a Garbatella, che prevede la riqualificazione di vecchie casette dei custodi ormai disabitate, presso gli istituti scolastici, attraverso patti di collaborazione tra associazionismo territoriale e istituzioni municipali. Questo esperimento ha portato alla nascita de L’Approdo, un nuovo servizio bibliotecario per il quartiere, e alla creazione di un magazzino per le scorte alimentari, nell’ambito del progetto Municipio Solidale, gestito da Borghetta Stile, un gruppo di ragazzi che, dalla musica fino alle iniziative sociali, rappresenta un punto di riferimento culturale per tutta la città e che, oltre a questo specifico ruolo mutualistico ricoperto nella pandemia, si pone ora l’obiettivo di instaurare una collaborazione stabile con la scuola che li ospita, nella prospettiva di realizzare nuovi progetti per il loro ambizioso cantiere di idee.
Anche la presenza dell’Università Roma Tre sul territorio del Municipio VIII si inserisce nell’ottica di dialogare con la cittadinanza tramite gli spazi rigenerati. L’Ateneo, infatti, oltre ai suoi percorsi didattici, ha stretto un legame forte con i quartieri di Ostiense e Garbatella. Ne è un esempio il Teatro Palladium, salvato da un probabile destino come sala bingo, ed ora diretto dal Prof. Luca Aversano, che lo definisce un «Teatro di relazione», per il suo rapporto con il territorio e il costante coinvolgimento che crea con gli studenti universitari e le realtà socio-culturali del Municipio. Roma Tre, sin dal suo insediamento ha promosso un’opera di riqualificazione urbana, trasformando diverse ex fabbriche nelle sedi dei propri dipartimenti; ma quello che l’Università ha fatto è però lontano dall’essere una soluzione risolutiva per l’area. Tante sono ancora le zone che avrebbero bisogno di un intervento: basti pensare a quell’eterno cantiere a cielo aperto che sono gli ex mercati generali. Peculiari anche per la loro posizione ‒ un crocevia tra un quartiere densamente abitato, un altro in cui è in atto un forte processo di gentrificazione e un altro ancora che sperimenta un vivido fermento culturale ‒, diventano l’esempio di quanto sia importante tenere in conto le peculiarità dei vari quadranti per rendere qualsiasi tipo di operazione pubblica effettivamente efficace.
In questo Municipio abbiamo così visto realizzarsi un percorso culturale molto eterogeneo, legato a doppio filo con gli spazi in cui si realizza: un luogo di cultura diventa tale perché, semplicemente, rappresenta un centro riconosciuto dalla cittadinanza, da chi lo vive come connettore sociale. “Culturale” è, quindi, qualcosa di disomogeneo, dai confini mai predeterminati, ma in continua espansione, e che ben si declina in tutte le esperienze analizzate fin qui, se non oltre. Basti pensare ai campi privati che, comunque, si prestano alla funzione pubblica, come le librerie indipendenti ‒ in questo quadrante ricordiamo libreria teatro Tlon ‒ e altri spazi del privato sociale, come Industrie Fluviali. L’intelligenza dell’attore istituzionale dovrebbe stare, perciò, proprio in questo: nell’ascolto di tutte le forme di fermento culturale, comprese quelle neonate e per questo spesso tralasciate e non riconosciute: «Il sentimento per la politica nasce dal saper ascoltare e parlare la lingua dei territori», ci dice Amedeo Ciaccheri. Territori disomogenei, con necessità diverse, che devono saper essere innanzitutto letti nei loro caratteri complessi. Solo da una lettura fedele, infatti, può poi nascere una massima valorizzazione, che deve sempre partire da ciò che si ha a disposizione. «L’obiettivo istituzionale», continua il presidente del Municipio VIII, «deve essere quello di far funzionare l’intera città come organismo culturale, attraverso il collegamento tra piccole realtà culturali e le grandi opportunità che solo Roma può offrire, valorizzando disomogeneità tra di esse, e non uniformandole».
Attraverso il tramite politico-amministrativo, gli spazi associativi possono iniziare a riconoscersi gli uni con gli altri, creando una rete comune a cui poi le istituzioni possano cedere parte del potere politico. «Creando un asse orizzontale tra le associazioni», l’istituzione si vede realizzata così nella figura di un direttore d’orchestra che, una volta forniti gli strumenti a cittadini poveri di poteri politici, ma intraprendenti, può limitarsi a guidare un concerto spontaneo nato dal basso.
Crediti immagine di copertina: Maria Marzano
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