Aprendo il 5 ottobre il sinodo straordinario dei vescovi sulla famiglia, papa Francesco, come c’era da aspettarsi, ha lanciato un messaggio molto chiaro: «I cattivi pastori – ha affermato nella messa in San Pietro – caricano sulle spalle della gente pesi insopportabili che loro non muovono neppure con un dito».
Il dibattito a porte chiuse tra i 253 partecipanti (tra cui 13 coppie di sposi) andrà avanti per due settimane. Staremo a vedere se la questione dell'accesso alla comunione dei divorziati risposati, attorno a cui si è polarizzato il dibattito nei mesi precedenti, avrà la stessa centralità nella discussione sinodale. Un dibattito che è apparso sproporzionato rispetto agli obiettivi del sinodo, al suo programma (Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell'evangelizzazione), al posto che alla questione è riservato nell’Instrumentum laboris, il documento alla base dei lavori dei padri sinodali: 3 articoli su 159.
Per la piega presa dalla discussione si è detto «annoiato» il cardinal Walter Kasper, che in una intervista pubblicata su «Famiglia Cristiana» il 20 settembre ha chiesto con forza (e senza dissimulare un senso di fastidio) di non ridurre il sinodo a una «conta» tra chi è pro e chi è contro la comunione ai divorziati risposati.
Proprio alla vigilia dell’apertura dei lavori, il cardinale, molto vicino al papa e autore, nel febbraio scorso, di una lunga relazione introduttiva al dibattito concistoriale (poi pubblicata dall’editrice Queriniana col titolo Il Vangelo della famiglia), è stato messo sotto accusa da altri porporati per avere osato avanzare proposte di aggiornamento nella dottrina sul matrimonio della Chiesa cattolica. Le posizioni contrarie alla linea di apertura avanzata da Kasper (e contrarie alla linea Bergoglio), note, anzi notissime da tempo, sono state infatti rilanciate dalla recente pubblicazione del volume Remaining in the Truth of Christ. Marriage and Communion in the Catholic Church (uscito prima in America e poi in Italia per Cantagalli con il titolo Permanere nella verità di Cristo. Matrimonio e comunione nella Chiesa Cattolica). I cinque cardinali che firmano il volume (Walter Brandmüller, Raymond Leo Burke, Carlo Caffarra, Velasio De Paolis e il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Gerhard Müller) avevano già illustrato in più sedi e occasioni pubbliche le proprie riflessioni. Ma è chiaro che l’uscita del libro alla vigilia del sinodo e, a stretto giro, la pubblicazione di due ampi saggi contro le tesi di Kasper, firmati dall’arcivescovo di Milano Angelo Scola e dal cardinale canadese Marc Ouellet, nel numero speciale di «Communio», amplificano l’effetto «conta»: pro e contro Kasper. E quindi pro e contro Bergoglio.
La posizione delineata da Kasper potrà contare sul sostegno del cardinale belga Godfried Danneels, che già nel sinodo del 1999, insieme a Carlo Maria Martini, si era espresso a favore della comunione ai risposati. Nella stessa direzione si è mosso in questi giorni l’arcivescovo emerito di Milano Dionigi Tettamanzi. Il cardinale, teologo moralista e collaboratore di Giovanni Paolo II per la redazione di alcune encicliche, è intervenuto nella discussione con il libro Il Vangelo della misericordia per le famiglie ferite, appena uscito per la casa editrice San Paolo, i cui contenuti sono stati rilanciati in una intervista pubblicata il 2 ottobre da «Famiglia Cristiana». L’ex arcivescovo ambrosiano ha sottolineato la necessità di riportare l’attenzione del sinodo sul cuore vero del problema: «le persone, le famiglie ferite e il loro cammino di fede». Ma la posizione di Tettamanzi risalta soprattutto nella indicazione delle priorità: «Sollecito una pastorale – afferma nell’intervista – come dice papa Francesco, intelligente, coraggiosa e piena d’amore, fatta di vicinanza, compassione e condivisione, senza giudizio né condanna della persona». Più avanti il cardinale è ancora più esplicito, contemplando l’ipotesi dell’ammissione, a determinate condizioni, dei divorziati risposati ai sacramenti della penitenza e dell’eucarestia. Tettamanzi, insomma, sta dalla parte del papa. E quindi di Kasper. Certo l’arcivescovo emerito non partecipa al sinodo, ma le sue parole sono significative perché provengono da un alto prelato cui non appartiene il classico profilo del novatore.
L’ultima a scendere in campo è stata la «Civiltà Cattolica». La rivista dei gesuiti, le cui pubblicazioni sono da sempre sorvegliate dalle autorità vaticane, ha atteso l’immediata vigilia del sinodo per rompere il silenzio. Lo ha fatto nel numero uscito il 4 ottobre, con un articolo di padre Giancarlo Pani, professore di Storia del cristianesimo all'Università "La Sapienza" di Roma, dedicato al dibattito sulle seconde nozze avvenuto nel Concilio più amato dai tradizionalisti, quello di Trento (1545-1563). L’articolo ricostruisce in modo dettagliato le discussioni tridentine attorno a un quesito insolito, che finirono per approdare a una decisione inattesa: la possibilità delle seconde nozze per i cattolici greci dei domini di Venezia, nelle isole del Mediterraneo. Il messaggio offerto ai padri sinodali del XXI secolo, sempre presente in controluce nell’articolo di padre Pani, è esplicito nei passaggi conclusivi, in cui si spiega: «Oggi appare singolare che nel Concilio in cui si afferma l’indissolubilità del matrimonio non si condannino le nuove nozze per i cattolici della tradizione orientale. Eppure questa è la storia: una pagina di misericordia evangelica per quei cristiani che vivono con sofferenza un rapporto coniugale fallito che non si può più ricomporre; ma anche una vicenda storica che ha palesi implicazioni ecumeniche».
Il fronte anti-Kasper sembra insomma incontrare una battuta d’arresto. Ma nel sinodo siederanno anche altri prelati sicuramente attestati in difesa della tradizione: Péter Erdö, cui è affidata la relazione generale, Timothy M. Dolan, Willem Jacobus Eijk, Christoph Schönborn, Angelo Amato, Mauro Piacenza, Elio Sgreccia, Angelo Bagnasco, Fernando Sebastián Aguilar, quest’ultimo autore della prefazione a un recente saggio del cardinal Müller.
Molti e importanti sono i temi dell’agenda sinodale, che non guarda solo al mondo occidentale: preparazione al matrimonio, spiritualità familiare, incidenza dell’attività lavorativa e dei fenomeni migratori sulla realtà familiare, violenza e abusi sui bambini, disparità di culto, dipendenze, media e social network, impatto delle guerre, unioni di fatto, contraccezione. All’interno di tale agenda, resa pubblica il 24 giugno nell’Instrumentum laboris, la comunione ai risposati occupa un posto paragonabile alla discussione sull’articolo 18: il suo significato simbolico e politico eccede la sua rilevanza “pratica”, riguardando solo una piccola minoranza nei soli paesi occidentali. Serve a marcare egemonie, indicare traiettorie. Il tutto amplificato dall’arena mediatica in cui il papa e alcuni padri sinodali hanno scelto di porsi: uno spazio che non mancherà di influenzare la discussione all’interno dell’aula e che inciderà sulla percezione e sulla comprensione del dibattito all’esterno.
Se si polarizza sull’accesso all’eucarestia dei risposati il sinodo, come ha detto Kasper, rischia di deludere tantissimi fedeli. D’altra parte, nelle menzioni e conversazioni in rete, secondo i risultati di una recentissima ricerca svolta da Aleteia.org, le priorità cardinalizie rimbalzano nel mondo dei social network che vede al primo posto, come oggetto di intervento, proprio la comunione ai divorziati risposati, seguita dal controllo delle nascite, dall’aborto, dal matrimonio, dalla convivenza pre-matrimoniale e dalla pedofilia.
La conta, in ogni caso, si farà alla fine. Il sinodo approderà, il 18 ottobre, a un voto individuale dei padri sinodali (placet o non placet) sul documento finale, la «Relatio Synodi», che verrà poi consegnata al papa e alle conferenze episcopali di tutto il mondo in vista del successivo sinodo ordinario, formato dai vescovi eletti, che si svolgerà nel 2015.