È una mappa in movimento: mutante, mercuriale, imprevedibile. Cambia di giorno in giorno, anzi dalla notte al giorno. Alzi gli occhi e l'intera facciata di un palazzo ha un altro volto, senso, aspetto. Roma è arrivata tardi rispetto alle altre capitali europee ma oggi è una delle città più sintonizzate sui fermenti della arte pubblica urbana. Un museo a cielo aperto, muri che parlano, quartieri trasformati da artisti di livello internazionale.

Si chiamano Blu, Borondo, Roa, Sten & Lex, Agostino Iacurci, Mr. Klevra, Seth, Lucamaleonte, Tellas, Philippe Baudelocque, Herbert Baglione, Omino71. Una lista parziale, in continuo divenire, che si accresce grazie a contributi che si intersecano, talvolta in contraddizione, talaltra in aperto conflitto. Tra di loro c'è chi ha scelto la via antagonista della creatività come logo politico, fieramente illegale, senza passaporti, bolli, accrediti ufficiali. Altri invece dialogano con le istituzioni e sul crinale complesso del “media-messaggio” si rivolgono a un pubblico globale, incarnando più istanze. Sia come sia è una vivacità insperata in una metropoli sostanzialmente conservativa come questa, poggiata con statica mollezza su sé stessa e sulla retorica della Caput Mundi.

Benvenuti allora. Benvenuti nell'altra Roma, quella che si batte e combatte. Ieri quasi ghetto, oggi quasi centro nel divenire fluttuante di una città che non ha più ceti sociali ma strappa le distanze, le riduce, le ricuce in forma di grotteschi paradossi, si cresce addosso. Una tavolozza da occupare fuori e dentro i 68,2 chilometri del Gra, Grande Raccordo Anulare, la cinta che dovrebbe contenere senza riuscirci i fianchi dell'Urbe, creatura bulimica che straborda metastatica verso i caselli autostradali, i Castelli, il mare: hinterland perpetuo Gli artisti urbani, attraversando questa Roma mastodontica, le restituiscono in fondo un'interezza smarrita: la possiedono, ne narrano le contraddizioni e le schizofrenie, ne ridisegnano la geografia usando spray, texture, carte veline, stencil, sticker, oppure litri di tempere, acrilici, pennarelli, gessi. Rivoluzione centripeta. Avanguardie dinamiche sostenute da gallerie di creativi come Wunderkammern o 999 Contemporary, oppure che trovano casa, asilo concettuale, rifugio e paradigma sociale nell'unico museo abitato/occupato: il Maam, luogo di frontiera rispetto all'arte ufficiale.

Fuori e dentro. Ogni artista qui ha il suo segno, come un marchio. Realizzano opere destinate a sgretolarsi, alla mercé dei tag dei writers, dei manifesti pubblicitari, dello sfregio o degli agenti atmosferici, ma che sopravvivono sul web anche quando vengono cancellate grazie a foto e video. Arte come atto di rivolta e denuncia, gesto anarchico coniugato al plurale, creatività nata senza mercato e che tuttavia qualcuno cavalca e che fa gola ai mercanti.

Arte che ha fatto i conti con denunce, censure, multe e che adesso le amministrazioni hanno sdoganato per colorare pezzi di città, riqualificare l'edilizia popolare, cambiare le prospettive in quartieri dimenticati come San Basilio o Tor Marancia. I risultati sono stupefacenti e spesso realizzati di concerto con chi abita i palazzi dell'Ater, quel popolo di lotte per la casa che ha guadagnato ogni centimetro di tetto sopra la testa attraverso battaglie memorabili, deportazioni, occupazioni, liste, fatica.

Dunque Roma ha oggi molte nuove pelli da mostrare. Tanto che anche il turismo d'élite se n'è accorto e cerca oltre il centro-cartolina. Cerca e trova murales immensi, opere minimali, segni da ammirare, fotografare, vedere. E farsi raccontare. Testaccio, Ostiense, Quadraro, Pigneto, Casilina, San Lorenzo, San Paolo, Tor Bella Monaca, Ottavia, Trullo. Avanti il prossimo. Più è periferia, più c'è spazio per dire una storia, interpretare una metafora. Se ne sono accorti i tipi di NotForTourist, agenzia di viaggi specializzata in tour alternativi che organizza visite guidate nelle zone più “calde” dell'arte di strada romana. Esattamente come accade a Berlino, Londra, New York o Parigi. Nessun finto centurione, zero souvenir, un'altra città. C'è richiesta, e loro la soddisfano. Su TripAdvisor gli escursionisti commentano soddisfatti. Scrive FrancYTravel: “Il tour è stato interessante e stimolante... camminando nei quartieri di Ostiense e Garbatella abbiamo scoperto, grazie alla nostra guida, degli angoli nascosti in cui l'arte, libera di esprimersi, è alla portata di tutti. Il percorso era ben organizzato e ci ha permesso di ammirare davvero tanti tesori! Sicuramente lo raccomando per conoscere una Roma diversa e speciale”. Stanchi del Colosseo o di Fontana di Trevi? Provate con Blu al Porto Fluviale.

Spiega bene il senso e il concetto David Diavù Vecchiato, artista e insieme curatore del M.U.Ro. Museo di Urban Art al Quadraro che semina colori fino a Borghesiana, Torpignattara, piazza Epiro : “Dove si dipingono murales si verifica una riappropriazione da parte dei cittadini di territori e spazi spesso dimenticati e lasciati all'incuria. C'è inoltre riappropriazione del concetto stesso di arte, perché possono trovare opere in strada anche coloro che non sono avvezzi a visitare musei e gallerie. E anche gli artisti si riappropriano di qualcosa. Di un ruolo sociale che deve saper creare partecipazione, condivisione, dibattito”. Includere, tracciare linee, riannodare identità.

Il M.U.Ro. è visitabile passeggiando, oppure in bici, o grazie a pacchetti speciali pensati per le scolaresche. Fate voi.

L'associazione “Roma a piedi” naturalmente propone itinerari “per chi viaggia con lentezza”. Sul sito è scaricabile gratuitamente un kit di sopravvivenza che offre consigli e percorsi anche per chi desidera approcciare la street art romana. Così complessa, variegata, esplosiva.

Gli ideatori di APPasseggio hanno fatto di più: con il il sostegno dei Go Teller, guide intelligenti e di alto livello, hanno mappato l'arte urbana nei vari quartieri, e creato itinerari appositi, ricchissimi di contenuti, storie, aneddoti. Molti gli incontri anche gratuiti che organizzano. Basta cercare in Rete, le proposte sono molte.

Perché sappiate che a Roma c'è un'altra Roma. È una città che ha respiro lungo, ley-lines cangianti. È marginale, furiosa, graffia ogni centimetro a disposizione, ruba spazi, guarda in alto, aggredisce il cielo. Ed è fatta di muri che non dividono.

Fotografia di J. Stewart