La vita nel nostro pianeta è iniziata approssimativamente 3,5 miliardi di anni fa, cosicché l’universo, che ha una durata di circa 13,7 miliardi di anni, ha impiegato circa 10 miliardi di anni per “generare” esseri in grado di riprodursi sulla Terra. In tutto questo tempo, attraverso un meccanismo di mutazione genetica e di selezione naturale il pianeta azzurro ha conosciuto l’evoluzione di moltissime specie che ha portato a quelle ora viventi. Proiettando il film in avanti sempre più rapidamente, arriviamo a Homo sapiens sapiens. Grazie all’acquisizione della stazione eretta, dell’uso del linguaggio, della formazione di comunità sociali e soprattutto della trasmissione culturale tramite l’apprendimento, durante lunghi secoli gli esseri umani hanno costruito un ambiente trasformandolo in modo che fosse molto più ospitale per la loro sopravvivenza. Ciò che ha reso possibile questo rapido mutamento è stata la tecnologia, ovvero la costruzione di strumenti artificiali utilizzati per raggiungere dei fini che favorissero la nostra sopravvivenza.

Tuttavia, la causa più importante e perdurante che spiega l’emergere delle nuove tecnologie nel mondo contemporaneo è quella tra scienza e tecnica, perché l’una ha sempre reso possibile l’altra: la rivoluzione astronomica del Seicento sarebbe impensabile senza l’uso del telescopio, e la conoscenza del micromondo inimmaginabile senza il microscopio. Tuttavia, la costruzione di questi strumenti, che estendono la limitata portata dei nostri sensi, dipendeva dalle leggi ottiche.

Da allora, le conoscenze scientifiche e le relative tecnologie sono cresciute in modo sempre più rapido. Esistono oggi strumenti artificiali interni al nostro corpo: per fare dei banali esempi, le lenti intraoculari artificiali, le protesi ai denti, agli arti inferiori, il bypass e il pacemaker. La medicina genetica sarà in grado di mettere a punto farmaci che agiscono specificamente su un singolo individuo: la loro efficacia sarà quindi assai maggiore rispetto a farmaci molto simili dal punto di vista del principio attivo, i cui effetti sono però basati sulla legge dei grandi numeri: ognuno di noi è geneticamente diverso da qualunque altro individuo. Malattie mentali che hanno una componente genetica, come la schizofrenia, potrebbero essere debellate. Gli organismi geneticamente modificati permetteranno di sfamare milioni di bambini che a tutt’oggi muoiono di inedia, esistono già veicoli operati da robot in grado di evitare incidenti mortali molto meglio degli umani. Microchip inseriti nel cervello di pazienti epilettici potrebbero impedire la diffusione della scarica dal focus alle altre regioni celebrali. Perché allora tanto terrore generato dalle nuove biotecnologie, dalla robotica e dalla tecnologia informatica che dominano e domineranno sempre più le nostre vite?

Le ragioni sono molteplici. Anzitutto, come già detto, i tempi di adattamento all’ambiente naturale sono stati infinitamente più lunghi rispetto a quelli rapidissimi (su scale secolari) della trasformazione culturale e a quelli ancori più rapidi delle tecnologie. Negli ultimi 20 anni la tecnologia ha cambiato il nostro rapporto con l’ambiente naturale e sociale molto di più di quanto sia avvenuto negli ultimi 20.000 anni. In più, il delicato equilibrio uomo-natura è stato indubbiamente compromesso dalla produzione industriale di clorofluorocarburi, responsabili del riscaldamento climatico e la produzione di plastica che sta riempiendo gli oceani e uccidendo i pesci.

A causa di questi terribili effetti dell’industrializzazione, tendiamo istintivamente a pensare che tutto ciò che è “naturale” (i bioalimenti, per esempio, o le piante) sia più sano di ciò che è frutto del nostro intervento sulla natura. La convinzione che ciò che è naturale sia di per sé buono proprio perché naturale è comprensibile dato il nostro lungo adattamento alla natura e all’equilibrio che si è generato con essa, ma è fonte anche di paure irrazionali e di convinzioni ingiustificate. La carestia e la peste e altre malattie infettive del passato, tuttavia, sono state domate grazie alla tecnologia. Lo stesso avverrà con altissima probabilità per il Covid-19.

Infine, la comprensibile paura e financo ostilità che nutriamo nei confronti delle nuove tecnologie (biotecnologie, robotica ecc.) sono causate dalla constatazione (e dalla previsione) che esse stiano cambiando in modo irreversibile il mondo del lavoro. Le agenzie di viaggio sono quasi scomparse, acquistiamo libri, apparecchi elettronici, vestiti ecc. direttamente on line senza passare per i rivenditori al dettaglio. Tutto ciò crea disoccupazione, alla quale non sappiamo ancora come far fronte. La costruzione di alcune automobili è adesso completamente robotizzata. In Corea del Sud, il paese più automatizzato del mondo, oggi circa il 7% dei lavori prima svolti da esseri umani è svolto da robot. Si prevede che tra qualche anno questa percentuale aumenterà di più di tre volte, un fatto che si estenderà a tutto il mondo industrializzato. Questo fatto crea disoccupazione, quindi malessere sociale profondo: come verrà ristrutturato il mondo del lavoro se nuove professioni generate dalla robotica non riuscissero ad assorbire tutte quelle attuali? Questa è una domanda di fronte alla quale le nostre classi dirigenti sono impreparate.

Ci sono poi le tecniche genetiche legate alla riproduzione; non solo quelle in vitro, che possono avere effetti che potremmo giudicare “positivi”, ma quelle che potrebbero rendere possibile la scelta del colore degli occhi e dei capelli ecc. dei nostri figli. Nel saggio Homo Deus. A brief history of tomorrow (2016; trad. it. 2017) lo storico Y.N. Harari si è riferito a queste tecnologie come al “nuovo ambito della creazione”. Considerando tutti questi elementi, la vera domanda che genera sconcerto è: che cosa vogliamo fare e cosa accadrà a noi stessi? E in che misura la risposta a questa domanda dipende da noi o da un processo sempre più imprevedibile che assomiglianza alla corsa di un treno che non solo non ha alcun guidatore umano o artificiale, ma che non ha alcun obiettivo da raggiungere.

Immagine: Giardinieri robotici intelligenti impiegati in agricoltura. Crediti:  kung_tom / Shutterstock.com

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