Il testo di legge costituzionale sottoposto al referendum del prossimo 20-21 settembre 2020 ha ad oggetto un tema – la riduzione del numero dei parlamentari – che rappresenta una costante del dibattito sulle riforme costituzionali a partire dagli anni ’80.

La questione del numero di deputati e senatori si pose, in realtà, già subito dopo l’entrata in vigore della Costituzione, quando l’esaurirsi degli effetti della III disposizione transitoria sulla prima composizione del Senato determinò una sensibile decurtazione dei suoi membri rispetto a quelli della Camera e fece dunque emergere l’esigenza di un riequilibrio, sul piano quantitativo, tra i due rami del Parlamento.

A questa esigenza rispose la legge costituzionale 9 febbraio 1963, n. 2 – prima revisione costituzionale della storia della Repubblica –, che modificò, tra le altre cose, il criterio (variabile) di composizione delle Camere, introducendo un numero fisso di parlamentari (630 deputati e 315 senatori, cui vanno aggiunti i senatori a vita), in luogo di un numero che, in origine, era stabilito in rapporto alla popolazione (nella misura di un deputato ogni 80.000 abitanti o frazioni superiori a 40.000 e di un senatore ogni 200.000 abitanti o frazioni superiori a 100.000).

La questione rimase poi a lungo sopita e solo con la legge costituzionale 23 gennaio 2001, n. 1, gli articoli 56 e 57 della Costituzione furono di nuovo emendati nel senso di prevedere che – fermo restando il numero complessivo dei parlamentari – 12 deputati su 630 e 6 senatori su 315 fossero eletti nella circoscrizione Estero.

Quando poi, a partire dalla IX legislatura repubblicana, l’istituzione della “Commissione Bozzi” (dal novembre 1983 al gennaio 1985) segnò l’inizio della stagione delle Commissioni bicamerali per le riforme istituzionali, il tema delle dimensioni del Parlamento tornò al centro della discussione, anche in virtù dell’autorevole presa di posizione della Presidente della Camera Nilde Iotti, che aveva sostenuto la necessità di una riduzione della compagine parlamentare in ragione della moltiplicazione delle sedi della rappresentanza – a livello regionale, provinciale, comunale – che si era nel frattempo realizzata all’interno dell’ordinamento costituzionale italiano.

Nella “Commissione Bozzi”, tuttavia, nessuna delle diverse ipotesi di ridimensionamento che furono prospettate – un deputato ogni 110.000 abitanti e un senatore ogni 200.000; un numero di deputati pari alla media dei deputati italiani, francesi, britannici e tedeschi; fra 480 e 500 i deputati, fra 240 e 250 i senatori – venne infine formalizzata.

Neppure la seconda Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, la c.d. Commissione De Mita-Iotti istituita nella XI legislatura (dal settembre 1992 al gennaio 1994), propose alcuna modifica in tal senso. Ciò tuttavia, non tanto per una contrarietà di principio al taglio dei parlamentari, giacché si era comunque ipotizzata una Camera di 400 membri e un Senato di 200; quanto piuttosto perché, non essendosi trovato l’accordo su una riforma complessiva del Parlamento, si volle evitare di trattare l’argomento in maniera parziale.

Nella XII legislatura, poi, sia il “Comitato Speroni” costituito nel luglio 1994, sia la c.d. Bozza Fisichella elaborata nel gennaio 1996, prefigurarono una trasformazione del Senato in una seconda Camera delle autonomie territoriali, senza tuttavia dare indicazioni specifiche su quale avrebbe dovuto essere il numero (esatto) dei membri di ciascuna Camera.

Si arriva così alla XIII legislatura che è caratterizzata dall’istituzione, nel febbraio 1997, della terza Commissione bicamerale per le riforme istituzionali. La c.d. Commissione D’Alema portò avanti i suoi lavori fino al novembre dello stesso anno, elaborando un progetto di revisione dell’intera Parte II della Costituzione che, in materia di numero dei parlamentari, contemplava un Senato di 200 membri, che diventavano 400 quando l’organo si riuniva “in sessione speciale” (con l’aggiunta di altri 200 componenti tra consiglieri comunali, provinciali e regionali); per la Camera, invece, la puntuale individuazione del numero dei deputati – non meno di 400, non più di 500 – veniva rimessa ad una legge ordinaria.

Un’ampia riforma della II Parte della Costituzione (A.S. n. 2544-D) fu approvata anche nella XIV legislatura, seguendo tuttavia l’ordinario procedimento di revisione previsto dall’art. 138 Cost. Il disegno di legge costituzionale, tra le altre cose, riduceva a 518 i deputati e a 252 i senatori. Sottoposto all’approvazione referendaria il 25-26 giugno 2006, fu però respinto dal corpo elettorale

Nella legislatura successiva – la XV – il tentativo di riannodare i fili del processo riformatore dopo l’esito del referendum del 2006 passò attraverso l’approvazione, da parte della Commissione Affari costituzionali della Camera, di un testo unificato, la c.d. Bozza Violante (A.C. n. 553 e abbinati-A).

Il progetto perseguiva un obiettivo più circoscritto rispetto al più recente passato, avendo essenzialmente ad oggetto la revisione del sistema bicamerale e in questo quadro delineava una Camera di 512 membri ed un Senato di secondo grado, composto da 186 membri, eletti dai Consigli regionali e dai Consigli delle autonomie locali. La conclusione anticipata della legislatura, tuttavia, impedì l’approvazione del progetto da parte dell’Aula di Montecitorio.

Nella XVI legislatura un testo varato, invece, dalla Commissione Affari costituzionali del Senato fissava a 508 il numero dei deputati e a 250 quello dei senatori (più i senatori a vita). Questa proposta fu bensì approvata dall’Assemblea di Palazzo Madama (il 25 luglio del 2012), ma la fine della legislatura ne interruppe, anche stavolta, l’iter parlamentare.

Più di recente, all’inizio della XVII legislatura, il Presidente Napolitano nominava un Gruppo di lavoro sui temi istituzionali – i c.d. Saggi –, con il compito di elaborare una serie di proposte condivise per favorire la partecipazione dei cittadini ed assicurare efficienza e stabilità al sistema politico. La relazione finale del 12 aprile 2013 proponeva, tra l’altro, di ridurre a 480 i deputati e a 120 i senatori.

Questa proposta, limitatamente alla composizione della Camera, veniva condivisa anche dalla successiva Commissione per le riforme costituzionali nominata dal Presidente del Consiglio Enrico Letta, la quale suggeriva, in alternativa, anche un’ulteriore decurtazione dei deputati a 450. Per il Senato, invece, si proponeva di ricalcarne la composizione sui criteri della “Bozza Violante”, in modo che i senatori non fossero comunque meno di 150 e più di 200.

Infine, nel prosieguo della XVII legislatura le Camere approvavano, in seconda deliberazione, ai sensi dell’art. 138 Cost., una nuova proposta di riforma della seconda parte della Costituzione che, con riguardo alla dimensione delle Camere, lasciava invariato il numero dei deputati e prevedeva un Senato di 95 membri, eletti in secondo grado dai Consigli regionali tra consiglieri regionali e sindaci. A questi potevano aggiungersi 5 senatori nominati dal Presidente della Repubblica non più a vita, ma per sette anni. Tuttavia, anche il testo di questa legge costituzionale veniva respinto dagli elettori nel referendum costituzionale del 4 dicembre 2016.

Alla luce di questa rapida rassegna dei precedenti in materia di riforme costituzionali si possono ricavare almeno due indicazioni. La prima è che la riduzione del numero dei parlamentari è un denominatore comune a tutti i tentativi di revisione delle istituzioni repubblicane che si sono susseguiti negli ultimi quarant’anni; a conferma di come il tema – almeno a parole – sia largamente condiviso tra le forze politiche.

La seconda indicazione è che il taglio non è mai stato fine a sé stesso, ma si è sempre collocato nel quadro di un più organico disegno riformatore, che è oscillato dal minimo del superamento del bicameralismo perfetto, al massimo della revisione di tutta la Parte II della Costituzione.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

E. Rossi (a cura di), Meno parlamentari, più democrazia? Significato e conseguenze della riforma costituzionale, Pisa University Press, 2020.

Riduzione del numero dei parlamentari. Il testo di legge costituzionale e il referendum ex art. 138 della Costituzione, Dossier del Servizio Studi della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, 19 agosto 2020.

Immagine: Palazzo Montecitorio, Camera dei deputati, Italia, Roma. Crediti: lucarista / Shutterstock.com

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