Siamo impauriti, increduli, sgomenti dinanzi alla crisi globale innescata dal Coronavirus. Una pandemia – come la definisce l’Organizzazione mondiale della sanità – che nel dramma umano rivela anche i punti deboli di un modello di sviluppo, la fragilità dei sistemi sanitari all’orlo del collasso, le incertezze e i limiti della medicina contemporanea. Non eravamo preparati. D’altronde chi poteva immaginarlo. Abbiamo vissuto tutti, almeno in quest’ultimo secolo e in questa parte del globo, nell’illusione di una sorta di onnipotenza, protetti dagli straordinari avanzamenti della ricerca in campo biomedico e dallo sviluppo di tecnologie sempre più potenti, sofisticate ed efficaci. E invece questa epidemia ci rivela oggi che quell’onnipotenza era forse una sorta di delirio collettivo: una diagnosi più volte preannunciata (e ora tristemente confermata) da chi alla nozione di progresso opponeva, con varie sfumature, riflessione, prudenza, critica, visioni altre, insomma. Questa funzione quasi oracolare è stata spesso (e scomodamente) assunta, nel dibattito accademico e pubblico, dalla storia della medicina e delle scienze biomediche congiuntamente alle scienze sociali della salute, in primis l’antropologia medica, insieme ad altre discipline, quali ad esempio la filosofia, e altri ambiti professionali, come la letteratura, la musica, le arti visive e performative.

Storie virali è una tribuna in cui antropologi, storici, filosofi, medici, epidemiologi, scrittori e artisti, ciascuno a partire dalle proprie specifiche competenze, daranno il loro contributo a una discussione critica dell’attuale crisi epidemiologica, spesso privilegiando un approccio comparativo tra passato e presente, tra qui e altrove, tra noi e gli altri. Muovendoci in questa cornice comune, con gli articoli di questa rubrica, vorremmo aiutare a capire il presente, approfondirlo, criticarlo, relativizzarlo, promuovendo l’esercizio costante di una sorta di vicinanza distopica e diacronica. Perché – a ben guardare – il dato che salta agli occhi è che le nostre risposte alla crisi determinata dal Coronavirus, in campo medico, politico, sociale, comportamentale, non siano molto diverse da quelle disponibili ai lebbrosi biblici, agli ateniesi di Tucidide, ai narratori del Decameron di Giovanni Boccaccio, ai londinesi descritti da Daniel Defoe, o al don Rodrigo manzoniano.

Ancora una volta gli “altri”, l’altrove e il passato possono aiutarci a vivere consapevolmente il presente e a immaginare un ­futuro di liberazione.

Il gruppo di Storie virali è composto da Andrea Carlino, Maria Conforti, Virginia De Silva e Chiara Moretti.

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