Il Chiasmo

Dino Pavlovic

Dino Pavlovic ha frequentato il liceo classico “J. Stellini” di Udine. Studia Lettere alla Scuola Superiore dell’Università di Udine. Tra i suoi interessi, la letteratura, la filosofia, la psicologia del profondo, il cinema, la storia del costume, il dandismo.

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Corpo Postumano

Nel 1965 lo psicologo americano James Bedford, prossimo alla morte, firma, insieme al testamento, un contratto a scadenza sine die con Evan Cooper, un imprenditore visionario che aveva fondato la Life Extension Society, la prima azienda di crionica.

 

Si trattava di congelare il corpo di Bedford sino a quando questo, prima o dopo, non fosse stato rianimato dai ricercatori della LES, in seguito al successo di qualche avanzata ricerca sul recupero e il prolungamento della vita.

 

Di aziende simili oggi ce ne sono tre: la Alcor (erede della LES) e la Cryonics Institute in America, la Cryorus in Russia. Gli utenti sono alcune centinaia e attualmente (è il caso di dirlo) riposano sotto azoto in grandi frigoriferi. I prezzi si aggirano intorno ai 200 mila dollari in America e 30 mila dollari in Russia, ma, niente paura, esiste l’opzione decisamente più economica di farvi congelare solo la testa.

 

Questa che potrebbe sembrare l’ennesima riprova della nostra hybris scientista è una pratica che trova il suo retroterra filosofico nella logica del postumano, una logica della sfida ai limiti del troppo umano della quale il corpo si fa spazio privilegiato, in quanto testimone incarnato della nostra impotenza.

 

Accettare dei limiti implica riconoscere l’irrimediabile esistenza di una datità, nello specifico di una datità della natura umana. Perché l’homo faber moderno non dovrebbe esplorare senza confini le sue potenzialità? Perché dovrebbe rassegnarsi fatalisticamente a un destino che non ha scelto in ragione di una presunta legge di natura? Se Dio non c’è (penso alla morte di Dio di Nietzsche) perché non prendere il suo posto? E a Dio bisogna davvero aver dato il colpo di grazia se il desiderio ultimo non è di andare in paradiso ma di risvegliarsi in laboratorio.

 

Sartre insisterà sul primato dell’esistenza sull’essenza, ovvero sulla priorità della libertà nella vita dell’individuo, che lungi dal dover realizzare un’essenza predeterminata dell’umano, può orientare la sua azione alla sua idea di uomo: dove non c’è Dio, la sola natura umana è quella che costruiamo con il nostro fare, con la nostra esistenza, appunto.

 

Il superamento di una datità accomuna, e spesso confonde, tra di loro il postumano e il transumano (un termine coniato in origine da Huxley). Il contesto del postumano abbraccia orizzonti anche molto differenti tra di loro, tra cui in parte il transumanesimo stesso, ma mentre quest’ultimo insiste sul superamento dei più grandi limiti umani confidando nell’onnipotenza della tecnologia e, di conseguenza, dell’uomo, il postumano cerca anche, antropologicamente e filosoficamente, di riconcettualizzare i paradigmi classici su uomo, natura e cultura, affondando le sue radici nel pensiero antiumanista.

 

In un suo recente lavoro, Rosi Braidotti riconosce nell’antiumanesimo una prima «risorsa del postumano». L’antiumanesimo è un atteggiamento critico verso l’idea universalizzante di uomo che si è diffusa a partire dagli anni Settanta nella generazione dei poststrutturalisti, con l’intenzione, tra l’altro, di smascherare lo spiccato antropocentrismo della filosofia marxista e, soprattutto, di denunciare la tendenza normativizzante dell’eredità classica del concetto di Uomo Vitruviano. Ciò che si spaccia per natura – natura umana – è in realtà il risultato di una costruzione culturale che, una volta normativizzata, rischia derive imperialistiche, patriarcali (un filone di questo orientamento è quello del femminismo), razziste (un altro è quello anticolonialista).

 

Accanto alla sua premessa più filosofica, il postumano – che accetta l’interpretazione del riduzionismo biologista già hobbesiano per cui uomo=materia – include comunque i discorsi sul ruolo della tecnologia nella ridefinizione di ciò che caratterizza l’umano e, dunque, sull’autopoiesi, sulla libera autodeterminazione dell’uomo che ricorre alla macchina, come si intuisce dal Manifesto del postumano di Robert Pepperell. Possiamo dire però che il focus del transumanesimo è una sorta di postumanesimo applicato, vale a dire un orientamento tecno-pratico allo human enhancement, alla realizzazione dell’idea postumana di uomo, secondo declinazioni (a volte quasi fantascientifiche) che non di rado incontrano lo scetticismo e la disapprovazione di pensatori del postumanesimo stesso. Attualmente l’istituzione principale del transumanesimo è la World Transhumanist Association, presieduta da Nick Bostrom.

 

Uno degli autori protagonisti della letteratura transumanista è Max More (alias Max T.O’Connor). Di professione futurologo e fondatore dell’estropianesimo, una delle correnti principali del transumanesimo, More prospetta un futuro in cui l’uomo si riapproprierà del suo pieno autocontrollo, sbarazzandosi dei suoi limiti più ingombranti come la morte (More si occupa anche di crioconservazione), la vecchiaia, le limitazioni cognitive e l’imprevedibilità delle emozioni. Nel 1999 scrive a titolo di tutti una Lettera a Madre Natura, riconoscendole la nostra gratitudine, ma riconoscendo anche che 

sotto diversi aspetti avresti potuto fare di meglio con il nostro organismo. Ci hai creati vulnerabili alle malattie e alle ferite. Ci obblighi ad invecchiare e a morire - proprio quando cominciamo a divenire saggi. Sei stata un po' avara nel darci consapevolezza dei nostri processi somatici, cognitivi ed emotivi. Sei stata poco generosa con noi, donando sensi più raffinati ad altri animali. Possiamo funzionare solo in certe specifiche condizioni ambientali. Ci hai dato una memoria limitata e scarso controllo sui nostri istinti tribali e xenofobi. E ti sei dimenticata di darci il nostro libretto d'istruzioni!

Madre Natura dovrà accettare una serie di emendamenti: non sopporteremo più di invecchiare e morire, miglioreremo la nostra memoria e la nostra intelligenza, controlleremo i nostri programmi genetici e neurologici, decideremo la forma del nostro corpo e finalmente controlleremo le nostre emozioni.

 

Accanto alla crionica, sono in atto ricerche contro l’invecchiamento del corpo tramite il controllo e l’inversione dei processi cellulari. Se l’immortalità resta ancora un’utopia, alcuni autori (come Aubrey de Grey, genetista inglese impegnato nella ricerca alla cura dell’invecchiamento) sostengono che alcune delle persone che vivranno anche cento anni in più sono già nate.

 

Un contributo fondamentale alle ricerche transumane proviene dalle nanotecnologie: grazie all’inserimento di elettrodi o microchip nel cervello sarà possibile, secondo i transumanisti, potenziare le principali attività cerebrali, garantendo prestazioni migliori. L’integrazione a incastro tra corpo e tecnologia sarà il principio di una normale complementarietà tra naturale e artificiale, fino al punto da non distinguerli nella figura ambigua del cyborg, una sorta di macchina in cui si compenetrano organismo e cibernetica, a cui fa già il verso il fyborg (functional cyborg) che comprende tutti noi in quanto fruitori di dispositivi artificiali come occhiali, protesi, strumenti tecnologici.

 

L’incorporazione della tecnica è una pratica più che corrente, investita soprattutto in ambito terapeutico con il ricorso alla bionica e all’industria protesica e applicata da un po’ di tempo persino nella pratica contraccettiva tramite impianti sottocutanei che regolano il rilascio di determinate sostanze. Il fenomeno potrebbe assumere proporzioni tali da non limitarsi al riequilibrio di capacità umane ma slanciarsi nella realizzazione di un cyborg ultra-umano, nel passaggio dal corpo umano al corpo postumano. Secondo il World Economic Forum (Global Agenda Council on the Future of Software & Society) ci aspetta un futuro di telefoni cellulari impiantati sul braccio, e già esistono i cosiddetti tatuaggi intelligenti, dei chip sottocutanei che ci aggiornano sul nostro stato di salute o inviano e ricevono informazioni. Un articolo dell’Economist dell’agosto 2018 (Why Swedes are inserting microchips into their bodies) informa che la Svezia è il paese all'avanguardia sull'impianto di microchip, tanto che alcune stazioni ferroviarie riconoscono i dati personali registrati, agevolando il pagamento del biglietto di questi protocyborg. Zoltan Istvan, il fondatore del partito transumanista che nel 2016 si era candidato alle elezioni presidenziali americane, durante la sua campagna elettorale, oltre a girare con un bus a forma di bara a mo' di sfregio allo spauracchio della morte, esibiva il microchip con cui accende la sua auto e effettua pagamenti online.

 

Ma non solo si auspica un futuro in cui micro dispositivi rimedieranno ai nostri limiti, anche a quelli che non sentivamo: si prevede la possibilità di scansionare i dati del proprio cervello (mind uploading) su supporti materiali o digitali che ne garantiscano la permanenza e il recupero. Nell’ottica riduzionista per cui la mente coincide con una complessa rete neurale, la sua riproduzione artificiale corrisponderebbe all’esatta emulazione di un cervello umano caricato su un computer.

 

Sul fronte del controllo delle emozioni, si parla di «pillole della personalità» che, trascendendo l’orizzonte terapeutico degli antidepressivi, si ripromettono una gestione autonoma e consapevole delle reazioni emotive, risolvendo fastidi tipici come la timidezza o la tristezza attraverso farmaci che regolino il funzionamento dei neurotrasmettitori. David Pearce, autore del manifesto The edonistic imperative, sostiene l’obbligo morale di eliminare la sofferenza dell’anima così come abbiamo fatto con il dolore del corpo, attraverso la nanotecnologia e l’ingegneria genetica, conquistando un traguardo di paradisiaca felicità.

 

Anche l’interpretazione artistica di questo orgoglio della libertà applicato all’autodeterminazione del proprio corpo merita uno sguardo. Cito il caso di Orlan (alias Mireille Suzanne Francette Porte), un'artista performativa che si è esibita più volte durante le trasformazioni chirurgiche a cui si è sottoposta. In un'intervista video sostiene di non accettare la natura, colpevole della morte e dell'invecchiamento, con parole che ricordano quelle di More, e a premessa di una conferenza in Argentina si scusa, con ironia, di doversi servire di un'interprete, ma sfortunatamente non ha reperito le pile che alimentano il microprocessore che la fa parlare in tutte le lingue del mondo.

 

Nel 1993 Orlan si è fatta impiantare a mo' di corna due pezzi di silicone ai lati della fronte, facendone un tratto particolarmente distintivo della propria immagine e documentando tutta l'operazione, condotta in un'atmosfera barocca-surreale in cui i chirurghi (conciati a dovere)  si affiancano ad attori e musicisti che celebrano l'evento.

 

La metamorfosi autopoietica del proprio corpo, orientata ai propri canoni di bellezza artistica femminile, è diventata la cifra di Orlan e della sua body art, indirizzata proprio verso la sfida ai limiti della datità di una natura umana, a quanto pare, superata.

 

I dibattiti antropologici ed etici sul tema sono numerosissimi. Il minimo che si possa dire è che, prima ancora che nella schiera dei detrattori o dei conservatori, è lecito restare in quella degli scettici. Le previsioni sono costanti, una fra tutte quella di Ray Kurzweil. Ingegnere capo di Google, nel 2005 pubblica La singolarità è vicina, un libro in cui si prospetta l'imminente arrivo della cosiddetta «singolarità tecnologica», ovvero quel punto di non ritorno in cui l'auto-miglioramento delle intelligenze artificiali comporterà il superamento della nozione consueta di intelligenza umana. Non solo la tecnologia surclasserà le capacità cognitive dell'uomo, ma si assisterà a una selezione naturale in cui avranno fortuna solo gli umani ibridati ciberneticamente.

 

Per quanta fiducia si riponga nell'onnipotenza della scienza, non ci sono garanzie sui termini massimi dei suoi risultati, tanto meno se sono i termini di un contratto: Evan Cooper è morto disperso in mare, ma il corpo di James Bedford è ancora lì che aspetta.

 

 

Per saperne di più:

Per una panoramica generale sulle questioni più filosofico-antropologiche del postumano si consiglia il libro di Rosi Braidotti, Il postumano. La vita oltre l’individuo, oltre la specie, oltre la morte (DeriveApprodi, 2014). Il Manifesto del postumano di R. Pepperel è disponibile online, in italiano e in inglese, sulla rivista kainos.it. Un campione del transumanesimo è sicuramente Max More: la sua Lettera a Madre Natura è disponibile su estropico.com. Sulle nuove tecnologie del transumanesimo si consiglia la lettura del documento della World Economic Forum: Global Agenda Council on the Future of Software & Society. Per la necessità di un aggiornamento costante, è utile riferirsi ai numerosi articoli di giornale sull’argomento disponibili sul web. Possono risultare utili i più recenti Che cos’è il transumanesimo e le prospettive per il futuro (fastweb.it) e Come diventare macchine e vivere felici (forbes.it).

Relativamente alla teoria transumanista delle emozioni, si consiglia il già citato The edonistic imperative, un manifesto anch’esso disponibile su estropico.com.

Sul concetto di singolarità tecnologica, si tenga presente il libro di R.Kurzweil, La singolarità è vicina (Apogeo Education, 2008).

Il sito italiano ufficiale dei transumanisti (transumanisti.it) offre la possibilità di testare la propria predisposizione al transumanesimo (l’autore di questo articolo è risultato <<probabilmente transumanista>>).

   

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Percezione come ponte fra due realtà. Un tentativo di divulgare l'esoterismo

Titolo e sottotitolo di questo articolo ne annunciano, rispettivamente, il testo e il pretesto. Le premesse, invece, le assegno in ordine inverso, vale a dire azzardando fin da ora una buona scusa per il mio ossimoro. L’esoterismo è, per definizione, non divulgabile, tanto che se se ne dovesse ripercorrere la storia per intero si farebbero i conti con grosse lacune che non afferiscono alle competenze di un filologo, né invero a quelle di un iniziato, se non a quelle di un iniziato bell’e finito. Eppure di esoterismo, bene o male, si parla e si scrive. Vale allora la pena, anche solo per un amore di conoscenza sterilizzato da volontà iniziatiche, condurre un esercizio di pensiero intorno ad alcuni testi esoterici, nello specifico dell’esoterismo contemporaneo, conferendovi  una tantum la dignità filosofica negata dal canone.

 

Da qui il testo.

 

L’approccio alla spiritualità spesso è improntato all’esperienza di una non-relazionalità (ovvero all’assenza di una relazione con l’essere-altro e al ripiegamento della coscienza su se stessa), nel buio della meditazione, laddove una tradizione lunghissima fa della relazionalità il punto di riferimento elementare per lo schiudersi dell’occhio interiore-spirituale.

 

Cercheremo appunto di campionare tramite due autori contemporanei questa tradizione e, con essa, campionare l’esoterismo stesso, sviluppando l’idea della percezione del mondo fisico come canale d’accesso al mondo spirituale, con una serie di altri dualismi che si faranno complementari: esteriore-interiore, visibile-invisibile, immanente-trascendente.

 

I due autori sono Rudolf Steiner (1861-1925) e Massimo Scaligero (1906-1980).

 

Va detto, anche per esplicitare meglio la ‘tradizione’ a cui ho fatto riferimento, che questo approccio alla percezione e alla spiritualità risale già alla filosofia antica, nella quale spesso sul campo dell’estetica nascono i frutti della metafisica. La domanda sulla ragione del bello approda, nel pitagorismo, a una risposta che nel tempo ha assunto una valenza probante circa l’esistenza di Dio. La materia sarebbe una semplice congerie di elementi lasciati al caso e al disordine se non esistesse – e noi la intuiamo con il pensiero – una Necessità, un indeterminato che la sostenga nel segno del numero (in questo senso il numero è principio), della proporzione, dell’ordine, di tutto un insieme trascendente di cui la bellezza, nel mondo fenomenico, è l’unica testimone. Anche il discorso di Socrate-Diotima nel Simposio di Platone sulla ‘scala delle bellezze’, ovvero sul procedere dalla contemplazione dei corpi belli a quella delle anime belle, delle attività umane e del Bello in sé, è interpretabile come il riferimento a un percorso iniziatico di uno slancio dal sensibile all’ultrasensibile.

 

In Plotino (III sec d.C) riacquista importanza il legame tra il bello e la realtà intelligibile. Per Plotino l'anima è conforme alle realtà superiori e nel bello riconosce qualcosa di simile a sé e , d'altro canto, percepire il bello significa innanzitutto avere un'anima improntata al valore supremo, il Bene. Nella bellezza visibile l'occhio interiore, un occhio iniziato come quello – vedremo – di Steiner, scorge la presenza dell'intelligibile-invisibile. Esiste una relazione strettissima tra l'esperienza sensibile e quella spirituale. L'idea è insita nella materia , e la realtà visibile è sostenuta da quella invisibile. Stabilito questo, che l'anima come occhio interiore è capace di accedere alla realtà spirituale che sottende alla materia, si comprenderà come ogni percezione lasci un'impronta sull'anima stessa e sulla sua conoscenza.

 

Il nome di Rudolf Steiner , data la sua attività sterminata,  potrebbe circolare ovunque, nell’arte, nella scienza, nella pedagogia e persino nell’architettura. Tra le sue teorie – che non si limitano mai alla teoresi – ci interessa ora quella dell’esistenza di mondi superiori-soprasensibili da raggiungere mediante l’esercizio della coscienza, quindi mediante lo sviluppo di facoltà latenti nell’essere umano.

 

Nel 1904 Steiner pubblica una raccolta di saggi che, nell’edizione italiana, si intitola Iniziazione. Come si conseguono conoscenze dei mondi superiori?  È evidente che il libro si presenta come un breviario di iniziazione secondo il sistema di pensiero steineriano, tanto che potrebbe darsi come punto di sintesi di più teorie centrifughe della sua filosofia.

 

Attraverso tre fasi – preparazione, illuminazione, controllo dei pensieri e dei sentimenti – il discepolo dell’occultismo è condotto a esercitare le facoltà latenti di cui sopra.

 

Cito un passo a titolo di consuntivo efficace.

In ultima analisi, tutto si risolve nel fatto che l’uomo porta seco continuamente corpo, anima e spirito, ma ch’egli è chiaramente cosciente soltanto del proprio corpo, e non della sua anima e del suo spirito. Invece l’occultista diventa cosciente della sua anima e del suo spirito, come l’uomo solito lo è del proprio corpo. Questa è la ragione per cui importa dare ai sentimenti e ai pensieri la giusta direzione, perché allora si sviluppa la facoltà di percepire ciò che è invisibile nella vita ordinaria.

Il mondo fisico, a condizione della nostra ricettività, si fa spazio di percezioni intelligenti che consentono l'apertura dello sguardo spirituale.

 

Il primo processo naturale su cui porre la propria attenzione è la dialettica della crescita e dell'appassimento, della nascita e della morte. Una meditazione lucida su questi processi da condurre dinanzi, per semplicità, a una pianta, porta a sviluppare, secondo Steiner, la capacità di avvertirli sul piano spirituale, generando, con una pratica costante, una chiaroveggenza in grado di percepire il fenomeno interiormente con un'evidenza analoga a quella che si dà nelle manifestazioni del mondo fisico.

 

In secondo luogo, il discepolo può concentrarsi sulla natura dei suoni che lo circondano. L'esercizio consiste nel percepire la differenza tra suoni prodotti da esseri animati e inanimati. Nell'udire quelli del secondo tipo, dovrà riflettere sull'esperienza interiore che ne è all'origine. È importante che le proprie sensazioni relative al suono percepito rimangano in secondo piano rispetto all'attenzione da rivolgere a quelle dell'essere animato, che siano di piacere, dolore, paura ecc. Questa pratica ha lo scopo di allenare una percezione animico-spirituale di tutti i suoni della natura, compresi quelli prodotti dall'inanimato. Il discepolo comincia a "udire con l'anima".

 

Soffermiamoci su un ultimo esercizio, che è anche esercizio filosofico. Di fronte ai fenomeni della natura, possiamo avvertire costantemente i processi di cui parla Steiner, vale a dire i processi di nascita, crescita, morte, insomma processi vitali. La nostra coscienza è in grado, a partire dalla realtà fisica, di entrare nei penetrali della Natura facendosi un concetto di Vita, ovvero di forza vitale intrinseca altrimenti inconoscibile. Di fronte al seme di una pianta il mio pensiero, alla luce delle mie esperienze, può raffigurarsi la sua generazione (la pianta che ne deriverà)  e, tramite essa, la forza generatività che separa quel seme da uno identico ma artificiale. Lo stesso vale di fronte a una pianta dinanzi alla quale ci si soffermi sul pensiero dell'appassimento, della morte.

 

La facoltà di intuire la forza vitale invisibile che giace nel visibile è già spirituale. Steiner, associando a questi pensieri determinati sentimenti, sostiene di poter sviluppare una forza interiore che provoca una nuova facoltà di visione : sul piano spirituale si percepirà quella generatività intrinseca e quella generazione successiva sotto forma di una nube, colorata secondo colori spirituali, cioè secondo sensazioni corrispondenti a quelle provate nell'osservazione di determinati colori fisici.

 

L'occhio spirituale va poi esercitato sulla natura umana stessa, arrivando a percepire  sul piano astrale, spiritualmente, lo stato d'animo di chi osserviamo.

 

Di scuola steineriana è Massimo Scaligero, autore che ha coltivato fin da giovane lo studio della filosofia occidentale e orientale, arrivando a definire un percorso spirituale incentrato, vedremo come, sulla natura del Pensiero. Il testo a cui faccio riferimento è Tecniche della concentrazione interiore. Il pensiero, mediante il quale l'uomo domina il mondo, è sconosciuto a se stesso,  perché non è mai rivolto a se stesso.

 

L'esistenza dell'essere (la materia) fuori dalla coscienza è, per Scaligero, il risultato della formazione dell'essere da parte della coscienza che, in un secondo momento, se ne svincola, assegnandogli autonomia. In realtà, tale è la forza del Pensiero da essere tutt'uno con il mondo e da esserne l'origine. Eppure questa consapevolezza ci è preclusa, perché il pensiero a cui normalmente facciamo riferimento non è quello originario, ma quello cerebrale-dialettico, luce cerebrale (che è alla radice dell'opposizione tra essere e coscienza e tra la mia coscienza e quella dell'altro) al posto di una Luce originaria, pre-cerebrale e pre-dialettica. In altre parole, il nostro pensiero ordinario è solo il riflesso, concentrato nella nostra scatola cranica, di un Pensiero-Luce unico, indiviso, creatore dell'Essere, al quale noi possiamo risalire tramite un percorso di progressione (non regressione) che inizia con la pratica della concentrazione e continua con altre tecniche meditative indicate nei vari capitoli. Il libro di Scaligero è innanzitutto un manuale di meditazione in questa direzione.

 

Attraverso la disciplina della concentrazione, io posso sperimentare un pensiero il cui contenuto non rimandi ad altro ma sia contenuto di se stesso, sia finalmente rivolto a se stesso.

 

Pongo di fronte a me un oggetto fisico e ne considero le qualità (forma, sostanza, colore, uso ecc.) per non meno di cinque minuti, fino al punto in cui l'oggetto non diventi un segno, una sintesi di tutti i miei pensieri intorno ad esso. Questo è un primissimo esercizio di concentrazione che porta il pensiero alla massima intensità e consente di avvertire la forza-pensiero, il pensiero puro pre-cerebrale. È utile svolgerlo anche per comprendere empiricamente la differenza tra dialettica e pre-dialettica.

 

È stato detto che il Pensiero costituisce un'identità con il mondo ed è alla radice della sua creazione. Eppure un semplice esperimento mentale sembra rilevare una contraddizione. Posso facilmente intuire che ogni oggetto artificiale che ho davanti a me rimanda a un momento in cui non esisteva se non nella mente del suo creatore, dunque in ciascun oggetto risiede un pensiero, nel visibile l'invisibile (il richiamo a Steiner è implicito). Perché allora non posso individuare con altrettanta chiarezza il Pensiero che sottende alla creazione della Natura? Perché, pur avendo il Pensiero generato l'essere, è un Pensiero che allo stato attuale (uno stato, ripeto, in cui il pensiero è solo luce riflessa) non sono in grado di pensare.

 

L'esercizio di concentrazione e di ascesi del pensiero dalla sua natura cerebrale-dialettica a quella pre-cerebrale e pre-dialettica ha appunto il compito di risvegliare la facoltà di quel Pensiero. Il percorso indicato da Scaligero vuole restituire al pensiero la sua entità originaria, svincolata dallo schermo cerebrale e ricondotta alla Luce una, indivisa.

 

Gli orizzonti di questa prospettiva sono davvero molti. Un altro di questi è la filosofia che sta dietro alla realtà delle icone religiose. Pavel Florenskji (1882-1937),un filosofo e matematico russo, in Porte regali. Saggio sull'icona. (Adelphi, 1977), si è occupato proprio del valore spirituale che ha la comunicazione di immagini sacre, che lui definisce «finistre sul divino»: distruggere le icone equivale a murare la finestra, togliere il vetro equivale, seguendo una via riservata a pochi,  a vedere la luce spirituale senza mediazioni, senza il ricorso al sostegno delle immagini.

 

Autori come Steiner e Scaligero, attraverso l'insegnamento della disciplina dell'attenzione, insistono proprio sull'importanza di non murare le finestre.

 

 

Per saperne di più:

Per l’approfondimento del tema relativamente alla filosofia antica si consiglia Estetica antica di Gianni Carchia (Laterza, 2013). Relativamente a Steiner e Scaligero, la lettura dei due testi citati costituisce un utile strumento di avvicinamento, eventualmente seguito da Teosofia  (Antroposofica, 2011) e La scienza occulta (Antoposofica 1985) per il primo e Trattato del pensiero vivente (Tilopa, 2006) per il secondo.

 

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