24 febbraio 2018

Costituzioni e principi supremi

L’esistenza di una connessione tra l’identità di un popolo e le regole che ne governano la vita è molto difficile da mettere in discussione.

 

Anche in una società che non si dà regole proprie, ma a cui esse vengono imposte, infatti, il diritto conserva una funzione formante dell’identità, la cui l’influenza dipende, in prima battuta, dall’effettività dell’ordinamento giuridico. La connessione tra identità e diritto, invece, è molto più stretta in una società democratica nella quale il corpo sociale partecipa al processo di formazione delle regole. In questo caso il diritto non ha solo la funzione di formare l’identità, ma è anche una sorta di “documento dell’identità” della maggioranza della popolazione. Infine, è utile notare che anche in una società teocratica o con diritto a base religiosa, se fondata su un’autentica adesione del popolo a un insieme di precetti religiosi, il diritto conserva entrambe le funzioni.

 

L’applicazione di questi semplici concetti teorici alle società contemporanee e, in particolare, alla società italiana, deve fare i conti con la complessità dei moderni ordinamenti giuridici e con l’esistenza delle Costituzioni.

 

Nella valutazione della connessione tra diritto e identità, innanzitutto, si dovrebbe tenere conto della graduata rigidità delle regole che governano la vita nella nostra società. Tradizionalmente si fa riferimento a questo proposito al concetto di gerarchia delle fonti.  Possono essere individuati, semplificando, tre gradi di rigidità: le regole che possono essere cambiate a maggioranza, quelle che possono essere cambiate con una maggioranza qualificata e, infine, quelle che non possono essere cambiate. La prima categoria è quella di cui fanno parte la maggior parte delle leggi, la seconda è tipicamente collegata alle norme costituzionali, mentre l’ultimo gruppo è quello dei principi supremi dell’ordinamento.

 

Se i rapporti tra leggi e identità e quelli tra norme costituzionali e identità non sollevano questioni particolari, del rapporto tra principi supremi e identità non può dirsi lo stesso. In effetti quest’ultima categoria di regole che non possono essere cambiate sembra atteggiarsi esattamente come il testo sacro nei sistemi giuridici a base religiosa, così che l’adesione del gruppo sociale a tali principi supremi appare essere uno dei più importanti presupposti del buon funzionamento dell’ordinamento giuridico. La sostanziale differenza nel momento genetico delle due fonti, Costituzione e testo sacro, importa, se mai, una garanzia ulteriore che nel primo caso i principi supremi che si pone alla base della società siano condivisi dalla più grande parte del popolo, ma non ha alcuna conseguenza evidente sui rapporti tra norma e identità nei momenti successivi.

 

Da un punto di vista della pratica del diritto, i principi supremi dell’ordinamento giuridico sono stati da poco riportati al centro del dibattito scientifico dal noto caso Taricco. La vicenda giudiziaria, che ha assunto la forma di un serrato dialogo tra corti supreme, è attualmente ferma in attesa della risposta della Corte di Giustizia alla minaccia della Corte Costituzionale italiana di attivare i cosiddetti “controlimiti”, dichiarando incostituzionale la legge di ratifica e attuazione dei trattati europei perché in contrasto con il principio supremo di legalità in materia penale (in breve, la necessità che esista una disposizione di legge scritta sufficientemente prevedibile con la quale si decide quali fatti punire, con quale penale e entro quale limite temporale). Tale principio era stato messo in discussione nell’ambito dell’Unione Europea, quando la Corte di Giustizia ha ritenuto che la prescrizione italiana violasse l’obbligo degli Stati membri di combattere le attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione con misure equivalenti a quelle adottate a tutela dei propri interessi finanziari.

 

Al di là dei molti e complessissimi profili di diritto toccati da questo caso, è interessante, ai fini della riflessione sui rapporti tra diritto e identità, che lo scorso 29 maggio, a Lussemburgo, in occasione della discussione del caso cosiddetto «Taricco- bis », all’Avvocatura dello Stato italiana sia stato richiesto di affrontare il problematico tema della descrizione dell’identità costituzionale italiana. A tale nozione, ferma la competenza della Corte Costituzionale a pronunciarsi definitivamente sul punto, sono stati ricondotti i principi fondamentali (artt. 1-12 Cost.) e tutte le disposizioni costituzionali in cui vengono sancite libertà e diritti fondamentali della persona. Non sfuggirà, in effetti, a chi voglia leggere le disposizioni indicate, che esse, oltre a definire il nostro ordinamento giuridico, sono tra gli elementi più caratterizzanti del nostro modo di pensare, essere e vivere.

 

La funzione di limite che la riflessione giuridica associa a queste norme è da conservare anche nel discorso a tutto campo sul rapporto tra identità e diritto. I principi supremi, non potendo essere cambiati, rappresentano infatti in definitiva anche l’unico limite alle evoluzioni dell’identità del popolo. Intorno al momento del loro superamento emerge, poi, un’ulteriore differenza tra la categoria dei principi supremi e quella dei testi sacri nei sistemi giuridici a base religiosa: se per i primi il superamento è solo concretamente inconcepibile (l’ordinamento non ammette la possibilità della sovversione dei principi supremi), per i secondi il superamento è inconcepibile anche astrattamente (la persona non ammette la possibilità della sovversione del precetto).

 

In conclusione, tracciato a grandi linee il ruolo e le caratteristiche dei principi supremi dell’ordinamento, risulta evidente come il buon funzionamento del sistema sociale di cui essi fanno parte necessiti, quanto meno, che il corpo sociale sia messo nelle condizioni di poterli conoscere. Tale esigenza dovrebbe essere soddisfatta, in una società laica, dall’insegnamento dell’educazione civica. La funzione dell’educazione civica, infatti, troppo spesso e a torto confusa con una forma mascherata di indottrinamento, è quella di trasmettere la conoscenza, tra le altre cose, dei principi supremi dell’ordinamento giuridico in modo che ogni nuova generazione abbia la possibilità di aderire spontaneamente a essi o di procedere a una loro critica ragionata e, nell’ultima eventualità, di superarli.

 

 

Per saperne di più:

Un utile articolo per comprendere meglio il caso Taricco e le sue implicazioni è consultabile qui: http://rivista.eurojus.it/cronaca-da-lussemburgo-ludienza-di-discussione-nella-causa-c-d-taricco-bis/