Per arrivare dall’idea al mercato, dalla previsione del business plan all’attuazione di esso, la start-up ha necessità di capitali. Lo strumento del finanziamento collettivo (o crowdfunding, secondo la terminologia anglosassone) entra in gioco qualora le start-up non riescano a beneficiare di affidamenti bancari; oppure, in caso di ottenimento del finanziamento, qualora le condizioni applicate siano particolarmente onerose.

Il termine crowdfunding generico esprime letteralmente il concetto di un finanziamento da parte della folla che può declinarsi, in base all’esistenza o non esistenza di un ritorno economico  per gli investitori, in diversi modi: il crowdfunding può essere, infatti, donation-based, reward-based, lending-based o equity-based.

La letteratura economica vede proprio nell’ultima tipologia un’ancora di salvataggio, alternativa al prestito bancario, con cui  colmare  il deficit di finanziamento per le start-up nelle fasi iniziali,  e si inserisce in un contesto in cui i cosiddetti business angels e venture capital non sono abbastanza diffusi. Questo metodo di finanziamento, inoltre, si differenzia  dai canali tradizionali di approvvigionamento di capitale di rischio per la notevole partecipazione di investitori non professionali e per il ricorso a piattaforme online in cui ha luogo l’incontro tra la domanda e l’offerta. L’ equity-based crowdfunding può essere, dunque, definito come una particolare modalità di reperimento di conferimenti in denaro presso una moltitudine di investitori, i quali acquistano  veri e propri titoli di partecipazione in una società: in questo  caso, la ricompensa per il finanziamento è rappresentata dal complesso di diritti patrimoniali e amministrativi che derivano dalla partecipazione nell'impresa.

Se molti Paesi in cui operano i portali di crowdfunding non hanno regolamentato tale fenomeno con una disciplina legislativa ad hoc, l’Italia è stato invece la prima in Europa ad introdurre una normativa specifica e organica, relativa, tuttavia, al solo equity-based crowdfunding (la sola normativa che parla di lending-based crowdfunding è la Sezione IX della Delibera n. 586 del 2016 di Banca d'Italia).

È stato, in particolare, l’articolo 30 del D.L. n. 179/2012 (cd. Start-up act italiano) a delegare alla Consob (Commissione Nazionale per le società e la Borsa) l’adozione di disposizioni attuative in materia e la creazione di un ambiente affidabile per gli investitori. La Consob ha adottato, di conseguenza, il Regolamento sulla raccolta di capitali tramite portali online con delibera n. 18592 del 26 giugno 2013. Inizialmente, si aprì il ricorso al finanziamento tramite equity-based crowdfunding solo alle imprese con la qualifica di start-up innovative_,_ ma, successivamente, il D. L. n. 3 del 24 gennaio 2015 (cd. Decreto Investment Impact) consentì l'accesso anche alle aziende qualificate come PMI innovative e, infine, con la Legge di Bilancio del 2017, l’accesso fu esteso a tutte le piccole e medie imprese a prescindere dalla loro caratterizzazione tecnologica.

Il Regolamento della Consob contiene, nello specifico, una disciplina rivolta agli emittenti (e quindi anche alle start-up), agli investitori, sia professionali che non, e ai gestori dei portali online_._

Per quanto attiene agli strumenti finanziari potenzialmente oggetto di offerta, questi possono consistere in strumenti rappresentativi di capitale di rischio (quote o azioni), quote di OICR (Organismi di investimento collettivo del risparmio) che investono prevalentemente in piccole e medie imprese e obbligazioni o strumenti finanziari di debito da parte delle piccole e medie imprese. Le operazioni di equity crowdfunding possono, in un certo senso, essere paragonate a un’offerta pubblica iniziale o IPO (Initial Public Offering) che, anziché essere effettuata in Borsa, si svolge su un portale online.

La prima operazione che  una società interessata a  utilizzare lo strumento dell’equity-based crowdfunding è tenuta a effettuare è quella di contattare il gestore di un portale e sottoporre la propria candidatura per il lancio di un’offerta. I portali sono piattaforme vigilate dalla Consob che facilitano la raccolta del capitale di rischio e la loro attività di gestione  è riservata, secondo l’art. 50-quinquies TUF (Testo unico in materia finanziaria), ai soggetti iscritti in appositi registri o a diversi enti, quali banche, imprese di investimento, imprese di investimento UE, imprese di Paesi terzi diverse dalle banche autorizzate in Italia, società di gestione del risparmio, società di investimento a capitale variabile, società di investimento a capitale fisso. Questi soggetti hanno la possibilità di gestire direttamente i propri patrimoni, limitatamente all'offerta sui portali di quote o azioni di Organismi di investimento collettivo del risparmio, autorizzati ai relativi servizi di investimento (i cd. gestori di diritto).

Pur non potendo detenere somme di denaro di pertinenza degli investitori, né eseguire direttamente gli ordini per la sottoscrizione degli strumenti finanziari offerti sui propri portali, ai gestori dei portali iscritti nel registro della Consob è  destinata una disciplina per certi versi più morbida rispetto a quella prescritta per gli intermediari tradizionali presso cui abitualmente i risparmiatori effettuano i propri investimenti.

Per quanto concerne il registro dei gestori, questo si compone di due sezioni: una ordinaria, in cui sono registrati i gestori di portali autorizzati e una speciale, in cui si trovano i gestori di diritto che hanno inoltrato preventiva comunicazione alla Consob. Il procedimento di iscrizione nella sezione ordinaria del registro ha inizio con la domanda di autorizzazione dei soggetti con sede legale e amministrativa in territorio italiano e dei soggetti comunitari con stabile organizzazione in Italia, che abbiano la forma giuridica di società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata e società cooperativa.

In base all’art. 100-ter del Testo unico in materia finanziaria (TUF), le offerte devono avere un corrispettivo totale non superiore a quello determinato dalla Consob, la quale ha stabilito che l'ammontare massimo di un'offerta, inizialmente previsto  per la cifra di 5 milioni di euro, può essere oggi pari ad 8 milioni di euro. Per essere valida, una campagna di crowdfunding deve, inoltre, essere sottoscritta per almeno il 5% dell'importo da parte di investitori istituzionali (banche, fondi di investimento, fondazioni, incubatori e simili). Tuttavia, per le offerte effettuate da piccole e medie imprese in possesso della certificazione del bilancio e dell'eventuale bilancio consolidato, (relativi agli ultimi due esercizi precedenti l'offerta, redatti da un revisore contabile o da una società di revisione iscritta nel registro dei revisori contabili), tale soglia è stata ridotta al 3%. Come è stato già messo in evidenza precedentemente, lo Start-up act italiano ha apportato una deroga alla disposizione dell’art. 2468, comma 1 c.c., per cui le quote di start-up costituite in forma di società a responsabilità limitata possono costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari, anche attraverso i portali per la raccolta di capitali, nei limiti previsti dalla nuova normativa.

Anche in Spagna è stata sentita la necessità di adottare una normativa che regolasse i sistemi di finanziamento alternativi, vista la notevole difficoltà per le start-up in fase di formazione di reperire sul mercato le risorse necessarie. Il crowdfunding in Spagna è stato, infatti, positivizzato dalla Ley de Fomento de la Financiación Empresarial nel 2015 e, pur seguendo a grandi linee il modello italiano, si discosta da quest’ultimo in diversi aspetti. Innanzitutto, la normativa spagnola mira a delineare un quadro giuridico per le plataformas de financiación participativa nelle disposizioni dettate nel titolo V della legge in questione, dagli articoli 46 e seguenti. Proprio nell’art. 46 le piattaforme di finanziamento partecipativo vengono definite come quelle società autorizzate la cui attività consiste nel porre in contatto, in modo professionale tramite pagine web o altri mezzi elettronici, una pluralità di persone fisiche o giuridiche che offrono finanziamenti in cambio di un rendimento monetario, ossia gli investitori, con persone fisiche o giuridiche che richiedono finanziamenti a proprio nome per assegnarlo a un progetto di finanziamento partecipativo, ossia i promotori. Non può essere attribuita, tuttavia, la qualifica di piattaforma di finanziamento partecipativo quando il finanziamento ottenuto dai promotori avviene esclusivamente attraverso donazioni, vendita di beni e servizi e prestiti senza interessi.

Ciò che va a regolare la legge in questione è l’equity-based crowdfunding, sotto la supervisione della Comisión Nacional del Mercado de Valores (CNMV), e il lending-based crowdlending, sotto supervisione della CNMV e del Banco de España. Tutte le imprese che desiderano esercitare tali attività devono ottenere un’autorizzazione da parte della CNMV e nel caso del lending-based crowdfunding è anche richiesto parere favorevole e vincolante del Banco de España.

La raccolta di fondi può essere effettuata attraverso la richiesta di prestiti o l’emissione e la sottoscrizione di obbligazioni, azioni ordinarie e privilegiate o altri valori rappresentativi del capitale (quando ciò avviene senza il cosiddetto prospetto di emissione) o di partecipazioni in sociedades de responsabilidad limitada (nel cui caso si intende per promotore la società stessa che le emette). L’art. 68 prevede che l'importo massimo della raccolta di fondi per progetto di finanziamento attraverso ciascuna delle piattaforme non può superare i 2 milioni di euro, consentendo di effettuare cicli di finanziamento successivi che non superino l'importo di cui sopra annualmente. Quando i progetti sono destinati esclusivamente a investitori accreditati, l'importo massimo precedente può raggiungere i 5 milioni di euro.

Le piattaforme di finanziamento partecipativo sono iscritte nel registro corrispondente della Comisión Nacional del Mercado de Valores. Questo registro è pubblico e deve contenere i dati aggiornati della denominazione sociale, dell'indirizzo del dominio Internet e della sede legale della piattaforma di finanziamento partecipativo, nonché dell'identità degli amministratori e un elenco dei soci maggioritari. Gli articoli 55 e 56 stabiliscono i requisiti, anche finanziari, per poter esercitare l’attività di piattaforma. Tra i requisiti richiesti rientra, in particolare, l’avere per oggetto sociale esclusivo lo svolgimento di attività proprie delle piattaforme in questione, stabilire la sede legale, nonché l’amministrazione effettiva e la direzione, nel territorio nazionale o in un altro Stato membro dell'Unione Europea, rivestire la forma di società di capitali e possedere, alternativamente, un capitale sociale di almeno 60.000 euro o un'assicurazione o altra garanzia equivalente che consenta di affrontare la responsabilità per negligenza nell'esercizio della propria attività professionale. La piattaforma ha il compito di valutare l’ammissibilità del progetto di finanziamento presentato dal promotore, ma nessun promotore può pubblicare contemporaneamente più di un progetto sulla stessa piattaforma. D'altro canto, l’importo massimo di raccolta fondi per progetto non può superare i 2.000.000 di euro.

L’art. 81 distingue anche tra investitori accreditati e non accreditati. I primi sono rappresentati da istituzioni, imprese che superano determinati livelli di attivo (1 milione di euro), fatturato (2 milioni) o risorse proprie (300.000 euro) e tutte le persone fisiche o giuridiche i cui crediti superino i 50.000 euro o detengano un patrimonio superiore a 100.000 euro e richiedano espressamente questo trattamento. La differenza comporta che se gli investitori accreditati possono investire senza alcun limite, quelli non accreditati sono soggetti a limiti annuali in relazione agli investimenti (ossia 3.000 euro per progetto e 10.000 euro per l’insieme delle piattaforme).

Per saperne di più:

Per un accesso diretto ai testi normativi italiani il lettore può consultare il Decreto-Legge. n. 179/2012; A. LAUDONIO, Equity-based crowdfunding: la protezione degli investitori nel prisma delle legislazioni europee e latino-americane, in Rivista delle Società, n. 5, 1° dicembre 2019. Per quanto riguarda la disciplina spagnola si rinvia alla Regolamento Consob n. 18592/2013; e, per un approccio scientifico alla materia, J. M. M. FABA, El crowdlending en España: regulación y experiencias. especial referencia a la PFP «comunitae», in Revista CESCO de Derecho de Consumo, 2015, n. 15; Ley 5/2015, de 27 de abril, de fomento de la financiación empresarial.

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