24 luglio 2021

Intersex, un’antologia multidisciplinare

Per un’analisi dell’intersessualità e in difesa dei diritti umani delle persone intersex

Che cos’è il sesso e quanti sessi esistono? Da due domande apparentemente banali derivano delle risposte decisamente meno banali e le cui implicazioni coinvolgono la scienza, la società e la politica.

 

Rispondiamo alla prima domanda: che cos’è il sesso? Potremmo considerarlo come il prodotto di un insieme di fattori che lo determinano: i cromosomi, i genitali, le gonadi, gli ormoni e le caratteristiche sessuali secondarie. Nell’immaginario tradizionale esiste un perfetto dimorfismo sessuale, negli uomini e nelle donne queste caratteristiche si manifesterebbero in modo opposto.

 

La risposta alla seconda domanda, quanti sessi esistono, sembra quindi ovvia, Però no, non esistono soltanto due sessi poiché il sesso non è una variabile dicotomica in cui o si è maschi o si è femmine.

 

La biologa Anna Fausto-Sterling, nell’articolo ormai storico The five sexes del 1993, in modo quasi provocatorio sostenne che nella natura umana esistono almeno cinque sessi. Riferendoci solo agli organi genitali e all’apparato riproduttivo, possiamo parlare di: maschi con pene e testicoli; femmine con vulva e ovaie; herms che hanno contemporaneamente sia i testicoli che le ovaie; merms con testicoli e alcune caratteristiche dei genitali femminili; ferms con ovaie combinate a qualche aspetto dei genitali maschili.

 

Gli effetti del lavoro di Fausto-Sterling furono dirompenti poiché da un lato rese evidente «che il sistema sessuale binario della nostra società non è adeguato ad includere l’intero spettro della sessualità umana» mettendo in discussione una convinzione diffusa, dall’altro lato intensificò le discussioni di carattere sociologico sulla determinazione sociale del sesso e della propria identità.

 

Fausto-Sterling mostrò l’esistenza delle persone intersex, che non rientrano nel binarismo maschio-femmina, davanti agli occhi della comunità scientifica e della società nel suo complesso. In passato si conosceva l'esistenza delle persone intersex, che erano definite come "ermafrodite", termine che porta in sé uno stigma e che proprio per questo non è più accettato dalla comunità scientifica e da chi si occupa di attivismo intersex. Gli effetti di tale presa di coscienza coinvolsero anche il mondo giuridico e della politica facendo emergere per la prima volta l’esigenza di legiferare in tutela dei diritti delle persone non binarie.

 

Procediamo con calma, per capire nel dettaglio chi sono le persone intersex, che cos’è l’intersessualità e come si è sviluppato e si sviluppa la discussione medica, sociale e giuridica attorno a questo tema.

 

Per farlo, faremo riferimento al testo Intersex. Un’antologia multidisciplinare, curato dalla sociologa Michela Balocchi, edita da ETS nel 2019 ed in cui sono presenti i contributi di sociologǝ, giuristǝ e scienziatǝ, per riuscire a restituire a chi legge la complessità dell’argomento trattato.

 

Iniziamo dalla definizione che Balocchi fornisce della parola intersex:

 

«Intersex è un termine ombrello con cui si comprendono tutte quelle variazioni di caratteristiche di sesso genetico/cromosomico, gonadico/ormonale, e/o anatomico (relativo alle caratteristiche sessuali primarie e secondarie) di una persona che non rientrano nelle tipiche nozioni binarie dei corpi considerati femminili o maschili».

 

Bisogna ricordare che il forte binarismo è tipico delle società occidentali, a causa della produzione filosofica e culturali su cui esse si basano.

 

La cultura occidentale trae le sue origini dalla produzione filosofica greca. Grazie ad Aristotele, il concetto di opposizione ha acquisito la sua centralità nella produzione del pensiero occidentale. Filosoficamente, l'opposizione è la condizione che qualcosa per le sue caratteristiche stia, materialmente e/o idealmente, in contrasto con altro: il maschio esiste in opposizione alla femmina e la femmina nasce in opposizione al maschio. I due opposti filosofici sono interdipendenti, esistono in funzione dell'esistenza del loro opposto, e si completano a vicenda: a partire dagli organi genitali, il maschio completa la femmina.

 

Tuttavia, come precisava Balocchi già nel 2013:

 

«La patologizzazione della variabilità intersessuale, e l’invisibilità che ne consegue, non è presente in tutte le culture. È presente in quelle società in cui vige uno stretto binarismo di sesso e genere, in cui il parametro che definisce la normalità si individua nella dualità maschio-femmina, uomo-donna e poi in tutte le altre dicotomie che ne conseguono, quindi quelle legate agli orientamenti sessuali che vengono ridotti a due possibilità (etero-omo), così come nella conformità dell’identità di genere al corpo biologico che, se riguarda la maggior parte delle persone, non le contempla però tutte, lasciando fuori le persone transgender e gender non conforming. Ci sono invece culture in cui il terzo genere, se così lo vogliamo chiamare, o meglio una categoria “altra”, è contemplata culturalmente e strutturalmente, e accoglie anche simbolicamente chi non si riconosce nel binarismo del sesso/genere».

 

Le persone intersex, dunque, presentano caratteri sessuali che non rientrano nelle tipiche nozioni binarie del corpo maschile o femminile.

 

Dagli studi di Fausto-Sterling emerge che l’1,7% della popolazione globale è intersex, la biologa ammette però che il reale numero di persone intersex sia sottostimato e la percentuale dovrebbe aggirarsi attorno al 4%. Le ragioni alla base della sottostima del dato sono diverse: in primis è necessario ricordare che le variazioni intersex possono essere varie e molto diverse tra loro e non tutte sono immediatamente riconoscibili alla nascita, come nel caso di persone con cromosomi XXY; in secondo luogo, quando l’intersessualità è visibile alla nascita con la presenza di genitali ambigui, i medici tendono a intervenire chirurgicamente riassegnando arbitrariamente un sesso allǝ bambinǝ intersex cercando di “normalizzare” il suo corpo facendolo rientrare forzatamente nel binarismo sessuale maschio-femmina.

 

Gli interventi di normalizzazione sono il frutto di una proposta avanzata dallo psicologo John Money e dagli psichiatri Joan G. Hampson e John L. Hampson negli anni ’50: in caso di genitali ambigui alla nascita sarebbe necessario intervenire sul/sulla bambino/a per riassegnare il sesso/genere. Si prevedeva un trattamento farmacologico e una ricostruzione chirurgica dell’apparato genitale, che avrebbe così assunto un aspetto più “normale”. In tal modo, sarebbe stato possibile inserire lǝ bambinǝ intersex in un corpo perfettamente maschile o femminile. Il percorso medico-chirurgico, da realizzare entro i 18 mesi di vita dellǝ neonatǝ, doveva essere affiancato ad un’educazione volta a socializzare lǝ bambinǝ al sesso/genere riassegnato dal medico. «Alla base del modello c’era la credenza secondo cui il neonato fosse psico-sessualmente neutro, ovvero che quella che chiamiamo identità di genere fosse malleabile attraverso una rigida educazione binaria e che a questa si dovesse unire un’estetica dell’anatomia genitale conforme al sesso assegnato», come spiegato da Balocchi in uno dei saggi dell’antologia.

 

Gli interventi di “normalizzazione” avvengono nonostante le variazioni intersex non siano fisiologicamente dannose e non rappresentino un pericolo per la salute dellǝ bambinǝ intersex. Anzi, ad esser messa in discussione, in quanto pericolosa, è la riassegnazione forzata e prematura del sesso. Gli effetti dell’intervento chirurgico rischiano di creare problemi fisici e traumi psicologici nelle persone che li hanno subiti.

 

«La chirurgia sui bambini e sulle bambine dovrebbe essere agita solo per salvare la vita del bambino/a o per migliorarne considerevolmente il benessere. Allo stesso tempo i medici dovrebbero essere abbastanza umili da riconoscere che, mentre il/la bambino/a cresce, potrebbe rifiutare la riassegnazione – e dovrebbero essere abbastanza saggi da ascoltare ciò che il/la bambino/a ha da dire. Cosa ancora più importante, i genitori dovrebbero avere accesso al pieno ventaglio di informazioni e opzioni a loro disponibili»

 

ribadisce Fausto-Sterling.

 

Quando si prendono delle decisioni in merito a dei/delle minori, bisognerebbe agire soltanto perseguendo il miglior interesse per lǝ bambinǝ. E qual è il miglior interesse per le persone minori intersex? Come anticipato, le variazioni intersex solitamente non rappresentano un pericolo per la salute ed il benessere dellǝ bambinǝ, dunque la scelta di intervenire chirurgicamente o meno apre una questione etica. Quando è opportuno intervenire? Soltanto nei casi in cui la variazione rischierebbe di compromettere la salute ed un sano sviluppo dellǝ bambinǝ stessǝ. All’interno dell’antologia prende una netta posizione sul tema lo scienziato e pediatra Alexander A. Kon:

 

«Mentre la chirurgia che corregge rischi immediati per la salute ricade chiaramente all’interno dello standard del miglior interesse, le procedure cosmetiche (la genitoplastica per creare genitali dall’aspetto più normale) sollevano maggiori questioni etiche. Storicamente, una neonata intersex è sottoposta a genitoplastica per ottenere una conformazione genitale più tipica, in accordo col genere di crescita. Di recente, tuttavia, adulti che sono stati sottoposti a queste procedure nella primissima infanzia o poco dopo hanno sollevato seri dubbi sugli interventi cosmetici precoci. Molti di questi pazienti raccontano delle considerevoli sofferenze causate dai ripetuti interventi subiti durante l’infanzia e sembrano essere ad alto rischio di calo del piacere sessuale nel lungo termine e di una potenziale incapacità a sperimentare l’orgasmo».

 

Gli scienziati e le scienziate, dallǝ endocrinologǝ allǝ psicologǝ, iniziarono a mettere in dubbio la validità degli interventi chirurgici di riassegnazione precoce del sesso sia per via delle evidenze scientifiche sopraesposte sia per merito del movimento per i diritti delle persone intersex, formatosi attorno agli anni ’90 negli Stati Uniti. In Italia, tuttavia, la nascita e l’affermazione di un movimento per i diritti delle persone intersex è stata un processo più lungo e complesso. Tra le prime studiose a occuparsi attivamente di tematiche intersex ci fu Michela Balocchi, la curatrice dell’antologia multidisciplinare, che iniziò a studiare e a scrivere sul tema già nel 2010. La sociologa racconta che

 

«Nel corso degli ultimi dieci anni, anche in Italia, la produzione scientifica sull’intersessualità è aumentata (in particolare in ambito sociologico, giuridico, antropologico e filosofico), ed è nato un riconoscibile movimento intersex, seppur fragile e frammentato. La maggior parte della popolazione con variazioni nelle caratteristiche di sesso, però, rimane nell’ombra, per scelta e/o per motivi legati alla perdurante stigmatizzazione e invisibilizzazione».

 

È giusto ricordare che nel 2013 il gruppo INTERSEXIONI, grazie al contributo di Balocchi, fu la prima realtà italiana a occuparsi attivamente di intersessualità e dei diritti umani delle persone intersex.

 

Una delle grandi sfide che il movimento intersex italiano deve ancora combattere è legata agli aspetti giuridici, poiché il rapporto tra diritto e intersessualità in Italia resta lacunoso e ambiguo. La giurista Anna Lorenzetti, a tal proposito, spiega che:

 

«Il sistema giuridico italiano, come molti altri sistemi occidentali, è ancora saldamente ancorato a un rigido dualismo che, ad esempio, impone alla nascita, l’assegnazione di ogni persona al sesso femminile o al sesso maschile e la necessaria corrispondenza fra sesso e nome. Simile aspetto, assieme ad altri istituti, colloca le persone intersessuali in una condizione di “minorità giuridica”, posto che il sistema mostra l’incapacità di “trattare” le persone in maniera adeguata alla peculiarità del caso concreto».

 

La questione dell’attribuzione di un sesso e di un nome corrispondente al sesso risulta essere problematica nel caso dellǝ bambinǝ intersex perché, in qualche misura, appoggia la pratica di intervenire chirurgicamente sul corpo del/della neonato/a, nonostante i rischi inerenti al miglior interesse del minore di cui abbiamo già trattato. Gli aspetti giuridici da trattare sono svariati, ma gli interventi chirurgici sui corpi dellǝ bambinǝ, e le conseguenti mutilazioni genitali ai danni delle persone intersex, hanno esposto l’Italia ad una particolare attenzione internazionale. Nel 2016 il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità ha, infatti, ammonito l’Italia per le mutilazioni genitali intersex. Tali pratiche violano quanto stabilito dall’articolo 17 CRPD sulla protezione dell’integrità della persona. Gli interventi chirurgici prematuri e la genitaloplastica interferiscono col rispetto dell’integrità fisica delle persone intersex e con la possibilità di autodeterminarsi. Nonostante siano passati cinque anni dall’ammonizione ONU, l’Italia non si è ancora dotata di una legge specifica in difesa dei diritti umani delle persone intersex.

 

Parlare di intersessualità e sensibilizzare sul tema, come si fa all’interno dell’antologia, è un primo passo per cercare di aprire una finestra di policy attraverso la quale favorire l’intervento del/la legislatore/trice in merito alla tutela dei diritti delle persone intersex.

 

 

Per saperne di più:

Balocchi M., Binarismo di sesso/genere e patologizzazione dei corpi intersex, ‘Contro Natura?’, Verona, Novembre 2013

Balocchi M. (a cura di), Intersex. Un'antologia multidisciplinare, ETS, 2019

Fausto-Sterling A., Sexing the Body: Gender Politics and the Construction of Sexuality , Basic Books, 2000

Fausto-Sterling A., (1993, Marzo/aprile ) The five sexes, “The Sciences”, 33, 20-24.

 

 

Immagine da Unsplash - Libera per usi commerciali

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata