23 ottobre 2018

Musica e armonia a corte: la lezione di Castiglione

Nell’ambito della cultura rinascimentale, la musica era un’arte che andava formando la propria identità anche storica. I fattori che determinano la presa di coscienza dell’arte musicale fra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento sono in particolare due: la progressiva emancipazione della tecnica musicale dall’impostazione tardoantica e medievale, con l’affermazione del linguaggio tonale; e l’invenzione della stampa musicale, con l’utilizzo da parte degli stampatori di specifici caratteri mobili.

 

La centralità dell’arte musicale nella cultura rinascimentale si può rintracciare anche nel dialogo Il libro del Cortegiano di Baldassar Castiglione (1528), testo chiave della cultura rinascimentale e vero e proprio “ritratto” del mondo della corte umanistica. Il dialogo si svolge alla Corte di Urbino, presso il palazzo di Guidobaldo da Montefeltro, dove un gruppo di invitati trascorre la serata svolgendo il gioco di società prescelto, quello di «formar con parole un perfetto cortegiano», ossia di costruire, attraverso le sequenze dialogiche dei vari partecipanti al gioco, un ritratto del perfetto modello dell’uomo di corte descrivendone, in particolare, il comportamento e le virtù a cui ispirarsi, ma anche l’educazione e i suoi rapporti con il Principe.

 

In primo luogo, la presenza della conoscenza dell’arte musicale si rintraccia come nucleo tematico all’interno delle tappe fondamentali dell’educazione del “perfetto cortegiano” delineate all’interno del testo. La padronanza della conoscenza musicale, nonché l’abilità nel canto e nell’uso degli strumenti musicali, vengono delineati fin da subito dai dialoganti fra le discipline e le attività a cui il cortegiano deve sapersi dedicare, dopo l’abilità nell’uso delle armi e la conoscenza delle lettere. Nel I libro, paragrafo XLVII, si legge infatti come il perfetto cortegiano debba essere anche un «musico», in particolare come debba essere «sicuro a libro» (ossia in grado di conoscere la partitura e la teoria musicale) e, al contempo, come debba saper padroneggiare l’utilizzo di «varii instrumenti». Queste competenze musicali vengono elencate e delineate nello specifico qualche paragrafo dopo, nel II libro, par. XIII: «Bella musica […] parmi il cantar bene a libro sicuramente e con bella maniera; ma ancor molto piú il cantare alla viola perché tutta la dolcezza consiste quasi in un solo e con molto maggior attenzion si nota ed intende il bel modo e l'aria […]. Ma sopra tutto parmi gratissimo il cantare alla viola per recitare; il che tanto di venustà ed efficacia aggiunge alle parole, che è gran maraviglia. Sono ancor armoniosi tutti gli instrumenti da tasti, perché hanno le consonanzie molto perfette e con facilità vi si possono far molte cose che empiono l'animo di musicale dolcezza. E non meno diletta la musica delle quattro viole da arco…».

 

A partire dall’abilità della lettura della partitura musicale (cantar a libro) fa seguito il cantare con accompagnamento musicale (cantare alla viola), attività che spesso veniva associata alla recitazione di un testo poetico (nelle forme del “mottetto” o della “frottola”, brevi componimenti di metrica e di schema rimico vario). Come osservato da Haar, questa pagina del testo di Castiglione sottolinea la legittimazione e l’elevazione progressiva dell’educazione musicale all’interno delle corti europee. L’insistenza dell’autore sulla “professionalità della musica” non esclude il suo aspetto performativo e unisce dunque tanto la conoscenza teorica quanto l’aspetto pratico dell’educazione musicale, la scienza e la pratica, permettendo così alla musica di assumere il proprio ruolo all’interno del programma culturale “umanistico”.

 

In secondo luogo, la centralità dell’arte musicale è rintracciabile all’interno del Cortegiano come “attività collettiva”, come parte di una precisa serie di costumi codificati e attività sociali riconosciute che andavano formandosi nella corte rinascimentale. A partire dalla descrizione del palazzo dei Montefeltro con cui si apre il dialogo fanno la loro comparsa, figurando fra le ricchezze con le quali Federico da Montefeltro ha voluto ornare il proprio palazzo, anche «instrumenti musici d’ogni sorte» (Libro I, par. II): questa descrizione introduttiva ritrae la corte di Urbino non solo come arricchita da oggetti materialmente rari e preziosi, che ne denotano lo splendore e lo sfarzo, ma si sofferma in particolar modo su quegli oggetti che indicano il prestigio culturale della corte, dove convivono pittura, scultura, lettere e anche musica. Anche gli “instrumenti” musicali sono quindi elemento simbolico di quelle arti che si esercitano nella corte, che ne costituiscono il prestigio e che ne compongono il ritratto. Questa presenza ritorna anche all’interno della narrazione del Cortegiano, in cui sono inserite nella finzione narrativa le attività serali a cui i personaggi presenti alla corte si dedicano nel palazzo di Urbino, fra le quali compaiono anche la musica e la danza. Castiglione conclude infatti il I libro con una scena collettiva nella quale il musico Barletta intrattiene la corte prima dello scioglimento dei convitati per la notte (Libro I, par. LVI). Come il perfetto cortegiano viene teorizzato nel dialogo da perfetti uomini di corte all’interno della “corte” per eccellenza, il modello di Urbino, così l’autore sceglie di inserire fra le attività della corte ideale, oltre al gioco della conversazione, l’attività della musica.

 

Tuttavia, la questione si può spingere oltre. La concezione musicale intesa come armonia, come insieme di rapporti numerici e di intervalli matematici fra note, di consonanze e dissonanze, fornisce una più profonda motivazione alla presenza della musica nella cultura umanistica: non solamente a livello tematico pratico, ma anche in un’accezione innanzitutto teorica, basata su un riferimento alla filosofia neoplatonica nota a Castiglione. Per lo stesso fondatore del neoplatonismo fiorentino, Marsilio Ficino, la componente teorica della musica occupava infatti un ruolo di rilievo all’interno del sistema delle arti: il concetto alla base della concezione ficiniana della musica era quello della “consonanza”, che viene ricondotta espressamente alla “proporzione” e che fa parte dell’essenza della bellezza. Per Ficino, l’anima dell’uomo è una sostanza costituita da armonia musicale, non originata dalle “complessioni stesse” dei corpi e degli umori, bensì un’armonia spirituale non legata ad alcuna qualità o movimento dipendente dal corpo. Sulla base di intervalli, consonanze e dissonanze che stanno alla base del funzionamento della musica quanto di quello, analogo, dell’anima, si teorizzavano le influenze che l’arte musicale poteva avere sullo spirito dell’uomo, le capacità di alleviarlo o turbarlo, ispirarlo alla virtù o spingerlo verso il vizio, agendo allo stesso modo in cui si pensava agissero gli influssi astrali dei pianeti e dei loro movimenti.

 

Dunque anche attraverso la conoscenza pratica dei meccanismi e degli effetti degli intervalli musicali si indagava il potere benefico o malefico della musica sull’animo dell’uomo. Ne consegue, sul piano pratico, che sulla base di tale armonia si debba orientare lo stesso comportamento del perfetto uomo di palazzo: l’influenza della musica può effettivamente agire sul piano morale e orientare il cortegiano verso i valori centrali della sua formazione. Come le note in una partitura musicale, così l’uomo di palazzo deve agire di modo che le sue azioni producano lo stesso effetto armonico “di cosa sprezzata”, in cui l’artificio è celato per evitare la terribile affettazione e ogni gesto si accorda perfettamente alle circostanze, producendo una sorta di “concerto” armonico fra tutte le virtù. Questa immagine si ritrova infatti nel paragrafo VII del II libro, in cui i concetti del campo semantico musicale della “concordanzia” e della “dissonanzia” fra note sono traslati ad indicare le azioni del cortegiano: «Però è necessario che 'l nostro cortegiano in ogni sua operazion sia cauto, […] e non solamente ponga cura d'aver in sé parti e condizioni eccellenti, ma il tenor della vita sua ordini con tal disposizione, che 'l tutto corrisponda a queste parti, e si vegga il medesimo esser sempre ed in ogni cosa tal che non discordi da se stesso, ma faccia un corpo solo di tutte queste bone condizioni; di sorte che ogni suo atto risulti e sia composto di tutte le virtú, […] e tutte sono talmente tra sé concatenate, che vanno ad un fine e ad ogni effetto tutte possono concorrere e servire».

 

Parallelamente a questa premessa teorica riguardante l’animo dell’uomo, nel libro del Cortegiano l’armonia neoplatonica viene assunta quale elemento metaforico a cui associare i comportamenti del perfetto uomo di palazzo così come gli stessi equilibri della corte di Urbino, all’interno di un progressivo processo di idealizzazione messo in atto da Castiglione. Precisamente come l’animo umano è regolato dal principio armonico, così lo è di fatto anche il mondo della corte e la natura tutta, secondo la perfetta corrispondenza neoplatonica fra macrocosmo e microcosmo: l’armonia si presenta tanto nelle azioni del perfetto cortegiano, descritto nel dialogo, quanto nella stessa attività di conversazione e di gioco dei convitati, in cui i personaggi uniscono in armonia le loro voci, quasi fossero parte di un’orchestra in cui le varie tonalità degli strumenti “acccordati” fra loro formano un unico e concorde concerto armonico. Infine, nel passaggio finale del dialogo, l’armonia e la perfezione del mondo chiuso della corte trovano una corrispondenza con il mondo esteriore: secondo una corrispondenza neoplatonica, anche il mondo naturale è infatti governato dalle leggi armoniche dell’armonia.

 

Mondo della corte e mondo esterno si specchiano l’uno nell’altro: l’armonia della “macchina del mondo”, del macrocosmo, si riflette nella concordia del microcosmo, la corte. Nel IV libro, nello scoprire l’alba che ha sorpreso i personaggi ancora intenti al gioco, si descrive il paesaggio idillico e armonioso dominato dalla luce mattutina, mentre alle voci dei personaggi che hanno partecipato al dialogo si sostituiscono, ancora una volta con un termine musicale, i «dolci concenti dei vaghi augelli».

 

 

Per saperne di più:

Il testo di Castiglione si può facilmente reperire nell’edizione a cura di Amedeo Quondam, Il Libro del Cortegiano, Milano, Garzanti, 2013. Alcuni importanti studi sul tema della musica nel Cortegiano sono: Haar James, The Courtier as Musician: Castiglione’s view of the science and art of Music, in Castiglione: the Ideal anc the Real in Renaissance Culture, a cura di R. W. Hanning e D. Rosand, Yale University Press, New Haven - London, 1983, pp. 165-189; Kemp Walter, Some notes on Music in Castiglione’s “Il libro del Cortegiano”, in Cultural aspects of the Italian Renaissance: Essays in Honour of Paul Oskar Kristeller, ed. Cecil H. Clough, New York, 1976, pp. 354-369. Sulla tematica della musica nel Rinascimento e sul concetto di armonia: Pirrotta Nino, Musica e Umanesimo, in «Lettere italiane», vol. 37, 1985, pp. 453-470; Spitzer Leo, L'armonia del mondo. Storia semantica di un'idea, a cura di V. Poggi, Bologna, Il Mulino, 2009.

 

Immagine di corredo: foto di Nietjuh su Pixabay, licenza CC0.

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