Molti sono gli elementi che accomunano due delle principali opere della letteratura inglese tra i secoli Sedicesimo e Diciassettesimo, l’opera teatrale La tragica storia del Dottor Faust di Christopher Marlowe e il poema epico Paradiso Perduto di John Milton. Tra questi, i più evidenti sono il tema della ricerca di una conoscenza sovrumana, che rasenta il divino, così come il motivo letterario, presente in alcune narrazioni medievali e rinascimentali, della vendita della propria anima al demonio. Nonostante tutti questi punti di contatto, però, ciò che più accomuna le due opere è la costante presenza, esplicita o tra le righe, del tema della paura, che si palesa, seppur in forme diverse, nei passi cruciali di entrambi i testi.

In primo luogo, il tema della paura è presente nei già citati motivi medievali ai quali entrambe le opere vengono, almeno in parte, ispirate, accomunati, questi,  dalla  persistenza di un sottotono inquietante, volto ad impaurire lo spettatore o il lettore.

Nel caso della pièce teatrale di Marlowe, ad esempio, la trama è tanto semplice quanto incisiva ed efficace nel suo intento di tenere alta la tensione e il senso di timore dello spettatore: un uomo estremamente colto decide, frustrato dall’incapacità della mente umana di detenere una conoscenza illimitata, di fare un patto col diavolo, affidandogli la propria anima in cambio della tanto agognata onniscienza. Allo stesso modo Milton dipinge, nel suo Paradiso perduto, alcuni dei principali episodi della Bibbia: la caduta di Lucifero, la sua trasformazione in Satana, l’espulsione di Adamo ed Eva dal Giardino dell’Eden – aggiungendovi, però, un tono quasi gotico: anche le atmosfere del poema sono, infatti, immerse in un contesto di costante tensione e suspense;  soprattutto, sono centrate sulle terribili conseguenze che i peccati dei personaggi hanno sui loro responsabili.

Nel caso del Dottor Faust, inoltre, il senso di paura che caratterizza l’opera non è relativo soltanto all’aspetto testuale della pièce teatrale, ma anche alla sua componente visiva e scenografica. L’opera, difatti, è pensata per un tipico pubblico del Sedicesimo secolo – dunque, per un pubblico per il quale le storie folkloristiche riguardanti il demonio e la sua minaccia rappresentano una vera e propria credenza. La peculiarità della Tragica storia del Dottor Faust, in questo senso, è, come ben illustrato da M.H. Abrams e S. Greenblatt nel commento alla pièce pubblicato all’interno dell’Antologia Norton della Letteratura Inglese, la presenza sulla scena di vari attori nei panni di  veri e propri demoni dall’aspetto inquietante: essi non si limitano, nel corso dell’opera, ad apparire sul palco; al contrario, il loro ruolo principale è proprio quello di comparire all’improvviso nella platea, per spaventare il pubblico e spingerlo più a fondo nell’atmosfera della tragedia.

Lo stesso senso di inquietudine è presente anche nel poema di Milton, sebbene , com’è ovvio, esso sia creato in maniera molto differente. In questo caso, infatti, nasce principalmente dall’immedesimazione del lettore nei personaggi protagonisti: perfino Satana, nel Paradiso Perduto, viene umanizzato – all’inizio, addirittura, quasi eroicizzato, diventando egli un personaggio nel quale il lettore vorrebbe potersi riconoscere e al quale vorrebbe tendere, grazie alle sue qualità positive sia fisiche, quali la forza e la bellezza, che mentali, come l’intelligenza e il carisma. Spontanea  dovrebbe essere, poi, l’immedesimazione del lettore nelle figure di Adamo ed Eva che, per Milton come per la tradizione biblica classica, si pongono come simbolo dell’intera umanità. La causa primaria del senso di inquietudine che si prova nella lettura dell’opera è, dunque, la tragica fine dei protagonisti, che funge quasi da ammonimento per il lettore stesso.

Il finale del poema, così come quello della pièce teatrale di Marlowe, è, d’altronde, altra dimostrazione di quanto il tema della paura sia preponderante in entrambe le opere letterarie. Esso si presenta, infatti, come punto fondamentale nel racconto delle cadute fatali dei personaggi: la più evidente e conosciuta tra queste potrebbe essere, ad esempio, l’espulsione di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre in seguito alla loro disobbedienza nei confronti di Dio. La caduta del genere umano è infatti tra i temi principali del poema epico di Milton, insieme alla caduta dal Paradiso, il cui protagonista è invece Satana.

Le due trame condividono vari elementi e parallelismi, che possono essere anche comparati alla dannazione dell’anima di Faust nella pièce teatrale di Marlowe. Nonostante non sia una letterale caduta dal Paradiso, infatti, la punizione del dottore è ugualmente severa e rappresenta, seppur non quella di tutta l’umanità, almeno la caduta del protagonista, causata dal suo difetto fatale (simile a quelli utilizzati da Shakespeare nelle sue tragedie per determinare la morte o la sconfitta dei suoi protagonisti) - e in questo modo mette in scena  le paure intrinseche al personaggio.

Difatti, la conoscenza delle arti oscure è dapprima attraente per il protagonista, ma, alla fine della propria vita, il dottore inizia, appunto, a temere le terribili conseguenze che gli spettano. Il fatto che il suo patto col diavolo sia «caratterizzato dal completo rifiuto, da parte di Faust, di Dio e degli ideali cristiani», come spiegato da Shereen Abu Hait nella sua tesi di laurea The forbidden quest for knowledge in Doctor Faustus and Paradise Lost, lascia presto intravedere la natura e le conseguenze della sua caduta.

Inoltre, nonostante le varie opportunità di voltare le spalle al demonio e di trovare la sua redenzione - opportunità che gli vengono date lungo tutta la durata della tragedia -, la sua sete di fama e riconoscimento lo consuma al punto che, continua Abu Hait, «ogni decisione di attuare fino alla fine il compimento del patto oscuro porta il dottor Faust lontano dalla possibilità di redimersi». Le sue stesse speranze si trasformano, alla fine dell’opera di Marlowe, nelle paure peggiori del protagonista, la cui anima viene dannata a causa della sua propria ambizione. Essa viene infatti condannata a morire dopo ventiquattro anni di una libertà incondizionata in realtà illusoria, e, mentre il protagonista prega addirittura Dio, nei suoi ultimi attimi di vita, di avere pietà e risparmiarlo, Lucifero si presenta al suo cospetto per portare l’anima promessa alla sua dannazione eterna.

Per quanto riguarda la cacciata di Adamo ed Eva dal Giardino dell’Eden, invece, si possono trovare molteplici punti di divergenza, se comparata alla dannazione dell’anima del dottor Faust appena illustrata. Per esempio, la coppia non chiede il perdono di Dio, né essi sembrano pentiti delle proprie azioni. Nel loro caso, la paura delle conseguenze non sembra toccarli affatto. Al contrario, i versi del poema di Milton che narrano  questo episodio mostrano una sorta di speranza intrinseca:

Allora si volsero indietro, e videro il fianco orientale del Paradiso,

felice albergo un tempo ora perduto,

quasi ondeggiante ai bagliori di fiamma

di quella spada, e la porta affollata di volti tremendi

e di armi crudeli. Lacrime naturali scivolarono

dai loro occhi, ma le asciugarono subito; il mondo

stava davanti a loro, dove guidati dalla Provvidenza

scegliere il luogo in cui fermarsi: la mano nella mano,

per la pianura dell’Eden a passi lenti e incerti

presero il loro cammino solitario (Milton, 1667).

Contrariamente a quella del dottor Faust, i cui libero arbitrio e libertà vengono minacciati e danneggiati dal momento in cui egli vende la propria anima al diavolo, la dannazione di Adamo ed Eva sembra esattamente ciò che dona loro la propria libertà di scelta. La paura caratterizzante la caduta di Faust dal suo status di privilegio a quello di eterno dannato qui è totalmente assente. Anzi, al contrario, la caduta del genere umano appare quasi come un sollievo che rincuora la coppia, donandole coraggio e speranza.

Seppur sia evidente, dunque, un elemento apparentemente ottimista nell’epilogo di Adamo ed Eva, rimane comunque da prendere in considerazione l’ammonimento e la spinta all’immedesimazione con cui il narratore si rivolge al lettore:  causa entrambi, anche qui, di un’inquietudine generale, che tende a sovrastare la speranza emergente dagli ultimi versi del poema - anche in questo caso, se ci si pone nell’ottica del pubblico al quale tali opere sono rivolte, l’elemento della paura è presente.

Nonostante ciò, è la presenza della speranza di cui sopra ciò che più differenzia la caduta di Adamo ed Eva da quella di Satana. Come si è già fatto notare, la cacciata della coppia dall’Eden ha una funzione quasi lenitiva, mentre quella del dottor Faust è totalmente nociva e deleteria. La caduta di Satana dal Paradiso è, in un certo senso, una combinazione delle due. Difatti egli è, come si evince dalla celeberrima frase pronunciata dallo stesso protagonista in uno dei suoi monologhi («Meglio regnare all’Inferno, che servire in Paradiso»), almeno in una certa misura, soddisfatto dei risultati della propria ricerca della conoscenza – nonostante si trovi all’Inferno, regnare sul suo proprio regno è in ogni caso preferibile all’essere un suddito di Dio.

Comunque sia, però, questo risultato positivo è solo superficiale e illusorio, dato il fatto che l’assoluto tradimento nei confronti di Dio porta alla degradazione sia fisica che mentale di Satana, che si trasforma nella sua stessa prigione mentale. Come perfettamente espresso da Charles Mathewes, «egli è perennemente paranoide del fatto che, difatti, sia tutto nel piano di Dio – che la sua caduta sia nel piano di Dio, che la tentazione di Adamo ed Eva sia nel piano di Dio […] – che l’intero piano sia quello di Dio, e non quello di Satana, e che Satana stesso sia solamente una pedina nel teatro di Dio». Perfino il suo corpo, poi, subisce la punizione di Dio. «Nel Libro I egli è una figura forte e imponente, con grandi abilità di leadership e di politico, mentre alla fine del poema se ne torna strisciando all’Inferno sotto forma di serpente», scrive Shenghua Yang nella propria tesi sull’immagine di Satana nel Paradiso Perduto.

Il finale della storia di Satana è, perciò, un insieme della realizzazione delle sue più alte speranze – la sete di potere e di libertà incondizionata, che lo portano a ribellarsi a Dio – e delle sue più profonde paure – quella di essere, in realtà, sempre e comunque inferiore a Dio stesso -. La paura e la paranoia sono in fondo  gli elementi più propri del Satana dell’ultimo Libro del Paradiso Perduto, le conseguenze più evidenti delle sue azioni.

Anche da un’analisi più approfondita, riguardante gli stessi personaggi delle due opere prese in considerazione, dunque, il risultato resta quello che considera la paura uno dei temi principali e fondamentali del Dottor Faust e del Paradiso Perduto, senza la quale, con tutta probabilità, le stesse non avrebbero senso – o, comunque, perderebbero gran parte del proprio fascino, dato in larga quantità proprio dalle atmosfere cupe e inquietanti, dall’immedesimazione con i protagonisti e con la loro fine tragica; con, infine, un  leggero bagliore di speranza - oscurato tuttavia, nel caso di Adamo ed Eva, dall’ammonimento per il lettore che l’autore vuole diffondere e dalla tensione che ne deriva.

Per saperne di più:

Abu Hait, S. (2013), The forbidden quest for knowledge in Doctor Faustus and Paradise Lost [Tesi di laurea, Middle East University].

Mathewes, C. (2021), “Paradise Lost” and Satan’s Rebellion.

Yang, S. (2015), Body narrative of the image of Satan in Paradise Lost [Tesi di laurea, China West Normal University].

Immagine da Wikimedia Commons, libera da copyright.

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