Durante la seconda metà del XVIII secolo, tanto nel campo dell’arte figurativa quanto in quello della letteratura, si assiste al proliferare di una serie di immagini e rappresentazioni paesaggistiche di luoghi ameni e solitari, ma anche all’allestimento di giardini presso le case aristocratiche, alla moda della villeggiatura in campagna, nonché alla descrizione letteraria di scenari naturalistici che si moltiplicano in tutta Europa ed in particolare nel contesto della cultura francese. Nel campo dell’arte figurativa e della letteratura si manifesta il passaggio da quella che si può definire una “descrizione della natura” alla comparsa di un inedito “paesaggio”: il mondo naturale, che prima aveva occupato un ruolo marginale, di sfondo, rispetto al vero soggetto della rappresentazione (artistica o letteraria), viene posto ora al centro dell’immagine, diviene cioè il focus della rappresentazione.
Il “paesaggio” viene innanzitutto definito, secondo gli studi di Jakob, come una «rappresentazione in relazione spaziale con la natura»: ciò che lo differenzia dalla “descrizione” del mondo naturale consiste dunque nel suo essere in qualche modo un oggetto “relazionale”, ossia il prodotto di una relazione che si instaura tra un soggetto – il quale conduce l’esperienza di osservazione da una propria prospettiva – e la natura circostante. L’importanza di questo cambiamento risiede precisamente nella nuova centralità assunta dall’operazione del soggetto, che in qualche modo “ritaglia” nel mondo naturale un ridotto quadro di senso creandone un’immagine artistica. In quest’operazione estetica è stato rilevato il bisogno di ritrovare un nuovo orizzonte di senso per l’uomo, nel momento in cui andava venendo meno una precedente e pacifica rappresentazione del mondo di tipo cartesiano, basata sulla razionalità: come sottolinea Jakob, la crisi del logos, di un ordine “naturale” presente nell’universo, avrebbe scatenato la ricerca di una soluzione alternativa nel campo dell’arte, nel “ritaglio” di «frammenti dotati di senso che possano essere applicati alla totalità», quasi nel tentativo di «addomesticare la natura».
Lo studio del “paesaggio letterario” concerne dunque la codificazione del mondo esterno all’interno di un quadro culturale, ma anche la percezione che il soggetto ha di sé al suo interno e, infine, i rapporti fra questi due elementi, fra io e natura. Questa relazione subisce una svolta nel corso del XVIII secolo: la visione della natura come totalità razionale, come “macchina perfetta”, ordinata e autoregolatrice, viene messa in crisi, abbandonando una visione unicamente razionalista e “sistematica” del mondo e conferendo maggiore rilevanza alla sensibilità del soggetto, dopo la “rivoluzione empirista” di Locke (con il Saggio sull’intelletto umano, 1690). L’osservazione empirica soppianta così l’esprit de système, la verifica sperimentale dei fenomeni fisici diviene fondamentale rispetto alla congettura teorica. Si verifica un vero “ritorno alla natura” attraverso un approccio empirico che mette in crisi la precedente visione: si afferma il primato delle scienze naturali, della botanica e della chimica, il mondo naturale viene posto al centro dell’interesse di scienziati, letterati e filosofi che moltiplicano la produzione di trattati sulla descrizione della natura.
Fra questi, spicca l'Histoire naturelle, générale et particulière di Buffon (1707-1788), pubblicata a partire dal 1749 dal naturalista francese che si propone di descrivere l’intero mondo della natura in tutte le sue forme, dalla geologia al mondo vegetale, dal mondo animale alla storia dell’uomo, assumendo la connotazione di una descrizione della natura nel suo insieme, nella sua complessità totale (générale) e in ogni suo elemento compositivo, animale, vegetale e minerale (particulière). Quella della Natura diviene una vera e propria “storia” che lo sguardo del naturalista vuole cogliere nel suo divenire, cercando di chiarirne anche i complessi aspetti legati alla formazione al mutamento, nonché nel suo differenziarsi internamente nelle varie parti in tutte le sue sfumature intermedie. La sua visione sarà ripresa anche da Diderot (1713-1784), il quale elabora una visione del mondo naturale basata sull’unità della natura e sulla libera combinazione delle molecole: edificando la propria ricerca unicamente sui dati empirici e sull’osservazione dei fenomeni naturali, Diderot inserisce l’evoluzione del mondo naturale in una catena temporale che rispetta leggi fisiche del tutto proprie, organizzata secondo un libero passaggio dall’organico all’inorganico determinato materialisticamente dall’organizzazione delle molecole. Molte delle teorie di Diderot si ritroveranno nell’Encyclopédie, il grandioso progetto di divulgazione scientifica intrapreso nel XVIII secolo (a partire dal 1751) proprio in questo clima culturale.
Il mutamento degli schemi concettuali con cui si osserva il mondo naturale comporta dei cambiamenti profondi anche sulla percezione che l’essere umano ha nei confronti di sé: nel XVIII si modifica profondamente la visione del soggetto stesso, non più inteso classicamente come un qualcosa di “dato”. Se con Locke la percezione sensibile veniva assunta a fondamento dell’esperienza umana, una vera rivoluzione del soggetto viene operata da Rousseau (1712-1778): secondo questo autore, l’essere umano percepisce la propria esistenza grazia ad un intimo sentimento dell’io, una forma di coscienza sentimentale alla base di ogni esperienza sensoriale e razionale. La natura dell’uomo si compone di disposizioni primitive e sentimentali verso il mondo, da cui l’essere umano si sarebbe tuttavia allontanato con lo sviluppo della civiltà, che lo avrebbe portato ad un distacco dalla propria natura originaria, da un contatto pieno e diretto con il reale. La possibilità di conoscenza del mondo naturale, ossia la possibilità dello sguardo dell’uomo verso la natura, poggia le sue basi sulla soggettività umana: come osserva Starobinski, secondo Rousseau la struttura fenomenica del mondo viene indagata sempre da un essere umano dotato di una propria coscienza, che si scontra con il velo di apparenza a cui è legato il mondo reale. Di conseguenza, la realtà “vive” solamente nel momento in cui entra in contatto con l’io: come viene detto nell’ Émile (1762), «c’est dans le coeur de l’homme qu’est la vie du spectacle de la nature». Il rapporto con il mondo naturale non consiste per Rousseau in una reinterpretazione del mondo da parte del soggetto, ma in una proiezione di questo sulla natura, in un percorso che porta soggetto e natura ad avvicinarsi, fino a scomparire nell’io. Sempre più la rappresentazione del paesaggio in letteratura diviene perciò il luogo della soggettività e dell’effusione sentimentale, anticipando la visione romantica: i bellissimi paesaggi letterari della Nouvelle Héloïse (1761), fra i quali quello alpino descritto nella Lettera XXIII, rappresentano questo nuovo statuto della rappresentazione del mondo naturale.
Ero partito rattristato dalle mie pene e consolato dalla vostra gioia: e così mi ritrovavo in un certo stato languido che non è senza incanto per un cuore sensibile. […] Avrei voluto fantasticare, ma sempre qualche spettacolo inaspettato mi distraeva. Ora immense rupi mi pendevano sul capo come rovine. Ora alte e fragorose cascate m’inondavano con il loro fitto pulviscolo. Ora un torrente eterno mi spalancava accanto un abisso di cui i miei occhi non ardivano misurare la profondità. A volte mi smarrivo nell’oscurità di un folto bosco. A volte, uscendo da un burrone, un’amena prateria improvvisamente mi rallegrava lo sguardo.
L’apparizione di un inedito “paesaggio letterario” si lega inscindibilmente con lo schema culturale in cui si inserisce la percezione del reale da parte dell’osservatore: con il venire meno di una concezione del mondo naturale razionalmente ordinata dal logos, con la nuova visione che il soggetto ha del suo posto all’interno del mondo e della sua facoltà di reinterpretarlo e di proiettarsi al suo interno, si ricerca nel paesaggio artistico una modalità alternativa per dare senso alla realtà.
Per saperne di più:
Riguardo al paesaggio, si vedano gli studi di Michael Jakob, Il paesaggio, Bologna, Il Mulino, 2009 e Paesaggio e letteratura, Firenze, Olschki, 2005; di Alain Roger, Breve trattato sul paesaggio, Palermo, Sellerio, 2009. Le opere di Buffon si possono leggere nell’edizione: Buffon, Œuvres, a cura di S. Schmitt, Parigi, Gallimard, Bibliothèque de la Pléiade, 2007. Sugli altri autori si possono leggere: Denis Diderot, Pensieri sull’interpretazione della natura, a cura di P. Quintili, Roma, Armando Editore, 1998; John Locke, Saggio sull’intelletto umano, a cura di M. G. D’Amico e V. Cicero, Firenze, Bompiani, 2004; Jean-Jacques Rousseau, Emile o dell’educazione, a cura di M. Valensise, Milano, Rizzoli, 2009; Giulia o la nuova Eloisa, a cura di E. Pulcini e P. Bianconi, Milano, Rizzoli, 2015.