Nel 1932, in un’intervista con uno dei più noti giornalisti europei, Emil Ludwig, Mussolini parve riconoscere delle vere e proprie similitudini tra la rivoluzione fascista in Italia e la coeva rivoluzione bolscevica in Russia: «In tutta la parte negativa ci somigliamo. Noi e i Russi siamo contro i liberali, i democratici, il parlamento». Luciano Zani riporta questa intervista come punto di partenza di un’analisi della percezione fascista del comunismo sovietico, la quale segue altri importanti contributi ad opera di Petracchi e Gentile.

Della stessa opinione di Mussolini erano anche altri esponenti del regime o semplici viaggiatori, per i quali era necessario superare l’equazione fascismo = antibolscevismo, per enfatizzare la carica fortemente anti-borghese ed anti-plutocratica del fascismo. Il mito rivoluzionario sovietico appariva di fatto come il più funzionale alla cultura popolare russa, tanto quanto il mito rivoluzionario fascista lo era per il contesto italiano. Nel discorso alla Camera del 7 giugno 1924, a pochi giorni dal rapimento di Matteotti, Mussolini invitò alla ricerca di una sintesi feconda e vitale delle due grandi esperienze rivoluzionarie russa ed italiana.

Secondo le coeve interpretazioni di Giovanni Gentile l’esperienza fascista rappresentava un superamento spirituale del marxismo. L’Unione Sovietica divenne inoltre molto presto un partner economico e strategico di primaria importanza oltreché un modello da imitare. Giuseppe Bottai, ad esempio, approfondì i caratteri dell’economia pianificata sovietica su «Critica fascista». Numerosi intellettuali e giornalisti fecero visita al “paese dei Soviet”, mossi da una curiosità e da un interesse molto diversi da quelli dei coevi viaggiatori anglosassoni. Rispetto a questi ultimi spiccava la ricerca di una radice comune, di una risposta diversa alla sfida comune posta all’uomo dalla modernità. La fede politica e religiosa che accomunano i due esperimenti totalitari fecero scaturire una sorta di ammirazione per la Russia sovietica da parte degli osservatori italiani. Scrisse Italo Balbo: «Chi professa fortemente una fede politica rispetta quella degli altri, anche, e soprattutto, quando la combatte». Di fatto il bolscevismo era ancora il “nemico” da combattere, ma appariva come un nemico degno di maggiore considerazione, meno “subdolo”, meno “plutocratico”, da affrontare ad armi pari.
Luigi Barzini, che visitò la Russia nel 1934, annotò la solidità del regime sovietico come vera spina dorsale del Paese. L’Internazionale ascoltata in piedi e sull’attenti era la prova di una ancestrale volontà di potenza del popolo russo, quasi quanto la Marcia Reale in Italia. Profonda era anche l’ammirazione per Stalin il quale, con la sua brutalità, era ritenuto l’unico in grado di tenere insieme un Paese come la Russia.

Gli osservatori italiani però notarono anche i paradossi e le “antitesi assurde” della Russia sovietica, Paese sì organizzato e totalitario ma anche fortemente meccanizzato e dai tratti profondamente “asiatici”. In effetti, se la comune ostilità verso le potenze capitalistiche sembra condensare due rivoluzioni così differenti, altri viaggiatori come Renato Bova Scoppia descrissero “l’abolizione della personalità, i numeri che hanno sostituito l’uomo, i volti senza espressione, gli occhi senza colore” della Russia di Stalin. Lo spirito era stato ucciso. Ciononostante tutto questo poteva sembrare ancora necessario ad un popolo come quello russo, destinato ad essere sempre governato con “metodi forti”. Per questo motivo la rivoluzione fascista era percepita come sostanzialmente diversa e potenzialmente superiore. Se la rivoluzione russa era pur sempre la rivoluzione di un Paese asiatico traslato in Europa, quella italiana si assumeva l’onere della rinascita di tutta la civiltà occidentale. «Roma o Mosca? Roma» fu la risposta degli intellettuali italiani e fascisti a tanti anni di analisi e di studio delle condizioni del nemico sovietico. Contro la presunta dissacrazione dei valori e della civiltà dell’Occidente e dell’individuo, il fascismo si proponeva, nelle parole di Bottai, come «sistema, concentrico, perfetto, di entità politiche e sociali, fino a ieri tra loro dissociate, inserendo l’uomo nella categoria, la categoria nella società, la società a sua volta nella preminente e sovrastante autorità dello Stato». L’immagine dello scontro tra i due totalitarismi divenne quella di due lottatori pronti a contendersi con stili diversi l’onere della ricostruzione di un mondo nuovo.

Nel 1931 Mussolini scrisse come non fosse più questione di decidere tra repubblica o monarchia, ma tra comunismo o fascismo. Mosca andava capita, studiata e infine negata. Ciò che più veniva criticato era il sistema di lavori forzati messo insieme dal governo sovietico. Da un punto di vista economico la soluzione alla crisi dell’Occidente era invece, secondo gli osservatori fascisti, da ricercare più che nella brutale organizzazione sovietica, nei metodi “costruttivi” fascisti, la più compiuta manifestazione dell’economia programmatica che si stava manifestando anche in Germania e negli Stati Uniti.
Si passava così dall’analisi alla decostruzione, per giungere infine alla demistificazione e ciò che si configurava come lo scontro finale per l’egemonia ideologica globale si può in realtà riassumere nel confronto serrato tra due religioni nelle parole di Gentile: «integraliste e intolleranti che pretendevano di definire il significato e il fine ultimo dell’esistenza individuale e collettiva attraverso un sistema obbligatorio di credenze, di miti, di riti e di simboli». Due facce della modernità totalitaria.

Per saperne di più:

Tra le opere di Emilio Gentile, uno dei principali studiosi del fascismo, si ricordano Fascismo. Storia e interpretazione, Laterza, Bari 2002; Modernità totalitaria. Il fascismo italiano, Laterza, Bari 2008; Le origini dell’ideologia fascista, 1918-1925, Il Mulino, Bologna 1996. Altro contributo utile all'approfondimento è quello di Petracchi, Roma e/o Mosca? Il Fascismo di fronte allo specchio, in Nuova Storia Contemporanea, 2002, 1.

Foto tratta da Illustrazione Italiana, 1922, n. 45 [Public domain], via Wikimedia Commons (https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/9/97/March_on_Rome_1922_-_Mussolini.jpg)

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