Contributo allo studio della dis...

Nascosi, Alessandro

Alessandro Nascosi
Contributo allo studio della distribuzione della somma ricavata nei procedimenti di espropriazione forzata
Jovene
Napoli 2013
pp. X-251


Con la sua monografia Alessandro Nascosi fornisce un utile contributo allo studio della distribuzione della somma ricavata al termine dei vari procedimenti di espropriazione forzata. In particolare, l’Autore focalizza la propria attenzione sui momenti che caratterizzano la formazione di tale istituto, che vanno dalla proposizione della domanda sino all’emissione da parte del giudice dell’esecuzione dell’ordinanza distributiva contenente i mandati di pagamento a favore dell’unico creditore o dei creditori in caso di pluralità, soffermandosi in particolar modo sull’aspetto più critico di tale procedimento, qual è quello dell’eventuale insorgere di controversie distributive ai sensi dell’art. 512 c.p.c. .
Dopo una breve premessa nella quale illustra le questioni oggetto della sua indagine, Nascosi inizia la sua trattazione descrivendo le peculiarità del procedimento di distribuzione della somma ricavata nei vari giudizi espropriativi durante la vigenza del c.p.c. del 1865, senza tralasciare l’esame delle controversie distributive e delle opposizioni di merito e di ordine.
Mentre nel capitolo successivo entra nel vivo del tema, esaminando le modalità con cui si attua la distribuzione della somma ricavata, partendo dai rapporti intercorrenti tra la fase di riparto ed i precedenti stadi del giudizio esecutivo. Ricorda, anzitutto, i due orientamenti dottrinali sorti su tale punto. Per il primo di questi orientamenti, nell’ambito dell’espropriazione forzata debbono distinguersi due rapporti (rectius: due azioni), uno espropriativo e l’altro satisfattivo, e ciò in virtù del potere conferito al creditore di due distinti poteri: l’uno di espropriazione (con cui provoca la liquidazione forzata del bene pignorato) e l’altro di soddisfazione (in virtù del quale i soli creditori titolati – in forza della legittimazione conferitagli dal titolo esecutivo – possono compiere atti del processo esecutivo), a differenza di quelli sforniti di titolo esecutivo che possono soltanto partecipare alla distribuzione perché titolari della sola azione satisfattiva originata dalla vendita forzata. Per il secondo orientamento - che oltretutto risulta essere anche maggioritario - l’azione esecutiva è un’azione <<unitaria>> che si articola in due distinte fasi legate fra loro da un nesso di funzionalità, nel quale l’espropriazione liquidativa e quella satisfattiva sono due momenti di <<un processo esecutivo unitario>>, con la conseguenza che il creditore è titolare di unico potere, in forza del quale egli provvede all’esproprio del bene e da ciò consegue la soddisfazione delle relative pretese. L’Autore aderisce in maniera decisa a quest’ultimo orientamento. La principale ragione che l’ha indotto a tale scelta risiede nella circostanza che il primo orientamento, nel configurare l’azione liquidativa come un’azione che necessita del titolo esecutivo, e quella satisfattiva come un’azione aperta anche ai creditori non titolati, oggi non è più di attualità, in quanto sul punto la riforma del 2005 ha prescritto la sussistenza di un titolo esecutivo (o comunque di un riconoscimento esplicito o implicito del credito da parte del debitore-esecutato) per intervenire e poter partecipare immediatamente al riparto. Stabilito ciò, Nascosi passa ad analizzare l’istituto dell’intervento (ex artt. 499–500 c.p.c.) quale strumento che realizza in via principale il concorso dei creditori nell’espropriazione forzata, in quanto per mezzo di esso il creditore interveniente evita di incardinare un’altra procedura espropriativa da affiancare a quella intrapresa dal creditore pignorante. Grazie all’intervento entra in scena affiancandosi allo stesso creditore pignorante al fine di partecipare al riparto della somma ricavata in attuazione del principio della par condicio creditorum di cui all’art. 2741 c.c. . L’Autore si sofferma, poi, sulle novità che le Leggi nn. 80 e 263 del 2005 hanno apportato all’istituto dell’intervento dei creditori nell’espropriazione, precisando che, per quanto concerne i creditori non titolati, essi non effettuano - a differenza dei titolati - un intervento in senso tecnico, in quanto la loro posizione conferisce loro soltanto la titolarità di un’aspettativa giuridicamente tutelata, e cioè quella del riconoscimento del loro credito da parte del debitore-esecutato.
Nel terzo capitolo Nascosi prende in esame le modalità di attuazione della distribuzione del ricavato nelle varie tipologie di espropriazione forzata che il nostro c.p.c. conosce. Innanzitutto, individua le <<componenti>> della cd. massa attiva dell’espropriazione (ossia della somma da ripartire tra i creditori concorrenti o da corrispondere pagando all’unico creditore), e di seguito passa alla descrizione “sul piano dinamico” della distribuzione nell’ambito: 1) dell’espropriazione mobiliare ex artt. 541-542 c.p.c.; 2) dell’espropriazione immobiliare ex artt. 596–598 c.p.c.; 3) dell’espropriazione dei beni indivisi; e 4) dell’espropriazione contro il terzo proprietario. Successivamente Nascosi considera sia gli effetti che produce la cd. domanda sostitutiva proposta dal creditor creditoris ai sensi dell’art. 511 c.p.c. aderendo alla corrente dottrinale per la quale tale domanda assolverebbe ad una funzione meramente satisfattiva; sia l’emissione dell’ordinanza distributiva quale provvedimento con cui il giudice dell’esecuzione ordina alla cancelleria di emettere i mandati di pagamento, che legittimano i creditori concorrenti a ritirare le somme ricavate dall’espropriazione forzata depositate su di un conto intestato alla procedura ed acceso presso un ufficio postale o un istituto di credito (ciò che rappresenta il momento finale del procedimento espropriativo). Il capitolo termina con degli accenni sulla ripartizione dell’attivo nell’ambito della procedura concorsuale del fallimento, quale ulteriore specificazione della distribuzione della somma ricavata nell’esecuzione individuale-ordinaria, anch’essa ampiamente rinnovato per mezzo della riforma organica del biennio 2006/2007 sulla disciplina concorsuale.
Invece, il quarto capitolo è dedicato al profilo contenzioso che può coinvolgere la fase distributiva, con accurata analisi dell’art. 512 c.p.c., che com’è noto è dedicato proprio alla risoluzione di tali controversie sia nella versione originaria del 1942, sia in quella nuova a seguito della novella di riforma del 2005. Dopo aver precisato che l’art. 512 c.p.c. è applicabile a qualunque tipo di giudizio espropriativo visto che è collocato nell’ambito delle disposizioni generali sull’espropriazione forzata, e che il fine primario della novella del 2005 è proprio quello di deflazionare il contenzioso nella fase distributiva dell’espropriazione forzata, l’Autore disserta ampiamente sui due orientamenti dottrinali formatesi in tema di <<oggetto delle controversie distributive>>, esprimendo in maniera netta la propria preferenza per quello che lo individua nell’accertamento del merito della pretesa esecutiva (rectius: del diritto di credito). Orientamento, questo, che si pone in contrapposizione con l’altro che lo configura alla stregua di un diritto processuale a partecipare al riparto. L’adesione a tale orientamento viene giustificata con la considerazione che la citata novella del 2005 ha lasciato immutato quella parte della disposizione in cui viene descritto l’oggetto delle controversie distributive come liti inerenti <<alla sussistenza o all’ammontare di uno o più crediti ovvero alla sussistenza di una ragione di prelazione>>. Quanto, invece, all’idoneità di “giudicato” dell’ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione risolve le controversie ex art. 512 c.p.c., Nascosi - partendo dal presupposto che essa può essere riformata soltanto con l’opposizione agli atti esecutivi da proporsi nelle forme prescritte dall’art. 617 c.p.c. nel termine perentorio di venti giorni decorrenti dal momento in cui si è avuta la conoscenza legale della medesima - adduce che nel caso di omissione o tardiva proposizione di tale opposizione il risultato consacrato in merito all’accertamento del credito nell’ordinanza non potrà più essere messo in discussione. Ne deriva che tale ordinanza acquisterà piena forza di giudicato, con effetti che si producono all’interno del processo esecutivo. Conseguenza di quanto appena sostenuto (ed è questa la vera innovazione sul punto delle controversie ex art. 512 c.p.c. a cui giunge il ragionamento dell’Autore) è l’inammissibilità di un’azione di ripetizione d’indebito ex art. 2033 c.c. A corredo di tale analisi egli espone le proprie riflessioni anche sul potere  previsto nel capoverso dell’art. 512 c.p.c. con cui il giudice dell’esecuzione (ora a seguito della più volte citata novella del 2005 di natura “discrezionale” e non più “automatica”) sospende la distribuzione del ricavato; nonché sui rapporti che intercorrono tra la controversia distributiva ex art. 512 c.p.c. con l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., da un lato, e con l’istanza di conversione del pignoramento ex art. 495 c.p.c., dall’altro lato.
Le controversie distributive, a seguito alla riforma del 2005, vengono descritte come liti che danno vita ad un procedimento cognitivo bifasico, in cui la prima fase (necessaria) si caratterizza per essere una fase a cognizione sommaria, che si conclude con un’ordinanza suscettibile di opposizione secondo le forme e nel termine perentorio prescritto nell’art. 617 c.p.c. La seconda fase (eventuale), invece, s’instaura solo a seguito di una corretta proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione, e consiste in un ordinario giudizio a cognizione piena che si conclude con una sentenza suscettibile di ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost.
L’ultimo capitolo, infine, fornisce un contributo comparatistico descrivendo la distribuzione del ricavato nelle varie tipologie di espropriazione forzata nell’ambito dell’ordinamento francese, alla luce della recente riforma dell’esecuzione forzata varata con l’ordinanza n. 2011-1895 del 18 dicembre 2011 (Code des procèdures civiles d’exècution), che è entrata in vigore il 1 ° giugno 2012.
Il lavoro termina con un breve resoconto dei risultati conseguititi, in cui l’Autore mostra il proprio favor nei confronti del ruolo centrale che la riforma del 2005 ha attribuito al titolo esecutivo, soprattutto per quanto riguarda l’esercizio del potere d’intervento nella procedura intrapresa dal creditore pignorante, ed al contempo esprime tutte le sue perplessità sulla mancanza di una norma che regolamenti il regime di stabilità dell’ordinanza distributiva nell’ipotesi in cui si fosse in presenza di un riparto incontrastato.
 

Alfonso Cerrato