Undici domande a Alessandro Iovinelli, tra lingua e vita
Autobiografia in un tweet
Alessandro Iovinelli (Roma, 1957) ha pubblicato 3 libri di poesia, 3 romanzi e una raccolta di racconti, nonché 4 volumi di saggistica, l’ultimo dei quali è Attraverso Tabucchi (Novecento Libri, 2018).
1. La parola al centro della sua vita: quando lo ha capito?
Vivere (troppo tardi).
2. Un modo di dire, una frase, un proverbio, il verso di una poesia o di una canzone che le ritorna in mente.
Devo citare i passi che ho messo nel mio profilo Facebook.
Il poeta è un fingitore.
Finge così completamente
che arriva a fingere che è dolore
il dolore che davvero sente
Fernando Pessoa
A che mi servono le gambe
se ho le ali per poter volare?
Frida Khalo
3. Una parola o espressione, anche dialettale, del suo lessico familiare.
Ogni lasciata è persa.
4. La parola (o l’espressione) che la fa volare.
Ti amo.
5. La parola che la amareggia.
Oblio.
6. Il dizionario: pesante o leggero?
Pesante (ma fondamentale).
7. Tre lemmi che eliminerebbe dal dizionario e perché.
Il verbo piacere (lo ammetto solo quando è riferito agli altri e non a sé stessi).
Rottamazione (riferito a persona vecchia – slogan sciagurato).
Anticasta (autodefinizione di un atteggiamento politico – pura impostura).
8. Chi sono i padroni della lingua?
Gli stessi che comandano le nostre idee. Le classi dominanti (Marx dixit).
9. L’aggettivo che più le si addice.
Intertestuale.
10. Quello al quale non vorrebbe mai essere associato
Trascurabile.
11. L’emoji con cui si identifica.
La faccina con gli occhiali da sole.
Illustrazione di Stefano Navarrini
Le interviste già pubblicate
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