Undici domande a Giulio Marcon, tra lingua e vita

Autobiografia in un tweet

Attivista politico in gioventù e operatore sociale da adulto, responsabile nel corso del tempo di diverse organizzazioni non profit e di volontariato, infine responsabile di una piccola casa editrice; da ultimo – incidentalmente – deputato della Repubblica nella XVII legislatura.

1. La parola al centro della sua vita: quando lo ha capito?

Alle assemblee studentesche e ai collettivi di scuola negli anni '70.

2. Un modo di dire, una frase, un proverbio, il verso di una poesia o di una canzone che le ritorna in mente.

Dipende dai momenti. Oggi direi: «Fai quel che devi, accada quel che può» (Gaetano Salvemini).

3. Una parola o espressione, anche dialettale, del suo lessico familiare.

Xe pezo el tacon del sbrego**.** È un modo di dire del dialetto veneto e della Venezia Giulia (da cui proviene la mia famiglia), utilizzato anche in altre parti d'Italia: "la toppa è peggio del buco", anche se sbrego significa 'strappo, lacerazione'. L'ho sentito spesso in famiglia, ma soprattutto ne ho avuto conferma nella mia vita: certi rimedi, quando sono provvisori e posticci, peggiorano gli errori che fai o i mali che vuoi curare. Meglio andare alla radice.

4. La parola che la fa volare.

Solidarietà.

5. La parola che la amareggia.

Indifferenza.

6. Il dizionario: pesante o leggero?

Leggero.

7. Tre lemmi che eliminerebbe dal dizionario e perché.

Conformismo (perché è una sorta di viltà), narcisismo (perché da peccato individuale è diventato negli ultimi trent'anni una patologia sociale infestante), violenza (che ci mette un gradino sotto gli animali).

8. Chi sono i padroni della lingua?

In teoria, tutti noi. In pratica le élites, le conventicole accademiche e i potenti – e i lori servi – che la usano per narcotizzare, condizionare, asservire ed escludere.

9. L’aggettivo che più le si addice.

Concreto.

10. Quello al quale non vorrebbe mai essere associato.

Arrogante.

11. L’emoji con cui si identifica.

Il bacio, poiché è l'ultima domanda.

a cura di Margherita Sermonti

Illustrazione di Stefano Navarrini

Le interviste già pubblicate

Marino Sinibaldi