Il metaverso, come recitano diversi post e meme sulle piattaforme social, è un «concetto di cui sappiamo spaventosamente poco» (parafrasando una citazione che in realtà parla del multiverso e va attribuita al personaggio del Dottor Strange nel film Spiderman: No Way Home del 2021). Dalla nascita di Meta al mondo Microsoft, la virtualità sta cambiando il nostro modo di comunicare e percepire la nostra identità e quella degli altri. Ma cosa significa davvero metaverso? E perché c’è ancora così tanta confusione?

È già qui, o forse no

«Il metaverso non esiste se non ci entri». Con queste parole il giornalista Simone Cosimi in un suo tweet del 2021 si riferiva alle evoluzioni di questo nuovo ecosistema digitale, ponendo l’attenzione su un aspetto centrale, l’accesso, parola-chiave con cui ho deciso di inaugurare questa indagine. Da quando Mark Zuckerberg ha annunciato una nuova visione e un nuovo nome per la sua azienda, passando da Facebook, holding che controlla gran parte delle nostre piattaforme (Messenger, Whatsapp e Instagram) a Meta, “come entrare nel metaverso” è stata registrata come una delle ricerche più popolari su Google. Il punto è proprio questo. Per ora abbiamo contatti con tante «isole virtuali, ma non con un “universo” in cui gli utenti possano muoversi liberamente», come riporta la recente indagine dell’Osservatorio Realtà Aumentata e Metaverso della School of Management del Politecnico di Milano, che ha provato a definire questo concetto ancora troppo sfumato. Per quanto esistano già diverse applicazioni per la realtà virtuale e la realtà aumentata, ma anche piattaforme di videogiochi che si definiscono metaversi, il tema dell’esistenza o meno del metaverso come effettiva “rivoluzione” di internet è ancora lontana e per il momento non sembra riguardarci. È una storia simile alla nascita del World Wide Web, che è entrato in scena circa quattro decenni prima che diventasse operativo. Trent’anni dopo la sua prima attestazione nel romanzo Snow Crash di Neal Stephenson, anche metaverso inizia a prendere vita.

Un nuovo linguaggio

Ma di che cosa è fatto un metaverso (visto che non ce n’è uno solo)? Stando alla sua etimologia e considerando il significato del prefisso greco meta- (‘con, dietro, oltre, dopo’), il metaverso sarebbe “qualcosa che va oltre l’universo”. Nello specifico, come riporta la voce pubblicata nella sezione “Lessico del XXI Secolo” di Treccani.it, si tratta di un ecosistema costituito da spazi tridimensionali all'interno dei quali le «persone fisiche possono muoversi, condividere e interagire». Ma la tridimensionalità non è poi così fondamentale. Secondo Vincenzo Cosenza, fondatore dell’Osservatorio, sono tre le caratteristiche che costituiscono il metaverso o i metaversi. L’idea è ripresa dagli studi di Matthew Ball, uno dei più autorevoli e influenti esperti in materia nonché autore del libro The Metaverse, tradotto da Garzanti nel 2022. La persistenza (o permanenza), perché si tratta di un ecosistema digitale che non può essere spento e, dunque, funziona anche quando non siamo lì; la sincronia, secondo cui le nostre azioni hanno determinate conseguenze e l’interazione con altri utenti simula la vita reale, anche nel tempo; e infine l’interoperabilità, cioè la possibilità di spostarsi agevolmente da un metaverso all’altro con il proprio avatar e i rispettivi oggetti.

Il mondo dei videogiochi (soprattutto quelli di ruolo online) e le piattaforme social rappresentano in questo senso un buon esempio di vita blended (termine che abbiamo imparato con la didattica digitale integrata), letteralmente “vita mescolata” tra analogico e digitale, dove non esistiamo solamente nell’offline ma anche nell’online. Ed ecco che termini come avatar, che dal sanscrito “divinità discesa in terra” è diventato parte del gergo digitale per indicare un alter-ego, Realtà Virtuale (VR), a cui si accede attraverso accessori particolari, come guanti e visori, che garantiscono una simulazione realistica e immersiva di un ambiente, e ancora Realtà Aumentata (AR), tecnologia che tramite dispositivi unisce in tempo reale gli elementi dell’ambiente fisico con quelli digitali, entrano a far parte anche del mondo metaverso, dove il filo conduttore sembra essere l'iper-connessione.

Non è (solo) un gioco

L’ecosistema metaverso è uno spazio condiviso nel quale si possono fare tantissime attività, che vanno ben oltre il gioco. Qualche esempio? Andare a un concerto, come avviene sulla piattaforma Fornite grazie alla Serie Soundwave, una serie di concerti lanciata nel 2021 che promuove artisti da tutto il mondo, ma anche esplorare nuovi luoghi e/o comprare casa e terreni utilizzando criptovalute e NFT (acronimo di Non-Fungible Token, “token non fungibili”), che possono essere considerati il simbolo dell’economia virtuale. Ma c’è anche il settore educativo-scolastico tra i suoi potenziali ambiti applicativi. Sulla possibile integrazione di metaverso (con particolare attenzione per la Realtà Aumentata) e processi di insegnamento/apprendimento il dibattito è in corso, anche se i piani d’azione ministeriali, come Scuola 4.0, spingono verso una rivoluzione tecnologica che intende modificare la prassi didattica, che finalmente potrà superare l’emergenza digitale che ha sperimentato durante i mesi più duri della pandemia. Alcuni parlano addirittura di eduverso, termine che troviamo per la prima volta nel saggio The whole new world: education meets the metaverse, pubblicato nel 2022 dal Center for Universal Education del Brookings Institution. La scuola del futuro mira dunque a creare nuovi spazi di comunicazione, maggiore facilità nella creazione e nella condivisione, ma soprattutto esperienze didattiche immersive attraverso la dimensione virtuale, in piena linea con quello che viene definito un ambiente di apprendimento onlife. Certo è che «per dirsi educativa, l’esperienza ludica non deve essere fine a sé stessa, ma produrre nell’allievo un cambiamento – sotto il profilo cognitivo o relazionale – il più possibile misurabile». Paola Cozzi, caporedattrice di Tech4Future, spiega in un articolo che la didattica del metaverso deve avere obiettivi formativi ben precisi. Per esempio, è possibile impostare una lezione di mitologia greca facendo immergere letteralmente gli studenti nel mondo degli dei. Le pareti dell’aula nel metaverso si trasformano «in immagini di vecchi templi e di colonne sparse per terra e in cui ogni bambino ha la possibilità di diventare un archeologo usando il proprio avatar, [...] – grazie anche alla sapiente guida di un insegnante preparato in materia di metaverso e didattica, che monitora il conseguimento degli obiettivi fissati». Un’altra parola-chiave, dunque, è mediazione, che ci guiderà anche negli universi più digitalizzati.

Beatrice Cristalli cura e scrive il ciclo di interventi Parole del presente, parole del futuro . Qui sotto gli articoli già pubblicati:

Immagine: Metaverse

Crediti immagine: Enter the crypto, CC BY-SA 4.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0, via Wikimedia Commons

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