1. Significati, origine e varianti

Pensateci un attimo, chi di noi non ha mai fatto il diavolo a quattro almeno una volta nella vita?

Il modo di dire significa, infatti, ‘[1] fare grande baccano o confusione; anche [2] lasciarsi andare a violente scenate di rabbia. Oppure, [3] agitarsi moltissimo per ottenere qualcosa’ (Quartu-Rossi 2012, s.v. diavolo).

La sua origine rimonta al Medioevo, ed è da ricondurre alle rivisitazioni profane dell’immaginario religioso, in cui il diavolo rivestiva un ruolo importante (si veda Pizzoli 2020, pp. 118 e 120). Esistono spiegazioni differenti, che però si riferiscono tutte alle sacre rappresentazioni, alla figura del diavolo e al numero quattro.

  1. Stando alla prima, il modo di dire deriverebbe dalle rappresentazioni teatrali antiche, nelle quali i diavoli apparivano generalmente in numero di quattro (DELIn, s.v. diavolo e LEI, s.v. diabolus, che riportano varie indicazioni bibliografiche).

  2. Secondo un’altra versione, «il detto si riallaccia alle Sacre Rappresentazioni medievali, di cui il Diavolo era un personaggio importante insieme alla Madonna, a Dio, all’Anima e a Santi diversi in relazione alle circostanze. Il popolo divideva queste rappresentazioni in “grandi diavolerie” e “piccole diavolerie”, a seconda che vi comparissero più o meno di quattro diavoli» (Quartu-Rossi 2012, s.v. diavolo).

  3. Circola ancora un’altra versione, ripresa da Cuminatto 2021 (s.v. fare il diavolo a quattro). Poiché il diavolo durante lo spettacolo teatrale cambiava spesso sembianze, per ovviare a lunghi cambi d’abito si faceva ricorso a quattro attori; ciò, però, generava grande confusione dietro le quinte.

Per il DELIn e il LEI la locuzione è un calco di quella francese faire le diable à quatre (informazione già presente nell’impressione napoletana del 1746 del Vocabolario degli Accademici della Crusca, s.v. fare il diavolo a quattro). Confermano questa derivazione varie precisazioni di Francesco Redi citate dal DELIn e dal TB, s.v. diavolo, come, per esempio, «per dirlo con frase franzese». Un’altra ricorre in un passo dei Consulti (ante 1698), in cui il modo di dire ha il significato meno diffuso di [4] ‘affliggere, tormentare (detto di una malattia)’: «Tre anni sono fui sorpreso da una fierissima artritide, o per meglio, da un terribilissimo reumatismo, che mi fece addosso, come soglion dire i Francesi, il diavolo a quattro» (GDLI, s.v. diavolo). Ancora il Redi (ante 1698) usa la locuzione nel significato di [5] ‘imperversare, scatenarsi (il vento, le intemperie)’: «Vi balla [Borea], v’imperversa, e si scatena / e fa il diavolo a quattro, e peggio ancora / braveggia su pe’ tetti e ad ognora / compiacesi di farvi all’altalena» (GDLI).

Anche opere di altri autori riconducono il modo di dire al francese: Le opere varie del conte Francesco Algarotti del 1757 («e il Redi ha anche adottato la medesima maniera Francese, fare il diavolo a quattro», p. 374); La frusta letteraria di Aristarco Scannabue del 1800 («Voi farete il Diavolo a quattro (scusate questo Frazesismo)», p. 112). E ancora, Gaetano Valeriani nel 1854 scriveva nel purista Vocabolario di voci e frasi erronee al tutto da fuggirsi nella lingua italiana: «È usitatissimo fra gl’Italiani il modo proverbiale Fare il diavolo a quattro [...]; oltre all’uso universale, ha pur l’autorità di Francesco Redi, che è di molto peso [...]. Rilasciamolo, almen nelle scritture, a’ Francesi, de’ quali è proprio» (p. 367).

Nell’Ottocento, inoltre, si rintracciano le varianti fare il diavolo a sei, presente in diversi dizionari, e, quella più singolare, fare il diavolo a quaranta. La prima si rintraccia già nell’opera Voci e maniere di dire italiane additate a’ futuri vocabolaristi, di Giovanni Gherardini, II vol., del 1840 (s.v. fare il diavolo a sei): «Vale, Imperversare, Entrare nelle furie maggiori; ed esprime assai più che Fare il diavolo a quattro, e più ancora che Fare il diavolo e peggio, registrati da’ Vocabolarj». La seconda si legge nelle Memorie di Lorenzo Da Ponte, da Ceneda, II vol., parte I, del 1829 («fece il diavolo a quattro con Taylor, e questi fece il diavolo a quaranta con me», p. 34).

2. Prime attestazioni

La prima attestazione di fare il diavolo ricorre in un passo del Decameron di Boccaccio (1370 circa): «io credo, se io non avessi guardato al peccato, e poscia per vostro amore, io avrei fatto il diavolo» (DELIn; GDLI; LEI; TLIO, s.v. diavolo [da cui si cita]).

La prima attestazione del nostro modo di dire, invece, è documentata dalle stesse fonti in Francesco Redi; poiché manca una datazione certa, è collocabile prima del 1698, anno della morte dell’erudito (DELIn, GDLI, LEI; DELIn precisa che fare il diavolo in quattro ricorre già nel 1677 in Lorenzo Magalotti). Tuttavia, la presenza della locuzione in alcuni dizionari fraseologici tedesco-italiano e italiano-tedesco a cura di Matthias Kramer, editi a partire dal 1676 («far’ il diavolo a quattro», p. 1337), intacca la prima attestazione utile e dimostra che la locuzione circolava sicuramente già a partire dalla seconda metà dei Seicento.

La locuzione francese, da cui deriverebbe, è registrata nel 1644 (LEI); da Google libri emerge, però, che il modo di dire nella lingua d’oltralpe è documentato già a partire dal 1586 nel Discours ou briefue description du siege et prinse de la Ville de Nuys (Editore Matthieu de Rische): «Mesmes ont toute la nuite fait le diable à quatre» (il TLFi, s.v. _diable_1, riporta solo citazioni ottocentesche).

3. Fortuna e diffusione

La documentazione raccolta dimostra che dopo il primo esordio seicentesco, il modo di dire si radica nella lingua d’uso nel corso del Settecento e conosce una fortuna ininterrotta fino ai giorni nostri. La maggior parte delle attestazioni riconduce a testi lessicografici (monolingui e bilingui), letterari, paraletterari e teatrali, a cui si aggiungono a partire dall’Ottocento quelli giornalistici; seppur in numero inferiore, non mancano occorrenze riguardanti altre tipologie testuali: testi grammaticali, medici, storici, tecnici.

Per ogni secolo citiamo solo un campione di attestazioni.

Testi giornalistici: Dalla Capitale, in «Corriere della Sera», 18 ottobre 1876 («So di corrispondenti miei colleghi che hanno fatto il diavolo a quattro», p. 1); Paolo Poli fa il diavolo a quattro, in «La Stampa», 30 dicembre 1964 (p. 9); Gigi Padovani, Scajola, il ritorno dell’«uomo forte», in «La Stampa», 23 aprile 2005 («dopo aver fatto il diavolo a quattro nel dibattito», p. 5).

Testi grammaticali: A New Italian Grammar, in English and Italian, di Gaetano Ravizzotti, 1797 (p. 162); Giovanni Moise, Grammatica della lingua italiana dedicata ai giovani studiosi, 1878 (p. 210).

Testi lessicografici: Nuovo dizionario italiano-francese di Francesco Alberti Di Villanova, 1796 («far il diavolo a quattro», p. 180); Prospero Viani, Dizionario di pretesi francesismi e di pretese voci e forme erronee della lingua italiana, 1858 (p. 439); Fernando Palazzi, Novissimo dizionario della lingua italiana, Milano, 1946 (p. 351). La locuzione si rintraccia nei più recenti dizionari dell’uso (fra gli altri, GraDit, Sabatini Coletti, Vocabolario Treccani [s.v. diavolo], in dizionari storici ed etimologici [si vedano almeno quelli richiamati in questo articolo]). Tra i dizionari di modi di dire, oltre al già citato Quartu-Rossi 2012, la locuzione ricorre in Lapucci 1984, s.v. fare il diavolo a quattro (è assente, invece, in Carollo 2017).

Testi letterari e paraletterari: Ricciardetto di Niccolò Forteguerri, 1738 («Grida Climene, e bestemmia lo Scricca, / e fa il diavolo a quattro ancor Despina», p. 158); il sonetto intitolato Er diavolo a cquattro scritto da Giuseppe Gioacchino Belli nel 1845; Ercole Luigi Morselli, Favole e fantasie, Milano, 1928 («incominciò a ruzzolarsi, a strillare, a fare il diavolo a quattro»); Kate Hoffmann, Seduzione a quattro mani, Milano, 2000 («Cara Prudence, io e il mio fidanzato abbiamo fatto il diavolo a quattro fin dalla notte del nostro primo appuntamento», p. 3).

Testi medici: «Rivista di patologia nervosa e mentale», 1916 («farà il diavolo a quattro» (p. 59).

Testi storici: Storia universale di Cesare Cantù, tono V, 1864 («la guerra fa il diavolo a quattro», p. 1057); Giuseppe Bandi, I Mille. Da Genova a Capua, 1906 («cominciarono a fare il diavolo a quattro», p. 457); Marco Scardigli e ‎Andrea Santangelo, Le armi del Diavolo. Anatomia di una battaglia: Pavia, 24 febbraio 1525, Torino, 2015 («ha fatto il diavolo a quattro»).

Testi teatrali: La Moglie in calzoni. Commedia di Jacopo Angelo Nelli, 1731 («Ella farà il diavolo a quattro», p. 47); La zoccoletta pietosa. Commedia di Vincenzo Rota del 1743, in cui abbiamo già visto ricorrere il modo dire Prendere due piccioni con una fava («vi menano seco il Diavolo a quattro», p. 7); le traduzioni dell’opera teatrale Le Diable à quatre, un balletto-pantomima in due o tre atti Joseph Mazilier e Adolphe de Leuven, su musica di Adolphe Adam, rappresentato l’11 agosto 1845 all’Opéra di Parigi, come Il diavolo a quattro. Azione coreografica in cinque quadri di Giovanni Casati, Milano, 1846; Enrico Annibale Butti, Fiamme nell'ombra. Dramma in tre atti, 1920 (p. 5); Lorenzo Da Ponte, Libretti londinesi, II vol., Milano, 2007 («fece il diavolo a quattro con Taylor», p. 914).

Testi tecnici: Charles Jencks, Il significato in architettura, Bari, 1992 (p. 95).

Riguardo ai principali social network, rileviamo che l’hashtag #diavoloaquattro è scarsamente attestato: su Instagram si rilevano 51 post, mentre su Facebook e Twitter neppure una decina.

4. Conclusioni

Dai dati raccolti, è possibile affermare che il modo di dire si origina in relazione alle sacre rappresentazioni medievali, sebbene sia attestato con certezza solo nella seconda metà del sec. XVII, quando nasce come calco del francese faire le diable à quatre.

Successivamente, la locuzione è documentata senza soluzione di continuità fino a oggi, ricorrendo in testi di vario genere, ma con maggiore insistenza in quelli giornalistici, lessicografici, letterari, paraletterari e teatrali. Ciò si spiega probabilmente con la consonanza dei contenuti di queste tipologie testuali con il significato della locuzione.

Sorprende, invece, la scarsa presenza nei social network, che però conferma, in negativo, la specializzazione del modo di dire in riferimento a ben determinati generi testuali.

Che dire, anche questa volta abbiamo fatto il diavolo a quattro per offrire ai nostri lettori una ricostruzione accurata, e auspicabilmente piacevole, del modo di dire.

Bibliografia

Carollo 2017 = Sabrina C., La vera storia di 400 frasi celebri e modi di dire, Firenze-Milano, Giunti Editore-Demetra [I ed. 2008].

Cuminatto 2021 = Chiara C., Chiaramente. Etimologie, Storie e Riflessioni, Youcanprint.

DELIn = Il nuovo Etimologico. DELI – Dizionario Etimologico della Lingua Italiana, di Manlio Cortelazzo e Paolo Zolli, seconda edizione in volume unico a cura di Manlio Cortelazzo e Michele A. Cortelazzo, Bologna, Zanichelli, 1999 [I ed. 5 voll., 1979-1988].

GDLI = Grande Dizionario della Lingua Italiana, diretto da Salvatore Battaglia e Giorgio Barberi Squarotti, 21 voll., Torino, UTET, 1961-2002, con 2 Supplementi diretti da Edoardo Sanguineti, 2004 e 2009, e 1 Indice degli autori citati a cura di Giovanni Ronco, 2004 [https://bit.ly/3wH3U7q].

Google libri = https://bit.ly/3wqiEXe.

GraDIt = Grande Dizionario Italiano dell’Uso, ideato e diretto da Tullio De Mauro, con la collaborazione di Giulio P. Lepschy e Edoardo Sanguineti, 6 voll., Torino, UTET, 1999, con 2 voll. di Nuove Parole Italiane dell’Uso, 2003-07.

Lapucci 1984 = Carlo L., Modi di dire della lingua italiana, A. Vallardi [I ed., Per modi di dire. Dizionario dei modi di dire della lingua italiana, Firenze, Valmartina Editore].

LEI = Lessico Etimologico Italiano, fondato da Max Pfister, diretto da Elton Prifti e Wolfgang Schweickard, Wiesbaden, Dr. Ludwig Reichert Verlag, 1979- [i fascicoli della lettera d sono a cura di Marcello Aprile].

Pizzoli 2020 = Lucilla P., Modi di dire, Milano, RCS MediaGroup [2019, ma 2020].

Quartu-Rossi 2012 = Monica Q. ed Elena R., Dizionario dei modi di dire della lingua italiana, Milano, Ulrico Hoepli Editore [si cita dalla versione in rete: https://bit.ly/3w6V42F].

Sabatini Coletti = il Sabatini Coletti. Dizionario della Lingua Italiana, diretto da Francesco Sabatini e Vittorio Coletti, Milano, Rizzoli, 2018, consultabile all’indirizzo https://bit.ly/3L265q5.

TB = Dizionario della lingua italiana, a cura di Nicolò Tommaseo e Bernardo Bellini, 4 voll., Torino, Società l’Unione Tipografico-Editrice Torinese, 1865-79 [si cita dalla versione in rete: https://bit.ly/38qGf1K].

TLFi = Trésor de la Langue Française Informatisé, Centre Nationale de la Recherche Scientifique (CNRS) - Analyse et Traitement Informatique de la Langue Française (ATILF), Université Nancy 2 (si cita dalla versione in rete: https://bit.ly/3ld9VSY).

TLIO = Tesoro della lingua italiana delle origini, fondato da Pietro G. Beltrami e diretto da Paolo Squillacioti, https://bit.ly/3wHy8Yf.

Vocabolario Treccani = Vocabolario Treccani online, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani, https://bit.ly/3Nwh2Cf.

Avvertenze: i corsivi riferiti al modo di dire presenti nelle citazioni sono introdotti dall’autore del contributo; le stringhe degli indirizzi internet (URL) sono abbreviate tramite il programma Bitly (https://bitly.com/); tutte le consultazioni in rete sono avvenute entro il 16.05.2022.

Il ciclo Per modo di dire... Un anno di frasi fatte è curato da Alessandro Aresti, Debora de Fazio, Antonio Montinaro, Rocco Luigi Nichil, Rosa Piro, Lucilla Pizzoli. Di seguito, l’elenco degli articoli già pubblicati.

Per iniziare

Lucilla Pizzoli, Colorare i discorsi

Alessandro Aresti, Attaccare (un) bottone

Antonio Montinaro, Rompere il ghiaccio

Citazioni d’autore

Debora de Fazio, Elementare, Watson!

Lucilla Pizzoli, Essere un carneade

Echi danteschi

Pierluigi Ortolano, Stai fresco!

Antonio Montinaro, Galeotto fu il libro

Fiabe e favole

Lucilla Pizzoli, Brutto anatroccolo

Giulio Vaccaro, Avere la coda di paglia

Rocco Luigi Nichil, La volpe e l’uva

Animali

Alessandro Aresti, Menare il can per l’aia

Antonio Montinaro, Salto della quaglia

Colori

Lucilla Pizzoli, Essere al verde

Alessandro Aresti, Avere una fifa blu

Numeri

Attribuzioni antonomastiche

Maria Antonietta Epifani, Paganini non ripete

Debora de Fazio, Tallone d'Achille

Antonio Montinaro, Essere il/fare il Pigmalione

Parti del corpo

Pierpaolo Lala, Mani pulite

Alessandro Aresti, Fare (il) piedino

Angeli e Demoni

Rocco Luigi Nichil, A casa del diavolo

Immagine: Coppo di Marcovaldo, Giudizio Universale (Inferno), Firenze, Battistero di San Giovanni

Crediti immagine: Sailko, CC BY 3.0 https://creativecommons.org/licenses/by/3.0, via Wikimedia Commons