Prima del sollazzo estivo, licenziamo la decima puntata della consueta “caccia alle parole nuove” in cui sono impegnati lettrici e lettori del nostro portale (qui trovate la puntata di apertura, la seconda, la terza, la quarta, la quinta, la sesta, la settima, l'ottava e la nona).

Blandismo

Una lettrice, I. G., aveva segnalato questa parola mesi fa: chiedo venia per il ritardo. Per I. G., blandismo vale «l'essere blando. Comportamento blando». La lettrice propone anche una succinta fraseologia esemplificativa, segnata da un certo corruccio: «Il generalizzato blandismo delle nuove generazioni. Il blandismo culturale dell'epoca attuale». Qui la base aggettivale blando non sembra rimandare alla dolcezza del “blandismo” foscoliano, nell'ode Alla amica risanata: «E se il notturno zeffiro / Blando sui flutti spira, / Suonano i liti un lamentar di lira». Nel Foscolo blando vale 'dolce, tenue'. Il blando che I. G. pone come base del suo blandismo sembra invece quello del purgante, blando perché leggero ma, tutto sommato, inconsistente; o, forse, si tratta della blanda punizione, leggera, sì, ma tanto leggera da risultare inefficace sui nostri giovani  bamboccioni. Il blandismo (con quell'ideologizzante suffisso tanto carico di storia) diventa irrisa filosofia di una vita denervata, che sciaguatta nella morta gora della velleità impotente. Ciò detto, blandismo qua e là si trova nel mare magnum delle scritture su carta e nel web. Per esempio, di «blandismo nei controlli» alle urne, per un voto referendario (siamo nel 2007, ci si esprime sul cosiddetto “protocollo Welfare”), si scrive nel quotidiano toscano «Il Tirreno». Per ora, un po' troppo esile (blando?) il flusso dei blandismi per coonestare un'inclusione nel Vocabolario. Non ci resta che attendere, senza peraltro gridare allo scandalo se incontreremo talvolta, scritta o detta, questa parola.

Gelotologia

Un'altra lettrice ci partecipa gelotologia, che merita un'attenta considerazione per l'essere una disciplina-ponte tra biologia, psicologia, medicina e antropologia, tesa allo studio sistemico e sistematico del riso (dal greco antico γέλως 'riso', presente anche in altri grecismi medici come, per esempio, geloplegia 'paralisi da riso'). Il riso, sia chiaro, è considerato in relazione alle sue potenzialità terapeutiche. Si tratta di una disciplina agli inizi, che sta creandosi, a partire da una trentina d'anni a questa parte, una letteratura e uno statuto scientifico, a partire dalle esperienze sul campo. Chi di noi non ricorda il film Patch Adams (1998, regia di Tom Shadyac), ispirato all'autobiografia del medico Hunter “Patch” Adams, in cui il grande attore Robin Williams si aggira nella clinica seminando risa e goliardate, con effetti benevoli sulla salute e sul benessere dei pazienti?

Annotiamo che gelotologia ha un affine terminologico in risoterapia (attestato in italiano a partire dal 1987; gelotologia è attestato a partire dal 1999). Risoterapia, come suggerisce chiaramente il secondo formante, designa una cura, per cui la sovrapposizione semantica con gelotologia è evitata.

Da monitorare in vista di un inserimento nel Vocabolario.

Interabile

L. F. si batte con passione per l'accoglimento del termine interabile, che lui stesso, insieme con altre persone, si impegna da tempo a promuovere. Scrive L. F.: «Il neologismo è l'unione del prefisso latino ''inter''= ''fra, tra'' e dell’aggettivo italiano ''abile''= ''abile, capace, fatto con capacità''. Tale composizione linguistica soppianta quei termini, come handicappato, invalido civile, diversabile, disabile, diversamente abile, mongoloide, autistico, down, cieco, sordomuto, zoppo che non rendono giustizia alle qualità presenti in tutti gli Esseri Umani, nella loro dignità di Persone: le qualità delle Persone Interabili devono essere riconosciute da tutti; siamo tutti Persone Interabili; l’Interabile è la Persona capace tra quelle capaci». Abile tra altre e altri abili, dunque. Esiste anche un Istituto Internazionale Interabili.

Sostenere una parola come vessillo di battaglia civile e ideale non è una cosa semplice. Va comunque ricordato che l'insulto (mongoloide), la denominazione cruda, nota da secoli, e spesso connotata di negatività (zoppo), i recenti eufemismi nobilitanti (diversamente abile, diversabile) non stanno tutti sullo stesso piano sociolinguistico. Anche interabile sembra collocarsi nell'area delle riformulazioni nobilitanti.

Da monitorare.

Liquidarietà

N. L. propone una parola che, oltre al gioco dei contrari tradizionali (liquido contro solido), mette in campo moderne connotazioni di significato, legate al concetto sociologico e filosofico di liquido (e liquidità), così come da qualche anno sono state individuate e dispiegate da Zygmunt Bauman in una serie di saggi in cui liquido campeggia già nel titolo. Come si sa, Bauman ha studiato i concetti di modernità e postmodernità caratterizzandoli in prima battuta per il tipo di società che li rappresenta:  allo stato solido la società moderna, allo stato liquido quella postmoderna. Sulla scorta di un pensiero che qui si è sintetizzato sin troppo, N. L. collega liquidità ai significati di 'scioglimento totale dai legami di solidarietà ed empatia sociale', 'individualismo sfrenato' e crea un nuovo segno, liquidarietà, simmetrico e contrario a solidarietà. Proprio N. L. ha già scritto altrove, da giornalista, nel corso di una garbata polemica con il costituzionalista Stefano Ceccanti, che «oggi la solidarietà di gruppo su idee, si è trasformata nella “liquidarietà” individualista solitaria». Il neologismo proposto ha una sua forza, anche se, sotto il profilo della formazione delle parole è originale (non esiste un aggettivo liquidario da cui si tragga liquidarietà; mentre esiste oggi un pur non comune solidario 'solidale' che fa da base a solidarietà). Forse perché liquidarietà è davvero troppo individualista!

Sfiducioso

F. E. chiede: «Un mio amico e collega mi ha segnalato, tra i neologismi, la parola "sfiducioso/i". A voi risulta che sia un neologismo?». Un neologismo a ondate. Un cavallo di ritorno. Nel senso che sfiducioso (derivato, evidentemente, da sfiducia) è una di quelle parole carsiche (non sono poche) che, nel corso dei secoli, s'interra e s'inabissa, per poi, ogni tanto, riemergere alla superficie e pullulare come fonte nuova: per durare poi all'aria aperta della comunicazione condivisa per un secolo, oppure un decennio, o, perfino, per un'occasionale diatriba lanciata dai mass media. E poi, di nuovo sotto terra, per quanto tempo non si sa. Forse per sempre, forse no. Di certo si può dire che sfiducioso ha voluto significare troppo: e questa vaghezza deve avergli nociuto in passato. Per lo storico ed epigrafista padovano ottocentesco Carlo Leoni, sfiducioso valeva 'che provoca sfiducia o abbattimento' (traggo la definizione dal Battaglia, vol. XVIII); oggi, per il dizionario Nuovo De Mauro che compare in internazionale.it, sfiducioso (presente s. v. sfiduciare nel campo definizione) è sinonimo di sfiduciato, 'privato di fiducia' (gli altri dizionari contemporanei non registrano la parola). In generale, nelle occasioni in cui compare negli ultimi quindici-vent'anni, non tante ma non trascurabili, tra giornali e libri di saggistica varia, sfiducioso sembra accomodarsi più o meno nell'accezione di 'privo/privato di fiducia', adottando le reggenze dell'antonimo grammaticale fiducioso (verso (di), riguardo a; di + infinito, che + modi finiti, tipicamente congiuntivo).

Varrebbe la pena candidarlo per un posticino più stabile nella lessicografia, questo carsico sfiducioso.