Nella scorsa puntata di questa rassegna di parole del neopolitichese, dedicata a chiudere, non avevo citato l’intervento di Matteo Salvini del 21 marzo: «Presidente Mattarella, ci rivolgiamo a lei perché altri non ci ascoltano, per chiedere a nome di milioni di italiani cinque interventi immediati. Primo, chiudere tutte le attività che non sono vitali per il paese. Lo chiedono a gran voce, lo implorano medici, infermieri, anestesisti, imprenditori, lavoratori. È il momento di chiudere tutto e mettere in sicurezza la vita dei nostri figli». Lo cito ora che voglio trattare l’opposto di chiudere, (ri)aprire, perché Salvini il 27 febbraio aveva invece dichiarato: «Riaprire tutto quello che si può riaprire! Riaprire, rilanciare fabbriche, negozi, musei, gallerie, palestre, discoteche, bar, ristoranti, centri commerciali. Quindi, aprire, aprire, aprire!».

Accavallamenti

Non mi interessa qui rilevare la contraddizione tra le due dichiarazioni: è diffusa nella politica, soprattutto nell’attuale politica del rispecchiamento, la capacità di rappresentare posizioni opposte, anche a poca distanza di tempo, se cambiano gli umori dell’uditorio di riferimento. Le due dichiarazioni presentano, però, tratti stilistici analoghi, caratterizzati come sono dall’enfasi (meglio riconoscibile nell’ascolto delle dichiarazioni) e dalle serie accumulative, ben scandite nell’orale, ma riconoscibili anche nello scritto («medici, infermieri, anestesisti, imprenditori, lavoratori» e «fabbriche, negozi, musei, gallerie, palestre, discoteche, bar, ristoranti, centri commerciali»). Il confronto tra le due dichiarazioni rappresenta in maniera plastica il contrasto tra i due concetti opposti, il chiudere e l’aprire; ma i due esempi mostrano come le due parole non si siano succedute linearmente nel tempo, ma si siano accavallate nell’uso.

Dai grillini a Fratelli d’Italia

Se non c’è una successione cronologica lineare, non ci sono neppure differenze d’uso tra le parti politiche. Come di chiusura, anche di riapertura parlano esponenti di diverso colore politico: il grillino Stefano Patuanelli («C’è una concentrazione forse sbagliata su chi e quando può riaprire. Sono due fattori importanti, ma è fondamentale capire come riaprire», 20 aprile); Teresa Bellanova di Italia viva («Si riaprano il prima possibile ristoranti, enoteche e bar perché sono un sbocco per questo settore», 4 maggio); Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia («Il governo dia loro [a parrucchieri ed estetisti] la possibilità di riaprire dal 18 maggio, rispettando le dovute disposizioni anti contagio, o sarà complice di un'ecatombe di intere categorie lavorative», 6 maggio); Stefano Bonaccini, del Partito Democratico, Presidente della Regione Emilia-Romagna («È stata accolta la nostra proposta […]. Cioè la possibilità di far ripartire anche prima due settori – le filiere a maggior valenza internazionale e le costruzioni, riferite alle opere pubbliche», 26 aprile); Antonio Tajani, di Forza Italia («Questo governo ha sempre comunicato male. Gli italiani non hanno mai avuto la certezza di sapere cosa fare, come e quando riaprire», 22 aprile).

Ripartire e ripartenza

Rispetto a chiudere, riaprire presenta un minor numero di sinonimi. A parte il semplice aprire, testimoniato in una delle dichiarazioni di Matteo Salvini, viene in mente solamente ripartire («Bocciato l’emendamento di Fratelli d’Italia al decreto-legge sul lockdown che avrebbe consentito di far ripartire, subito e con una data certa, le messe e le celebrazioni religiose», Giorgia Meloni, 6 maggio), soprattutto nella nominalizzazione ripartenza, che possiamo attestare con due enunciati dei politici che attualmente godono del maggior grado di fiducia nel Paese: il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte («La ripartenza del Paese è nelle nostre mani. Tocca a noi decidere se vogliamo che sia risolutiva e definitiva», 4 maggio) e il Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia («Il trend positivo sui positivi ci fa preparare bene alla ripartenza: il lockdown non esiste più», 17 aprile). In quest’ultimo esempio colpisce la compresenza, nella stessa frase, di lockdown, come nella citazione di Giorgia Meloni. In questo, ripartire e ripartenza mostrano una configurazione diversa rispetto a riaprire e riapertura, che raramente cooccorrono, nei discorsi dei politici, con lockdown.

Le parole (o locuzioni) già trattate: menevadismo, contratto di governo, manina, palle, sovranismo, cambiamento, pacchia, mangiatoia, umanità, pigranza, buonista, revenge porn, radical chic, salvo intese, professoroni, rosiconi, gufo, sbruffoncella, rosicare, interlocuzione, rottamazione, ruspa, vaffa, sardine, Italia viva, Germanicum, spallata, non mollare, pieni poteri, zona protetta, ciuffetto, chiudere

Immagine: Opera dell'artista spagnolo Borondo a rione Monti (Roma). Autore: Jessica Stewart, 2013. ©Treccani

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