La parola di questa volta è sinistra petalosa, come sinonimo di sinistra buonista. Non è un’espressione usata da politici noti e rilanciata dalla grande stampa nazionale, ma una forma che circola sotto traccia, nei social e nei siti web di informazione o di dibattito politico, di vario colore. È difficile prevedere se la voce uscirà dai limiti entro i quali è attualmente confinata o se vi resterà rinchiusa, in una sorta di limbo comunicativo; ma è opportuno segnalarne l’uso, per quanto circoscritto.
Lo scolaro e l’Accademia
L’aggettivo petaloso, come è noto, è un aggettivo artificiale, frutto della disperata inventiva di uno scolaro, che, quattro anni fa, richiesto di elencare un certo numero di aggettivi che potessero riferirsi a determinati sostantivi (nel caso specifico a fiore), è ricorso anche a un non attestato (se non sporadicamente) petaloso. Il servizio di consulenza dell’Accademia della Crusca, interpellato per dare un parere sulla correttezza di questa parola fantasma, ha risposto una cosa ovvia per qualsiasi linguista: si tratta di una parola non esistente in italiano, ma che risponde alle regole di formazione delle parole della nostra lingua. La risposta è stata fraintesa ed è diventata ingiustificatamente simbolo di un presunto atteggiamento lassista dell’Accademia della Crusca (come se fosse suo compito autorizzare o meno la creazione di neologismi, e come se in questo caso avesse dato via libera alla parola fantasma).
«Un progetto petaloso»
Il primo a portare fulmineamente nel lessico politico l’allora neocostruito aggettivo è stato Matteo Renzi, allora Presidente del Consiglio dei ministri, che, proprio all’indomani del diffondersi della storia del ragazzino e del suo petaloso, ha dichiarato il 24 febbraio 2016 nel discorso di presentazione del progetto «Human Technopole» (con un vistoso fraintendimento del funzionamento dell’Accademia della Crusca): «Ma quel bambino aveva scritto una parola, aveva coniato una parola, la parola petaloso, che l’Accademia della Crusca, dopo una lunga discussione tra i propri grandi esperti, ha ritenuto essere una parola che deve entrare nel vocabolario italiano. (…) Beh, questo progetto è un progetto petaloso, questo progetto è un progetto che ha più di un ambito di azione, è un progetto che davvero possiamo definire con questa espressione».
Ma questa è storia di uno ieri relativamente prossimo, per quanto sembri ormai appartenere a un’era remota. Nel frattempo, l’aggettivo, da parola inesistente, è diventato parola che ha qualche impiego. Nel caso di sinistra petalosa, il valore semantico di ‘buonista’ viene accentuato dal richiamo a un atteggiamento accondiscendente verso qualsiasi uso lessicale che la voce ha acquisito nelle discussioni linguistiche animate dai difensori di una tradizione linguistica ritenuta immutabile. Ma in quali contesti comunicativi vive, o almeno vivacchia, sinistra petalosa?
Nella destra estrema
L’espressione viene usata nei due schieramenti estremi della politica italiana. L’attestazione più vecchia l’ho trovata, in una sequenza non ancora cristallizzata, nel sito www.ideadestra.org, precisamente in un articolo di Arturo Delicato, già il 1 marzo 2016: «si fanno le elezioni, perde la vecchia amministrazione di destra, arriva una sindachessa di una lista civica di sinistra #petalosa #benpensante #moralista, una “bedda figghia”, laureata, (qui nel sud sono tutti laureati)». Ma nei siti di destra sinistra petalosa diventa presto un’espressione fissa (che circola, e con una certa frequenza, anche nei commenti di singoli utenti ad articoli di diverse testate). Riporto un altro paio di attestazioni: una del 27 novembre 2019, all’interno di un intervento di Valerio Benedetti in «Primato nazionale»: «Lei si chiama Wanda Pane, napoletana di 85 anni, che ha aderito al movimento degli “oppositori dell’opposizione”. Sociologa e psicologa in pensione, la Pane però non ci sta a farsi chiamare nonna: “Sono una ragazza d’antan”, ha scritto in un commento su Facebook, mandando in visibilio la sinistra petalosa»; un’altra, più recente (25 luglio 2020), di Umberto Camillo Iacoviello, nell’articolo Sardine: sotto l’antisalvinismo, niente, in un quotidiano online «con un rigoroso approccio occidentale e pro-mercato» («Atlantico»): «dopo averli sentiti sbraitare in piazza, con i loro numerosi appelli alla buona politica, all’antirazzismo, e con tutti i temi cari alla sinistra petalosa, ci si aspetterebbe un libro che descrive approfonditamente le loro idee».
Nella sinistra estrema
Ma anche la sinistra, quella a sinistra della «sinistra petalosa», utilizza l’espressione. Mi sono imbattuto ripetutamente, in rete, nel commento del 5 aprile 2017 su Facebook di Alessandro Latella, della segreteria bolognese del PRC: «Certamente non ci si può limitare alla risposta tipica della sinistra petalosa: corridoi umanitari e ben vengano ad alimentare un esercito di riserva o ad essere sfruttati dalla malavita»; a sua volta, Alessio Arena, in un sito svizzero (https://www.sinistra.ch) ha scritto il 1° settembre 2017: «Non è nascondendo la propria subalterntà ideologica dietro al lessico scarlatto o all’insofferenza (giustificata, ma da elaborare teoricamente) per la “sinistra petalosa”, che si fa i “comunisti sul serio”».
Altri spargimenti di petali
Anche in siti di informazione più neutri (come «Wired») continua a trovar spazio la nostra espressione: «A fargli da eco dalle parti di Farage, più che i sostenitori di Boris Johnson, potrebbe essere paradossalmente la sinistra antieuropeista: occhio allora a riviste anti-politically correct come Unheard, Spiked, accademici come Matthew Goodwin e James Heartfield, gruppi come The Full Brexit o persino Jacobin, che non vedono l’ora di fare i conti con la sinistra petalosa» (Paolo Mossetti, in un articolo sul movimento «Italexit» di Gianluigi Paragone del 24 luglio 2020).
Termino citando, per completezza, altri usi politici di petaloso: il primo è dal sito petalopubblica.it (articolo del 24 agosto 2018: «Immancabili, anche in questo caso, le sfilate di solidarietà liberalpetalose: un sit-in a Riace, uno all’Esquilino, persino la marcia Perugia-Assisi strumentalizzata per l’occasione, giungendo addirittura alla proposta di candidare il “modello Riace” al Nobel per la pace»); il secondo è in un intervento di Renato Brunetta nel «Corriere della Sera» del 20 aprile 2016: «In buona sostanza, Mieli ci invita a votare sì al referendum di ottobre e nel contempo a fare un’opposizione “petalosa”, in fondo gialla, come il sindacato voluto dalla Fiat negli anni 50 perché dicesse sì al padrone, in cambio di spiccioli».
Le 44 parole (o locuzioni) già trattate da Michele A. Cortelazzo: menevadismo, contratto di governo, manina, palle, sovranismo, cambiamento, pacchia, mangiatoia, umanità, pigranza, buonista, revenge porn, radical chic, salvo intese, professoroni, rosiconi, gufo, sbruffoncella, rosicare, interlocuzione, rottamazione, ruspa, vaffa, sardine, Italia viva, Germanicum, spallata, non mollare, pieni poteri, zona protetta, ciuffetto, chiudere, riaprire, riapertura, Decreto Rilancio, congiunto, Stati generali, democrazia negoziale, Paesi frugali, zecca, negazionista, Zaiastan, dittatura sanitaria, sanitocrazia, sforzo produttivo
Immagine: Festival dei tulipani
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