15 dicembre 2020

Ristoro

Le parole della neopolitica

 

Sono stato a lungo incerto se indicare, come lemma di questo capitolo della nostra cronaca del neopolitichese, il singolare ristoro o il plurale ristori. Alla fine ho optato per il rispetto della tradizione lessicografica, che inserisce a lemma il singolare. Ma nella politica di questi giorni (a partire dalla fine di ottobre 2020) si parla prevalentemente di ristori al plurale. Troviamo la parola, per esempio, in una dichiarazione del ministro Boccia pubblicata in «Repubblica» del 25 ottobre 2020: «è il momento delle scelte. Dobbiamo mettere subito in sicurezza sanitaria il Paese per tutelare la salute di tutti e far sopravvivere l'economia. Perciò vanno sospese le attività non strettamente necessarie e garantiti ristori in tempi brevi». L’uso massiccio della parola si diffonde, però, con l’approvazione del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, «Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19». Secondo la prassi ormai corrente (già discussa a proposito del Decreto Rilancio), il provvedimento è stato subito ribattezzato, anche nel sito della Presidenza del Consiglio, con l’etichetta più breve, anche se non immediatamente trasparente, di Decreto Ristori. Ben presto ristori è diventata parola diffusa nelle discussioni politiche, anche perché al primo Decreto Ristori hanno fatto seguito un Decreto Ristori bis, un Decreto Ristori ter e un Decreto Ristori quater (che sarebbe il decreto-legge 30 novembre 2020, n. 157, «Ulteriori misure urgenti connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19»).

 

Poco "umano", questo tecnicismo

 

L’uso di ristori invece di formulazioni più complesse voleva forse rispondere a un intento di semplificazione. Ma a chi ha introdotto nel lessico politico questa parola è sfuggito che si trattava di una parola poco nota nel significato arcaico o tecnico qui recuperato (quello di compensazione di un danno economico conseguente a un obbligo fissato da una norma di legge), mentre era molto più diffuso un altro significato, quello di ‘recupero delle forze fisiche per mezzo di nutrimento, riposo e sim.’.

Non mi risulta che al momento della prima diffusione della parola in ambito politico la stampa abbia reagito di fronte ai limiti semantici dell’espressione scelta. Qualche reazione c’è stata, invece, nei social network, dove qualcuno si è chiesto addirittura se «il ristoro di Conte» fosse un anglismo; qualcun altro ha riconosciuto che si trattava di un termine giuridico, aggiungendo, però, che questo non ne giustificava l’uso: «potevano benissimo usare un termine “umano”», è il commento che ho letto nel sito dei fan di «La lingua batte».

 

Uso limitato anche in ambito giuridico

 

In realtà, ristoro ha un uso piuttosto limitato anche in ambito giuridico. Non ricorre mai nel Codice civile, né in altri testi della stessa portata. Lo si trova in commenti giuridici o in testi giurisprudenziali, soprattutto in riferimento a indennizzi e quasi sempre nella sequenza a titolo di ristoro (per esempio «l’indennità corrisposta a titolo di ristoro per rischio radiologico non ha natura risarcitoria», oppure «Il gestore telefonico esponeva, inoltre, gli indennizzi riconosciuti all’utente, come di seguito ripartiti: (…) € 100,00 riconosciuti a titolo di ristoro del disagio subito»). Lo stesso Decreto Ristori parla di contributi e non di ristori; ristoro compare solo due volte, in posizione per così dire defilata: la prima volta nel comma 5 dell’art. 1, dove pare usato per ragioni di variatio («Per i soggetti che hanno già beneficiato del contributo a fondo perduto (…) che non abbiano restituito il predetto ristoro, il contributo di cui al comma 1 è corrisposto dall'Agenzia delle entrate»), la seconda al comma 3 dell’art. 9 («Per il ristoro ai comuni delle minori entrate derivanti dal comma 1, il Fondo di cui all'articolo 177, comma 2, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (….) è incrementato di 101,6 milioni di euro per l'anno 2020»), dove riprende l’uso fatto nel Decreto Rilancio. Semmai, è proprio in questo decreto che ristoro ricorre frequentemente (per esempio l’art. 180 si intitola Ristoro ai Comuni per la riduzione di gettito dell'imposta di soggiorno e altre disposizioni in materia; ma si noti che una volta, sia pure in una modifica introdotta dal Parlamento in sede di conversione in legge, ristoro compare anche nel significato più usuale: l’art. 28 bis contiene Disposizioni in materia di concessioni per il servizio di ristoro tramite distributori automatici).

 

Un sospetto e via

 

Questo recente ricorso a ristoro in ambito politico sembra proprio una bizzarria. Se anche nell’uso giuridico la parola risulta tutto sommato marginale, perché i politici hanno scelto proprio questa parola per denominare i contributi dati alle categorie che subiscono danni a causa delle misure adottate per tutelare la salute di tutti? È difficile capirne la ragione. Si può avanzare, però, un’ipotesi: potrebbe trattarsi di una consuetudine personale del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, derivata dalla sua esperienza professionale, che è subito stata imitata dai ministri, e poi dai giornali. Mancano, però, prove a sostegno di questo sospetto. E, quindi, è prudente limitarsi a osservare che ormai i contributi di cui stiamo parlando si chiamano sempre più comunemente ristori.

 

Le 45 parole (o locuzioni) già trattate da Michele A. Cortelazzo: menevadismo, contratto di governo, manina, palle, sovranismo, cambiamento, pacchia, mangiatoia, umanità, pigranza, buonista, revenge porn, radical chic, salvo intese, professoroni, rosiconi, gufo, sbruffoncella, rosicare, interlocuzione, rottamazione, ruspa, vaffa, sardine, Italia viva, Germanicum, spallata, non mollare, pieni poteri, zona protetta, ciuffetto, chiudere, riaprire, riapertura, Decreto Rilancio, congiunto, Stati generali, democrazia negoziale, Paesi frugali, zecca, negazionista, Zaiastan, dittatura sanitaria, sanitocrazia, sforzo produttivo, sinistra petalosa

 

Immagine: Monete e banconote in euro

 

Crediti immagine: Avij (talk · contribs), Public domain, via Wikimedia Commons

 

 

 

 


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