18 gennaio 2021

DPCM

Le parole della neopolitica

 

Non so quanti, prima del 2020, conoscessero l’esistenza dei Decreti del Presidente del Consiglio (DPCM). Io stesso non ci avevo mai fatto caso, nella selva di testi normativi che regolano la nostra vita sociale (leggi nazionali e regionali, decreti legge, decreti legislativi, decreti ministeriali e via dicendo), per quanto il mio stesso stipendio fosse in parte regolato proprio da un Decreto del Presidente del Consiglio (dal DPCM 28 maggio 2001 «Adeguamento della retribuzione delle categorie di docenti e ricercatori universitari, del personale dirigente della Polizia di Stato e gradi di qualifiche corrispondenti, dei Corpi di polizia civili e militari, dei colonnelli e generali delle Forze armate» ai decreti che si sono succeduti, con alcune interruzioni, negli anni successivi).

 

L’iniziale connotazione giuridica

 

Ma oggi DPCM è parola che ricorre stabilmente nella polemica politica, nella comunicazione giornalistica e attraverso i social, e anche nella comunicazione quotidiana. Il suo uso ha subito una rapida evoluzione nel tempo. All’inizio ha mantenuto la sua connotazione giuridica. Il ministro Francesco Boccia, intervistato dal «Corriere della sera» del 30 aprile 2020, cita lo strumento del Decreto del Presidente del Consiglio in un contesto ancora tecnico («Io penso che tutto debba passare dal Parlamento, a cominciare dalle norme che indicano la rotta. È stato così con i decreti, approvati anche all’unanimità, che poi hanno dato vita ai Dpcm, i cui orizzonti sono di poche settimane») e sostanzialmente lo stesso si può dire del sindaco di Trieste Roberto Di Piazza, di centro-destra, che a «Repubblica», nella versione on line, dichiara il 19 ottobre 2020: «Faccio il sindaco da 19 anni, con tre mandati non consecutivi, e so quanto sia importante che le decisioni siano prese città per città. Quindi sono d'accordo con quanto prevede finalmente il Dpcm di Conte».

 

Oggetto di polemica politica

 

Ma ben presto lo strumento costituito dal DPCM e i suoi contenuti specifici sono diventati oggetto di polemica politica. Dice la ministra Teresa Bellanova, intervistata su «Repubblica» del 19 dicembre 2020: «Conte va avanti se non governa contro il Parlamento: non siamo una repubblica fondata sui Dpcm né sulle task force». Più perfido Matteo Renzi, sullo stesso giornale, il 29 ottobre 2020: «Vorrei ricordare che senza i miei giochini politici di un anno fa oggi Conte farebbe il professore all'Università di Firenze e in queste ore si occuperebbe di come funziona la didattica online da Novoli, non di dpcm». A sua volta, Matteo Salvini, ospite di «Non è l'Arena» il 15 dicembre 2020, pronuncia un auspicio, che non diventerà realtà: «spero che almeno a Natale non ci sia un nuovo Dpcm, ora che Conte ci dice che il Natale in tanti non viene bene».

 

Il legame con la pandemia

 

Attualmente la sigla DPCM sta subendo una profonda modifica nell’uso e nel significato. Ormai DPCM ha in gran parte oscurato, nell’uso politico e anche in quello comune, il valore proprio di ‘atto amministrativo emesso dal Presidente del Consiglio dei Ministri’, per assumere quello, improprio e specifico, sorto per antonomasia, di ‘provvedimento che definisce obblighi e divieti necessari al contenimento del contagio da COVID-19’. Ce ne sono diverse prove. La prima, è l’uso assoluto che si fa di questa sigla nel significato specifico appena indicato, come è documentato, per esempio, da questo titolo di «Repubblica» del 6 novembre 2020: «Fino al Dpcm non avevo la percezione che fossero due regioni separate Da bambina andare nell’Isola era normale». Poi va segnalata l’abitudine, indotta dalla rapida successione di Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri in un breve lasso di tempo o da ragioni di polemica politica, di attribuire ai DPCM dei nomi informali: così nelle ultime settimane si è parlato comunemente del DCPM Natale (per esempio, nel sito di Fratelli d’Italia il video di un discorso alla Camera del deputato Edmondo Cirielli è introdotto con il titolo «Dpcm Natale, Cirielli: «La quarantena di oggi è la prova del grave errore commesso in estate») e il 18 dicembre 2020 Andrea Ruggeri, deputato di Forza Italia ha annunciato la sua resistenza contro il «Dpcm Lockdown»: «io non rispetterò un “Dpcm Lockdown”. Lo dico subito: me ne fregherò. C’è un limite a tutto, anche all’irragionevolezza. Mi multassero». Infine c’è l’indizio più significativo: le disposizioni dettagliate per il periodo natalizio, emanate il 18 dicembre 2020, sono state spesso denominate anch’esse «DPCM (di) Natale» («Dpcm Natale, la conferenza stampa di Giuseppe Conte: ecco le nuove misure», intitola La7, tra gli altri). Ma tali disposizioni non sono state stabilite con un Decreto del Presidente del Presidente del Consiglio, bensì con un Decreto-legge (il Decreto-legge 18 dicembre 2020, n. 172, «Ulteriori disposizioni urgenti per fronteggiare i rischi sanitari connessi alla diffusione del virus COVID-19»). La risemantizzazione di DPCM nell’uso non tecnico è così completata: da una parte DPCM, per antonomasia, ha ristretto il suo significato, circoscrivendo l’oggetto del decreto alle sole misure contro il COVID-19, dall’altra lo ha esteso, iniziando a riferirsi a qualsiasi provvedimento governativo relativo al contenimento del contagio, indipendentemente dalla reale natura giuridica dell’atto.

 

Le 46 parole (o locuzioni) già trattate da Michele A. Cortelazzo: menevadismo, contratto di governo, manina, palle, sovranismo, cambiamento, pacchia, mangiatoia, umanità, pigranza, buonista, revenge porn, radical chic, salvo intese, professoroni, rosiconi, gufo, sbruffoncella, rosicare, interlocuzione, rottamazione, ruspa, vaffa, sardine, Italia viva, Germanicum, spallata, non mollare, pieni poteri, zona protetta, ciuffetto, chiudere, riaprire, riapertura, Decreto Rilancio, congiunto, Stati generali, democrazia negoziale, Paesi frugali, zecca, negazionista, Zaiastan, dittatura sanitaria, sanitocrazia, sforzo produttivo, sinistra petalosa, ristoro

 

Immagine: Palazzo Chigi

 

Crediti immagine: Simone Ramella from Roma, Italy, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, attraverso Wikimedia Commons

 

 

 

 

 


© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata