È politicamente scorretto sostenere che l’espressione “politicamente corretto” sia usata troppo e, spesso, a sproposito? Un fatto è certo: ricorre tantissimo; soprattutto, ovviamente, nel linguaggio di vari politici, poi in quello dei giornalisti. Deriva dall'anglo-americano politically correct e si riferisce, in estrema sintesi, alla necessità di evitare un linguaggio in grado di offendere, anche senza volerlo, qualcuno. L’uso dell’avverbio “politicamente” è legato, in modo estensivo, al modo di comportarsi nell’ambito pubblico e in quello privato. Bisogna intenderlo nel senso originario del termine; quello che deriva dal greco antico “πολίς, polis” (città) e “πολίτης, polites” (il cittadino, che è tale perché esercita diritti e doveri attraverso la libertà di parola).

Negli Stati Uniti degli anni Trenta

Sull’Enciclopedia dell’Italiano di Treccani.it, la linguista Rita Fresu – in una voce scritta nel 2011 – specifica che “l’espressione angloamericana politically correct designa un orientamento ideologico e culturale di estremo rispetto verso tutti... Secondo tale orientamento, le opinioni che si esprimono devono apparire esenti, nella forma linguistica e nella sostanza, da pregiudizi razziali, etnici, religiosi, di genere, di età, di orientamento sessuale o relativi a disabilità fisiche o psichiche della persona”. Una sensibilità che ha visto la luce negli ambienti statunitensi di sinistra durante gli anni Trenta del Novecento. Per poi diffondersi con i movimenti sessantottini e raggiungere dimensioni importanti negli anni Ottanta: proprio allora, per esempio, “Afro-american sostituì black, nigger e negro per designare i neri d’America” e, “anche in risposta all’intensificarsi di episodi di razzismo, furono stilati in università americane regolamenti di condotta verbale (i cosiddetti speech codes) volti a scoraggiare l’uso di epiteti ingiuriosi e offensivi”.

Da destra, un insulto

Come reazione, negli States si fece avanti chi accusava i fan del “politicamente corretto” di conformismo, di ipocrisia e pure di una vocazione alla dittatura linguistica. Tanto che laggiù l’espressione è stata, ed è, frequentemente adottata in senso dispregiativo negli ambienti di destra contro quelli liberal e di sinistra. Secondo il linguista Federico Faloppa, fino al 1990 era utilizzata a sinistra in modo scherzoso; più raramente, in modo serio, da alcuni fautori di un linguaggio tollerante. Però dopo il 1990 negli Usa fu trasformata dalla destra in un’etichetta negativa affibbiata ai rivali politici. Basti pensare che il presidente Donald Trump nel maggio 2020, durante una conferenza stampa, ha apostrofato così un reporter che indossava la mascherina anti-Covid: "Politically correct!". L’“insulto” era già stato il cavallo di battaglia di Trump durante la campagna elettorale del 2016, condotta contro quella che definiva “l'egemonia ideologica liberal del politicamente corretto”.

La Carta di Roma

In Italia non c’è stata la tendenza a redigere decaloghi della correttezza verbale. Tuttavia le regole deontologiche dell’Ordine dei giornalisti contengono alcuni riferimenti; capita per esempio nella Carta di Roma del 2008, dedicata ai diritti dei migranti, dove si invitano i cronisti a “evitare l’uso di termini impropri”. Prima ancora si possono citare le Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana, incluse da Alma Sabatini nel documento Il sessismo nella lingua italiana, redatto nel 1987 per la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Commissione nazionale per la parità e le pari opportunità tra uomo e donna. Inoltre, l'utilizzo di parole alternative ad altre usate in passato entra spesso nell’uso comune: per esempio, appare più opportuno scrivere o dire “disabile” o “diversamente abile” invece di “handicappato”; “non udente” invece di “sordo”; “nero” o “di colore” invece di “negro”. Poi, nell’ambito lavorativo, “operatore ecologico” al posto di “spazzino” o “netturbino”, “operatore scolastico” invece di “bidello” e via di questo passo.

«Ecco a voi i nuovi talebani»

Di certo, anche in Italia non mancano le ribellioni esplicite contro il “politicamente corretto”. A livello politico, analogamente a quello che è successo negli Stati Uniti, spessissimo l’attacco viene da destra (mentre a sinistra la locuzione ormai si usa molto meno). Per citare qualcuno dei tanti esempi, prendiamo solo il mese di giugno 2020. In un post su Facebook la leader del partito Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni – riferendosi alla statua di Indro Montanelli imbrattata a Milano a causa del suo controverso “matrimonio” con una bambina eritrea in epoca coloniale – ha scritto: “La statua... imbrattata da analfabeti radical chic con la scusa della lotta al razzismo. Signore e signori, ecco a voi i nuovi talebani. Ecco a voi la civiltà del politicamente corretto”. Mentre il leader della Lega Matteo Salvini, su Twitter, ha scritto: “Nel nome del politicamente corretto buonista censurano anche #Viacolvento. Follia” e ha pubblicato su Facebook un video intitolato “Stop all'idiozia del politicamente corretto” (in particolare quando si tratta di migranti).

«Nelle mani degli illiberali»

Anche sul fronte mediatico, le prese di posizione sono tante, con sfumature diverse a seconda della collocazione delle testate o delle opinioni dei giornalisti. Su Il Foglio, nel 2019, il direttore Claudio Cerasa scrive un articolo intitolato: “Gli impostori del politicamente scorretto”; nel sommario si legge: “Da Salvini a Trump fino a Dibba. Il politicamente scorretto, nelle mani dei liberali, è una battaglia per la libertà. Nelle mani degli illiberali, diventa una battaglia contro la libertà. Indagine su un grande equivoco dell’epoca populista”. Mentre a giugno del 2020 il direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti annuncia l’uscita di Vittorio Feltri dall’Ordine dei giornalisti: “Perseguitato da anni, il direttore lascia l'Ordine per poter scrivere ancora. Così il soviet del politicamente corretto uccide la libertà”. Poche settimane dopo lo stesso Feltri firma su Libero un commento (volutamente, come sempre, molto “scorretto”) dove, tra l'altro, sostiene che “i conformisti del politicamente corretto sono affetti da imbecillità di gregge”. A settembre dello stesso anno l’opinionista del Corriere della Sera Pierluigi Battista evoca, parlando di cinema e Oscar, “il trionfo dell’oscurantismo del politicamente corretto” .

I cabbasisi

A settembre 2020, su un altro fronte politico ma sempre con spirito polemico, il mensile FQ Millennium dedica alla controversa locuzione un interessante numero monografico, intitolato, senza giri di parole, “Il politicamente corretto ha frantumato i cabbasisi (gli attributi maschili, nel siciliano usato dallo scrittore Andrea Camilleri, ndr)”. Il direttore Peter Gomez scrive: “Il tribunale del politicamente corretto, la nostra nuova corazzata Potëmkin, spegne le menti, uccide l’arte, la comicità, il giornalismo e la letteratura. Ci trasforma in fantozziani impiegati del pensiero e della parola”. Aggiunge però che “la critica al politicamente corretto di sinistra arriva… quasi sempre da quegli intellettuali e politici che ne vorrebbero semplicemente instaurare uno diverso. Uno di destra estrema. Magari, quello sì, condito da discriminazioni e razzismo”.

Filippo

Insomma, come si legge sul magazine Esquire nell’articolo “La guida al politicamente corretto”, siamo di fronte all’“abbinata di parole più controversa che c’è. Nata come rimedio pragmatico a situazioni insostenibili, dovrebbe portare concordia, ma spesso semina furore”. Nel match tra i litiganti corretti e quelli scorretti, ovviamente, la satira gode: il vignettista Vauro Senesi, in una vignetta che ha come titolo proprio quell’espressione, disegna un uomo che, di fronte a un altro su una sedia a rotella, si chiede: “...Handicappato? Disabile? Diversamente abile? Non deambulante?”. L’altro alza la mano e sbotta: “Veramente mi chiamo Filippo!”.

Bibliografia essenziale

Federico Faloppa, PC or not PC? Some reflections upon Political correctness and its influence on the Italian language, in "Cultural Change Through Language and Narrative: Italy and the USA", Legenda, Oxford, 2018.

Rita Fresu, Politically correct, 2011, in Enciclopedia dell’italiano, Treccani.it, Roma.

Alma Sabatini, Il sessismo nella lingua italiana, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato - Libreria dello Stato, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Roma, 1993.

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