L’Italia ai tempi della Calunnia

«È la solita sinistra delle frottole, delle invettive e delle calunnie», ebbe a dire qualche tempo fa il presidente del Consiglio dei ministri onorevole Silvio Berlusconi. Le frottole (o bubbole, balle, ciancie, crostoli,  fandoniefanfaluchefolefrappe, galani, panzane_, come ricorda Luigi Romani, nell’intervento intitolato_ Bubbole, fandonie e fanfaluche__, e pubblicato in questo Portale) si riassumevano nella cifra dei partecipanti alla manifestazione Salva l’Italia organizzata dal Partito Democratico il 25 ottobre del 2008, sovrastimata da Walter Veltroni e dai media vicini al centro-sinistra, secondo Berlusconi. Notevole l’uso del toscanissimo e simpaticamente colloquiale  frottole (a Milano, menate_; a Roma,_ fregnacce_; a Napoli,_ palle_)._

Interessante la climax retorica ascensionale che caratterizza la terna dei sostantivi, con passaggio da parola che reca in sé il significato primario, il più antico, di poesia popolare varia di metro e infarcita di indovinelli oscuri, passando al sostenuto vocabolo (invettiva) che evoca infiammate requisitorie in tunica e toga praetexta contro l’avversario politico (Sallustio in Ciceronem_), per finire con la corrusca parola – poi accolta nell’inferno del lessico giuridico penale –,_ calunnia_, che qui ha poco del_ venticello cantato dal Basilio rossiniano, e molto dell’indignazione dantesca (la calunnia del Convivio_, cavillosa oppositrice della verità rivelata della fede)._

L’accusa è un’altra cosa

Non meno di invettiva_, del resto,_ calunnia ha nobile e certa radice latina, derivando da calumnia_[m], a sua volta proveniente dal verbo_ calvi ‘ingannare’. La matrice moralmente nefasta da cui origina la calunnia_, alla quale forse pensa chi, come Berlusconi stavolta e come tanti altri politici hanno pensato prima di lui e tanti altri penseranno dopo di lui, è chiarita da un sommo scrittore, politico e – oggi si direbbe – politologo, Niccolò Machiavelli (www.letteratura.it), che individua con precisione il discrimine tra_ calunnia e accusa_:_ «Quanto le accuse giovano alle repubbliche, tanto le calunnie nuocono: e dall’una e l’altra parte è questa differenza, che le calunnie non hanno bisogno né di testimone né di alcuno altro particolare riscontro a provarle, in modo che ciascuno e da ciascuno può essere calunniato; ma non può già essere accusato, avendo le accuse bisogno di riscontri veri e di circunstanze che mostrino la verità dell’accusa».

La sinistra di “quelli che…”

Questa «sinistra delle frottole, delle invettive e delle calunnie» è invisa a Berlusconi. Perché? Leggiamo le citazioni dai discorsi politici berlusconiani, dalla “discesa in campo” del 1994 fino al discorso programmatico del terzo Governo Berlusconi nel 2005, nei quali compaiono giudizi sulla sinistra italiana: sono i protagonisti della sinistra, che hanno cambiato simboli e nome ma sono sempre gli stessi / sono nati nelle segreterie dei partiti / i compagni della sinistra, cresciuti nei pollai delle segreterie politiche / le sirene della sinistra, quelle che vogliono diffondere il pessimismo. Non basta, Berlusconi imputa azioni e comportamenti riprovevoli alla sinistra, specialmente quando essa si cimenta nell’azione di governo: la sinistra che ha conquistato il potere nel nostro Paese / che sta per aumentare le aliquote dell’IVA / che calpesta i diritti dell’uomo / che è già caduta nel consenso degli italiani / uomini della sinistra che si alzano e puntano il dito contro di me / il governo della sinistra che praticamente dice “il padrone sono io” / che tiene semiaperta la porta dell’ingresso legale e tiene spalancata quella dell’ingresso illegale (degli immigrati) / che ha deluso gli italiani / che copia i nostri programmi / che ha accentuato il suo statalismo / che ha mancato nella politica economica / che è ferma al materialismo / che arriva a dire che siamo noi che vogliamo limitare la libertà in televisione / ha preteso di avere titolo per governare il paese / ha confermato ancora una volta di essere lontana dalla gente / ha sempre costantemente sottovalutato la criminalità / ha mentito / ha causato in Italia questo fenomeno terribile che è la disoccupazione. Insomma, si capisce bene, visti i «riscontri veri»

e acclarate le specifiche «circunstanze», che queste per Berlusconi sono accuse (e non calunnie). Purtroppo questo può succedere, commenta Berlusconi, in quanto, «soprattutto a sinistra, si fa politica perché non si riesce a fare nient’altro di meglio». [Le citazioni sono tratte dallo studio statistico e dalle analisi del linguaggio berlusconiano contenuti in Parole in libertà, di Sergio Bolasco, Nora Galli de’ Paratesi, Luca Giuliano, Manifestolibri, Roma 2006)].

Reclusione da due a sei anni

Come si può reagire, allora, alla calunnia_, a questa_ «invenzione fraudolenta, che, sotto colore di vero, con vili mezzi e parole bugiarde gli uomini trovano per macchiare l’onore e l’innocenza altrui» (il lessicografo ottocentesco Pietro Fanfani)? Ci pensa il nostro Codice penale, trattando all’articolo 368 del reato di calunnia: «chiunque, con denunzia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all’Autorità giudiziaria o ad un’altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato, è punito con la reclusione da due a sei anni». Silvio Berlusconi potrebbe perciò rivolgersi ai magistrati – ma come: gli stessi che, secondo lui, troppe volte e in malo modo si sono rivolti a lui medesimo? E reagire, invece, dando pan per focaccia all’avversario, attraverso una grande iniziativa spettacolare e mediatica? Facendo come fece un antico, celebrato perfino artisticamente dai posteri a distanza di secoli e per secoli?

Apelle, Botticelli e il ritratto ritoccato

Alessandro di Mariano Filipepi, meglio noto come Sandro Botticelli, all’incirca nel 1495 dipinse La calunnia, una tavola a tempera che oggi si conserva nella Galleria degli Uffizi, a Firenze. Si tratta di un dipinto allegorico che si rifà a un trattato dello scrittore e sofista greco Luciano di Samosata (II secolo d. C.), noto col titolo latino di Calumniae non temere credendum (Non bisogna prestar fede alla calunnia, nella traduzione, tra gli altri, di Guarino da Verona, 1403-1408). Nel dipinto del Botticelli, Calunnia è una donna molto bella che si fa acconciare i capelli da Perfidia e Frode, mentre trascina a terra il Calunniato impotente. Nell’operetta lucianea, si raccontava del più venerato pittore dell’antichità, Apelle (IV sec. a.C.), originario di Colofone, il quale, calunniato a corte, aveva reagito raffigurando il re Tolomeo Filopatore con le orecchie asinine di Mida. Nel dipinto di Apelle, il re dà retta a una personificazione della calunnia, che vi compare assieme ad altre personificazioni, come quelle dell’invidia e dell’ignoranza.

Secoli dopo, Leon Battista Alberti, nel suo De pictura (1435) (www.griseldaonline.it), alludeva alla calunnia subita da Apelle e consigliava ai pittori suoi contemporanei di esercitarsi nell’imitazione del dipinto di Apelle, partendo, come base, dalla descrizione (ecfrasi) fattane da Luciano. Anche La nascita di Venere di Botticelli si rifà alle ecfrasi di un altro celeberrimo dipinto di Apelle, l’Aphrodite Anadyomene (‘Afrodite che sorge dalle acque’), andato perduto come tutte le altre opere del pittore greco. Il motivo della calunnia di Apelle venne ripreso dal Mantegna, dal Franciabigio, da Zuccari, da Rembrandt, fino all’inglese Burne-Jones (1875) (www.engramma.it). Insomma, un Veltroni ritratto e telediffuso con un lifting asinino delle orecchie potrebbe rinnovare i fasti del Tolomeo di Apelle e della Calunnia di Botticelli, facendo di Berlusconi – è pronto uno slogan – l’uomo del nuovo Rinascimento italiano.

Immagine: La calunnia, Sandro Botticelli, Galleria degli Uffizi, Firenze.

Crediti: Miguel Hermoso Cuesta [CC BY-SA 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)], attraverso Wikimedia Commons.