Presentiamo la seconda di quattro puntate di un'indagine volta a analizzare le caratteristiche salienti delle riviste di critica letteraria e letteratura on line che si sono maggiormente distinte negli ultimi anni. La prima puntata si può leggere qui . Le prossime puntate saranno pubblicate in luglio e settembre del 2017.
Mutare la sede del discorso critico non significa necessariamente sconvolgerne il metodo e gli obiettivi. Se esiste un «oggetto di osservazione», come ricordava Franco Fortini nella Verifica dei poteri, esiste sempre un destinatario al quale rivolgere le scelte, i giudizi, le domande che ridefiniscono il nostro essere nel mondo. Esiste, dunque, un ruolo ‒ quello dell’attività critica ‒ che nelle versioni più attuali, non smentisce mai la sua etimologia: con krínein s’intende fin dall’antichità l’operazione di discernere e valutare un’opera d’arte, ma, come la storia linguistica insegna, il termine greco è riuscito a caricarsi del peso metodico della teoria e della poetica, sino a definire, a partire dal periodo positivistico di fine Ottocento, uno status quasi scientifico di ricerca, volto a risolvere una questione non solamente descrittiva ma anche interpretativa. Ebbene, chi intende intraprendere lo studio critico non può non dimenticare questa molteplicità di sguardi, riuscire a parlare di tutto «a proposito di una concreta e determinata occasione», che vada a oltre il supporto stesso d’indagine ‒ nel nostro caso un testo ‒ e, soprattutto, oltre l’etichetta di semplice “intermediario” di parole.
Essere critici oggi
Ma chi è titolato a fare ciò oggi, sul web? La critica è una lettura «profilata», secondo una definizione di Roland Barthes, che tuttavia sembra coinvolgere una qualifica professionale non strettamente «preconfezionata». Del resto, l’esperienza di Nazione Indiana vedeva come primi animatori del web alcune figure che, all’interno del campo letterario, occupavano la posizione di «nuovi entranti» o «dominanti», per lo più scrittori e intellettuali diversi, ma accumunati da uno stesso grado di intensità e di radicalità, di riflessione, di scrittura, di stile d’intervento. Spirito dialettico e valori comuni, insomma, come i nativi americani, che trovano una risposta estetica nelle penne del logotipo ideato da Giuseppe Genna. Lo «spartiacque» del 2005, secondo un pensiero di Gherardo Bortolotti del 2011, ha inoltre determinato in modo decisivo la strutturazione successiva dello spazio culturale. Ancora oggi, l’affinità dei testi pubblicati sulle due colonne che compongono la home del sito, resta determinata esclusivamente dalla consonanza tra le sensibilità e le scelte degli autori, dando corpo a un diffuso plurilinguismo che copre uno spettro ampio di interessi e modalità d’intervento. Ai fini di una produzione degna di vivere un tempo più lungo di quello della pagina di carta, il critico dovrà sviluppare una nuova qualità: essere competente ‒ non semplicemente specialista e filologo ‒ e fondere l’impostazione del giornalista con quella del letterato. Il cambio di paradigma non nega affatto il compito di mediazione della critica, ma le chiede altresì una selezione aperta in favore di comunità possibili, dinamiche e progressive così come è lo scenario attuale di interessi culturali. Ecco perché, accanto alla tipologia recensoria, sul blog di Nazione Indiana troviamo approfondimenti che dimostrano una particolare attenzione alle nuove forme contemporanee letterarie, come gli articoli recenti a puntate sull’orizzonte della “hypertext poetry” ( Formati per fare ebook di Fabrizio Venerandi) o sulla semantica tecnologica che si fa corpo e figura, una proposta di «ricerche in lavorazione» che rientra nel laboratorio di scrittura Prove d’ascolto, le cui tracce vengono ospitate nel portale con supporto grafico (Prove d’ascolto #1 di Daniele Bellomi, con una nota di commento di Alessandro De Francesco). Ma non mancano rilanci contemporanei delle letture critiche ‒ si pensi a Parlare il Roland-Barthes: frammenti di un pastiche di Ornella Tajani ‒ e letture critiche di una semiologia che parla del nostro tempo (Urlo grafico di Marino Magliani, con una intervista a Fabrizio Piumatto), il tutto sommato a un’accuratissima selezione di lunghi estratti in prosa e poesia, dagli esiti sperimentali.
La recensione è critica
«Certamente tutti possono parlare di libri, meno persone sanno farlo con gli strumenti giusti, giocando con il complesso e delicatissimo confine tra oggettivo (stile, lessico, organicità narrativa, poetica o argomentativa) e soggettivo (contenuti)». Gloria Ghioni, fondatrice di CriticaLetteraria crede in un’urgenza militante che, ormai distante dagli specialismi e dalle dimensioni autoreferenziali, prediliga tuttavia un’unica discriminante: la professionalità. Ed è ciò che lega il gruppo del sito ‒ «di uno spazio in più, impegnato, per chi crede nel potere nelle parole», così si legge nella sezione “Chi siamo” ‒ , da ormai dieci anni a servizio di un lettore «dal volto umano» che, secondo un pensiero di Massimo Onofri, alla critica non chiede come funziona la letteratura, ma addirittura che cos'è la vita. La recensione, in questo senso, rappresenta un’occasione di dibattito sull’esperienza che va oltre una semplice «riproposizione rimescolata della sinossi». Scrivere bene non basta. Proprio perché un libro è sempre causa e condizione di un nuovo movimento del reale e nel reale, occorrerà valorizzare il testo seguendo il potere d’indagine delle parole, e non il mero soggettivismo o la cura arida della notazione. Anche il recensore, prosegue Gloria Ghioni, «deve metterci un tocco di letteratura». Precisa selezione a monte e linea editoriale comune ma sfumata, per interessi e competenze: l’officina di CriticaLetteraria si fonda su un’analisi ad ampio raggio del panorama editoriale ‒ sono presenti anche interviste e segnalazioni di festival letterari ‒, che sappia restituire equilibrio tra le valutazioni estetico-formali e l’interpretazione ideologica di testi per lo più letterari e saggistici, non necessariamente etichettabili come ultime uscite. A dimostrazione del fatto che esiste un lettore esploratore attento all’approfondimento vero e proprio, la rubrica “#PagineCritiche” si configura come una sorta di appuntamento settimanale nel quale riscoprire testi impegnativi dal taglio metaletterario ‒ si pensi all’articolo Sulla critica letteraria giapponese di Valentina Zinnà ‒, ma anche linguistico, politico, scientifico, sociale, insieme a diverse riflessioni sullo statuto della critica e della letteratura, come l’analisi sul rapporto tra scrittore e lettore di Manganelli in Alla (ri)scoperta dell’inutile necessità della letteratura di Gloria Ghioni. Un'altra rivista culturale dedica un’intera rubrica al dialogo costante tra poesia, racconti, romanzi e «tutto ciò che c’è intorno: la realtà, il contemporaneo». Il lavoro culturale, nato nei corridoi dell’Università di Siena, si presenta come «uno spazio aperto per l’elaborazione critica delle opinioni», un angolo della rete nel quale immergersi ‒ come viene sottolineato nella citazione de Il cavaliere inesistente di Calvino che apre il rispettivo focus “Milleuna” ‒ e concentrarsi su studi precisi e ricchi di citazioni interne in materia letteraria e non solo. Dal dibattito sulla conoscenza tra spirito umanistico e scienza in L’“altrui mestiere” dello scrittore e il ponte tra le due culture di Marta Occhipinti ai casi editoriali delle nuove traduzioni, come il confronto ravvicinato tra le diverse edizioni dell’Antologia di Spoon River in Quando i poeti traducono i poeti di Iuri Moscardi, il lavoro culturale offre percorsi inediti ‒ dalla esibita forma saggistica ‒ che abbracciano più testi, nei quali “il letterario” risulta ispezionato anche nei suoi contenuti antropologici e politici, coerentemente all’impostazione dell’intero corpus di rubriche dedicate alle scienze umane e alle pratiche sociali di un mondo in costante velocità e specializzazione.
La grande scommessa tra web e carta
In una umanistica digitale non crede invece gran parte dei direttori e intellettuali d’oltreoceano. Il cosiddetto «giornalismo lungo», secondo le posizioni del magazine storico Harper’s, non può in alcun modo rientrare nelle dinamiche di viralità, immediata fruizione e condivisione, come risulta da quanto rilasciato in un’intervista da Christine Smallwood: «Il Web è fatto per le opinioni immediate e i commenti taglienti: non è quello che facciamo ad Harper’s. Ma se è questo il futuro, probabilmente non fa per noi». Il panorama delle riviste indipendenti degli Stati Uniti, tuttavia, è più complesso di quanto si pensi. Già nel volume The Little Magazine in Contemporary America (2015), curato da Ian Morris e Joanne Diaz, i numerosi saggi e le interviste avevano tentato di circoscrivere la linea comune adottata: in effetti, era emerso che il timore nei confronti delle piattaforme online derivasse unicamente da una mancata percezione del pubblico di lettori. Il passaggio dalla carta al web, dunque, è risultato possibile solo grazie a quei gruppi editoriali che potevano contare su una reputazione stabile e di alto livello. In ogni caso, la comunicazione tra le due dimensioni non viene annullata, anzi, n+1, magazine letterario fondato nel 2004, predilige, oltre al formato sfogliabile con cadenza semestrale, il caricamento di contenuti online sul corrispettivo sito ogni settimana. In Italia, un esperimento simile ha coinvolto uno storico mensile italiano d’informazione culturale, fondato nel 1984: L’indice dei libri del mese. Ispirato proprio ai periodici internazionali, quali The Times Literary Supplement e The New York Review of Books, la rivista, che promuove il dibattito pubblico sociale e culturale attraverso convegni e premi ‒ in particolare l’”Italo Calvino” per la narrativa inedita ‒, ha saputo rinnovarsi proponendo una piattaforma (L’indice online) che seguisse con cura i contenuti e i fili conduttori del cartaceo, ma con una pianificazione aggiornata delle riflessioni sulle novità e i problemi editoriali, come viene evidenziato nella rubrica “Geografie”, dedicata a preziosi itinerari «di parole» letterari e semantici. Basti pensare, per esempio, al recente approfondimento di Edoardo Esposito ‒ dal titolo Rivista Tradurre, dal web alla carta stampata ‒ , o ancora, sempre dal numero di giugno 2017, Tradurre Reading at Random, l’ultima opera di Virginia Woolf di Massimo Scotti. Ben articolate e ricche di suggestioni ‒ anche visive, tra fotografie e illustrazioni d’autore ‒ le altre sezioni interne, in particolare “Letture”, un osservatorio sull’attualità narrativa non solo italiana, ma anche straniera, nonché sulle novità del fumetto e dei testi per l’infanzia. Riconoscibilità del testo in esame e breve didascalia tematica: le recensioni dell’Indice mantengono un’impostazione classica che completa il cartaceo ‒ ugualmente scaricabile in pdf ‒ con una multimedialità necessaria, dalle immagini ai video, sino alle interviste a scrittori e intellettuali e agli incontri con gli illustratori del mese, raggiungibili (e soprattutto condivisibili) con i link dei social e delle pagine ufficiali.
Testi citati o soggiacenti
F. Fortini, Verifica dei poteri. Scritti di critica e di istituzioni letterarie, Milano, Il Saggiatore, 1965.
F. Guglieri, M. Sisto, Verifica dei poteri 2.0. Critica e militanza letteraria in Internet (1999-2009), Palermo, Palumbo, 2010.
G. Ferretti, S. Guerriero, Storia dell'informazione letteraria dalla terza pagina a Internet. 1925-2009, Milano, Feltrinelli, 2010
G. Iannuzzi, L’informazione letteraria nel web. Tra critica, dibattito, impegno e autori emergenti, Milano, Biblion Edizioni, 2009.
A. Moresco, A. Voltolini (a cura di), Scrivere sul fronte occidentale, Milano, Fetrinelli, 2002.
AA.VV, La critica come critica della vita. La letteratura e il resto, a cura di S. Lutzoni, Roma, Donzelli, 2015.
F. Fiorentino, Al di là del testo. Critica letteraria e studio della cultura, Macerata, Quodlibet, 2011.