A Marsiglia con Jean-Claude Izzo (Roma, Perrone editore, 2022) è un libro, è un taccuino, è un bignami, è un romanzo, una biografia, una mappa, un sussidiario, una guida turistica, un ricettario, una raccolta poetica, una sceneggiatura, è analisi e commento, aneddotica, manifesto politico, un invito e un ringraziamento. Un libro che non bada al genere, ma alla ricerca: il genere stesso si piega al vero, si fluidifica nelle forme per mirare all’essenza di ciò che è oggetto dell’inchiesta.

Persino l’oggetto, però, si fa soggetto, poi attributo qualificativo, infine predicato: Vins Gallico cerca Marsiglia; non una Marsiglia qualsiasi, ma il suo nucleo, il fondamento, l’anima più pura della città. E se il divenire, negando l’essere, può portare all’assurda conclusione che l’essere non sia, non sembrerà di certo più assurdo sostenere che l’essenza di Marsiglia non coincide con Marsiglia stessa, ma con Napoli, Algeri, Messina, Barcellona, Reggio Calabria. Marsiglia, smembrata sino allo scheletro, diviene ancor più ampia di come non sia “vestita”, e assumendo le sembianze di un concetto geografico, antropologico, storico, politico e culturale, si offre come “minimo comun Mediterraneo”.

Marsigliosfera

Né Oriente né Occidente, Europa non del tutto, territorio misto, ferito, altero per definizione; né intero né incompleto, né ritrovato né perduto, né mare né muro, ma asse, cerniera, cardine, sutura. Questa la Marsiglia/Mediterraneo che ricostruisce Vins Gallico, osservandola dalla sua finestra di Reggio, di Roma, di Berlino; osservandola attraverso gli occhi dello scrittore Jean-Claude Izzo.

Marsiglia non è una città per turisti. Non c’è niente da vedere. La sua bellezza non si fotografa. Si condivide. Qui, bisogna schierarsi. Appassionarsi. Essere per, essere contro. Essere, violentemente. Solo allora, ciò che c’è da vedere si lascia vedere”, scrive Izzo.

Marsiglia è la sua luce, corrisponde a essa e con essa viene rappresentata. Sembra quasi che non si tratti di una luce riflessa, che non giunga dal sole, ma che emani direttamente dall’interno della marsigliosfera. (…) La città, adesso luminosissima, sparisce. (…) Marsiglia è come le micosi, come l’herpes, come tutto ciò che è diventato cronico: una volta che ti sei contagiato ce l’hai per sempre”, scrive Gallico.

Il lettore potrebbe, quindi, pensare che si proceda a una visita letteraria di Marsiglia, attraverso la Marsiglia di cui è intrisa la biografia di Jean-Claude Izzo. Non è affatto vero, Gallico non si limita a ricostruire la città attraverso le vicende biografiche dello scrittore, ma mischia vita e finzione, senza distinzione, non importa che si percorra un viale inseguendo Izzo o un suo personaggio.

Mio padre mi aveva detto: “Non dimenticarlo. Quando arrivammo qui, con i miei fratelli, non sapevamo se, a pranzo, avremmo avuto da mangiare, e poi si mangiava comunque”. Questa era la storia di Marsiglia. La sua eternità. Un’utopia. L’unica utopia del mondo”, scrive Fabio Montale, il protagonista dei più noti libri di Izzo.

Una guida quantistica della città

Non importa nemmeno che si insegua Izzo o un’altra persona, purché essa sia vissuta a Marsiglia, purché abbia in qualche modo contribuito a fare di Marsiglia Marsiglia, dei marsigliesi i marsigliesi, di Izzo Izzo. Vins Gallico compone una guida quantistica della città, un percorso sincronico della sua topografia e della sua storia: è possibile scrivere di tutto e attraverso il tutto arrivare alla città, e attraverso la città arrivare all’uomo, e attraverso l’uomo arrivare allo scrittore. Poco importa che Izzo non coincida perfettamente con Marsiglia e viceversa, che non abbia mai incontrato Mazzini, mentre fondava la giovine Italia, che non abbia assistito né al suicidio di Liliana Castagnola né a quello di Saint Exupery, che non si sia mai posto il problema di distinguere tra Roch Siffredi e Rocco, che non abbia partecipato ai processi creativi di Brauquier o ai successi calcistici di Zidane: sono tutte particelle subatomiche capaci di disegnare un’orbita marsigliese che, seppure non esiste, tende vigorosamente all’esistenza. Componente emblematica di questo surreale lavoro di ricostruzione è il capitolo ventotto, dedicato ai luoghi di Marsiglia che Izzo non cita.

Vins Gallico ricostruisce Marsiglia in maniera sineddotica, stratagemma retorico che attribuisce allo stesso Izzo, il quale “osserva e immagina alcune parti di Marsiglia per parlare di tutta Marsiglia”. Per trovare l’essenza della città è necessario comprendere più cose insieme: che è meglio la zuppa al basilico della bouillabaisse, che “la luce è al contempo salvezza e inganno”, e che la lingua dei marsigliesi è rustica, dura, “tende al rap, alla mitraglia, al canto del muezzin”.

Gallico, però, non si limita a raccontare la città attraverso contiguità quantitative e, se da una parte prende in prestito lo stile di Izzo, dall’altra aggiunge del suo, attraversando i quartieri con un andamento metaforico: la caotica città portuaria diventa la metafora del mondo. Così, ci si perde a Marsiglia come a Bologna; Place Jean-Jaurès è il quartiere bobo di Marsiglia, come lo sono il Pigneto o Testaccio a Roma, e come lo è Nolo a Milano; Frioul, il braccio di mare fra Pomègues e Ratonneau, lo Stretto, non può che essere associato, dall’autore, a Reggio Calabria, al punto da divenirne “un’eco”, una “reminiscenza”. La ricerca spasmodica di Gallico viene presto confessata: “alla fine vado a Marsiglia e cerco sempre una specie di San Lorenzo o di Pigneto, anzi di Giufà o di Tuba (due librerie romane culturalmente molto attive nei rispettivi quartieri citati)”.

Contiguità e spaesamento

A differenza di Izzo, che cerca nel dettaglio un modo per mettere a fuoco, per definire lo sguardo, Gallico allarga l’obiettivo, introducendo nel proprio campo visivo porzioni di un mondo conosciuto che gli permettono, per contiguità, di evitare lo spaesamento. Applicando questo schema lo scrittore riduce il viaggio, accorcia la distanza, importa l’ignoto in una stanza nuova della propria casa, guardando altrove si “impaesa”, riducendo la sorpresa a un déjà vu.

Uno sforzo retorico e psicologico che, d’altra parte, si mostra perfettamente coerente con la Marsiglia che Izzo e Gallico intendono mostrare: una città dove nessuno è straniero, “la prima città del terzo mondo”, molteplice, multiculturale, multirazziale, multimusicale, il porto dove ciascuno può sentirsi accolto senza dover rinunciare alle proprie radici, l’abbraccio che accoglie senza chiedere, in cambio, nessun sradicamento. Per Gallico, Marsiglia è “una cittadinanza, un matrimonio, un patto di fratellanza o sorellanza”. Per Izzo non è una meta in sé, “ma soltanto una porta aperta. Sul mondo, sugli altri. Una porta che rimanga aperta, sempre”.

A Marsiglia con Jean-Claude Izzo finisce per somigliare curiosamente alla città, tra pendenze, diversi strati e diverse altezze. Non è solo la città a essere scandagliata dall’osservatore, ma la vita di Izzo – tra nascita, fuga e morte – le sue opere, una per una, e gli adattamenti cinematografici; e poi, i flussi migratori, i disastri ambientali, il mare e il porto, la soglia e il confine, l’amicizia e la resistenza.

Immagine: Tratta dalla copertina di A Marsiglia con Jean-Claude Izzo (Perrone editore, 2022) di Vins Gallico

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