29 marzo 2023

Amalia Guglielminetti fra tradizione e protofemminismo

 

Su Amalia Guglielminetti, oltre alla consueta lacuna critica che caratterizza la ricezione delle autrici, si è abbattuta una damnatio memoriae sia postuma che a lei contemporanea. Così questo nome offuscato è arrivato fino a noi di riflesso, letto velocemente nelle pagine critiche e biografiche di un altro poeta, Guido Gozzano. La “Signorina Felicita” o la Musa di Gozzano, come spesso viene ricordata, è stata in realtà un personaggio e una scrittrice degna di totale autonomia, dal carattere carismatico e anticonformista, di natura carnale e passionale, affamata di vita. Dunque, è necessario rileggere anche il rapporto con Gozzano da una nuova prospettiva e, sebbene abbia rappresentato un passaggio fondamentale per entrambi, lo è stato in modi diversi. Se Gozzano era un giovane tormentato dalla morte, sua reale Musa e interlocutrice, anche a causa della malattia diagnosticatagli, e vedeva in Amalia l’impossibilità di un amore normale e il miraggio della felicità e del futuro, lei era invece una donna concreta che viveva l’amore e la passione ben oltre Guido, suo caro confidente. Nell’epistolario che abbiamo, Lettere d’amore, Quodlibet), si nota tutta la forza e la spinta vitale di lei contro gli affanni e le fragilità di lui. E le lettere ci aiutano a comprendere meglio la personalità di Guglielminetti al di là di questo rapporto, ma nei racconti, nei pensieri e nelle confessioni condivise con il poeta. Amalia Guglielminetti è stata una figura scomoda per la sua schiettezza e per la sua bravura letteraria, una di quelle donne che non potevano essere silenziate e per questo spesso oltraggiate dagli uomini. Era ben consapevole delle imparzialità e difficoltà che una donna scrittrice doveva affrontare e aveva una coscienza protofemminista che potrebbe farla avanzare di un secolo. Tuttavia, non si risparmiava neanche nei confronti delle donne, che giudicava poco solidali e poco consapevoli. La sua scrittura poetica, che va dal 1903 al 1934, tiene insieme elementi stilistici e di naturale appartenenza storica ottocenteschi con questioni tematiche e approcci del tutto novecenteschi. Per tale ragione Guglielminetti rientra nel canone tra quel gruppo di autori che, nei primi decenni del secolo, hanno aperto la via alla poesia del XX, traghettandola dal carduccianesimo e dannunzianesimo a ciò che in seguito sarà.

 

Tra Ottocento e Novecento

Guglielminetti esordisce a diciotto anni con una raccolta, Voci di giovinezza, che anche cronologicamente si trova sul crinale trai due secoli. La pubblicazione, nonostante la sfortuna critica, riscosse una discreta approvazione proprio nel suo saper rappresentare quel delicato momento di passaggio. Negli autori che scrivono nei primi anni del Novecento è inevitabile l’avvertenza di una certa eco dannunziana, così come di un lessico talvolta arcaico e di forme tradizionali quali il sonetto. Guglielminetti rientra in tale canone; basti pensare agli espliciti riferimenti a D’Annunzio, che per altro la definì «l’unica poetessa d’Italia». O ancora dedica un componimento a Carducci, A un poeta, stabilendo i suoi riferimenti all’interno di una tradizione che comprendevano anche Petrarca e Leopardi. E tuttavia, in questi sonetti e terzine chiuse in rigide gabbie metriche e nei richiami alla tradizione si impone una voce chiara e libera che senza scrupoli dichiara le proprie intenzioni poetiche, tutte volte al futuro Novecento. «Chi d’Aracne e Penelope a la scuola / vuol ch’io mi’edùchi e no de’ Vati al canto / poco è saggio», e ancora «Io non volli cantar, volli parlar, / e dir cose di me, di tante donne»; da questi versi si chiarisce la posizione netta di voler essere una donna e scrittrice libera dalle oppressioni sociali, nonché di abbandonare i temi storici e civili per parlare del proprio Io autobiografico, del proprio esser donna, delle passioni che la attraversavano.

 

Le vergini folli

Con Le vergini folli ogni proposito dichiarato prende forma, in un’opera dal contenuto decisamente novecentesco, forte e carnale. Si tratta di un canzoniere in sonetti dove l’Io dell’autrice si trova frammentato in tutte le protagoniste femminili dei testi, vergini costrette alla clausura del convento. Qui si agitano le loro passioni, dal senso di asfissia alla follia, dai desideri all’audacia di chi prende la parola. La cornice narrativa del convento, che per altro richiama il manicomio, fa da sfondo ai movimenti e ai dialoghi di queste donne antiche e moderne insieme, appese all’enigma di salvarsi attraverso l’asservimento. Sorelle e compagne di Guglielminetti, queste sono esteticamente descritte con somma maestria, tra richiami danteschi e dannunziani, immerse in giardini tra «cespi di gigli» e gli «archi de’ rosai» e rivestite di un lessico che insiste su fiori e ghirigori. Ne deriva alla lettura un immaginario di fanciulle floreali che non possono non richiamare i quadri preraffaeliti e di cui Guglielminetti mette in risalto il vivere dentro un ossimorico affanno tra invisibilità e rivalsa, tra grazia e forza. L’autrice, sorella e inter pares, coglie e fa suo il tormento psicologico delle giovani, prendendo l’occasione per parlare della condizione femminile (come ad esempio in Grave è il sudario del silenzio). Ma si trova ad essere anche super partes, assumendo su di sé il compito di trovare le parole di denuncia, che rompano il silenzio: «Mi foggiò la natura in una creta / indocile, e la vita non mi vide / materia inerte fra le sue mani infide, / del suo pollice al solco mansueta».

 

Le seduzioni

Le seduzioni si intreccia con il rapporto con Gozzano sia nel tema della relazione amorosa che nelle influenze e confronti reciproci. Tuttavia, a fianco al nucleo degli scambi amorosi e delle passioni, Guglielminetti segue un percorso di ricerca che è condotto in solitaria. L’Io si identifica infatti come «quella che va da sola», in movimenti che tendono al vero, alla grazia, alla libertà. La seduzione è solo ad una prima lettura quella del rapporto con l’altro, ma ben presto si rivela nel movimento attivo e passivo di sedurre e farsi sedurre dalla vita: «Colei che ha gli occhi aperti ad ogni luce / e comprende ogni grazia di parola / vive di tutto ciò che la seduce».

 

 

Bibliografia

 

Alessandro Ferraro, Amalia Guglielminetti. Le opere, la vita (1881-1941), Tesi di dottorato, Università degli Studi di Genova, 21 aprile 2016

 

Marziano Guglielminetti, Amalia. La rivincita della femmina, Costa & Nolan, 1987

 

Di Amalia Guglielminetti

-Voci di giovinezza, Roux e Viarengo, 1903

-Le vergini folli, STEN, 1907

-Le seduzioni, Lattes, 1909

-Emma, Vincenzo Bona, 1909

-L’amante ignoto, Treves, 1911

-L’insonne, Treves, 1913

-I serpenti di Medusa, La Prora, 1934

-G. Gozzano - A. Guglielminetti, Lettere d’amore (a cura di Franco Contorbia), Quodlibet, 2019

 

Immagine: Amalia Guglielminetti fotografata da Mario Nunes Vais

 

Crediti immagine : Mario Nunes Vais, Public domain, attraverso Wikimedia Commons


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