08 giugno 2023

Alba de Céspedes, Le ragazze di maggio

 

Mondadori ha da poco ripubblicato l’opera poetica di Alba de Céspedes, Le ragazze di maggio, uscito per la prima volta nel 1970 per la stessa casa editrice. Come ormai accade sempre più di frequente, l’editoria sta riportando alla luce autrici eclettiche, interessantissime dal punto di vista critico e biografico, e che hanno in comune un’acuta e militante poetica attorno all’identità sociale delle donne. Il titolo, come scritto dalla stessa autrice nell’avvertenza, fa infatti riferimento alla primavera del 1968 quando, a Parigi, Alba de Céspedes seguiva con attenzione e partecipazione i fermenti delle piazze e della Sorbona. In particolare quelli delle donne, che esprimevano «con passione le proprie idee, i propri sentimenti, e affrontano con una sorta di eroismo ogni vicenda della propria vita». Il frutto ne è un libro poematico potentissimo, di raro vitalismo e convinzione così come chi lo ha scritto. Figlia del diplomatico cubano a Roma, Alba cresce lontana dalla famiglia, si sposa a sedici anni e da questo matrimonio avrà il suo primo figlio, divorzierà ben presto e si dedicherà completamente alla scrittura. Rivoluzionaria e sempre impegnata sul fronte sociale e politico, si scalda per la rivoluzione di Fidel Castro, sfugge ai fascisti, eroina dei propri ideali di emancipazione.

 

Il Quartiere Latino nel Sessantotto

La scelta di una poesia poematica e narrativa, al di là della predilezione del genere in prosa che praticherà di più, deriva da una consapevole ripresa della struttura della poesia civile, allontanandosi invece dalle contemporanee tendenze neoavanguardiste. Inoltre, si tratta di una poesia frutto di un’urgenza, scritta di getto per testimoniare gli incendiari eventi di quel maggio. Ciò rende la scrittura diretta e impetuosa, riflesso delle emozioni dell’autrice e di chi condivideva le sue stesse sorti. A parlare infatti sono un coro di voci femminili, testimoni dirette, incontri di Alba o suoi alter ego. Nella poesia d’apertura protagonista è una ragazza di origini cubane chiamata “Borjita”, che sperimenta la condizione di straniera e la prepotenza delle autorità che la inseguono per arrestarla. Tutta la scena viene raccontata in un’alternanza di discorsi diretti, di pensieri e sensazioni vissuti dalla ragazza in presa diretta. I versi brevi creano una serpentina incalzante e trasmettono l’inquietudine del momento, così come l’avvicinarsi all’oralità è funzionale alla resa realistica, a condurre il lettore proprio lì, in quelle strade del Quartiere Latino nella primavera del ’68. In generale si hanno spesso versi composti addirittura da una solo parola seguita da una virgola e a capo, scandendo la musicalità come nel seguente caso: «Sono stanca, / stanca,/ non conosco nessuno / a Parigi,/ nessuno». Seguendo l’ordine con cui sono organizzati i testi troviamo Lettera a una madre, dove il dialogo generazionale emerge nella difficoltà di farsi capire da parte di una giovane ragazza fuggita di casa non per amore o per diventare “una stella della televisione”, ma “per qualcosa che credo sia giusto”. Gli ideali rivoluzionari e identitari sono messi avanti alle vite private, al legame più stretto che si possa avere, quello materno. E si chiede perdono per non aver seguito la vita che i genitori si sarebbero aspettati, sposando “il ragazzo del quarto piano” con un lavoro sicuro, o soltanto per non aver aderito a quegli ideali. E ancora Pilar, che ha la pelle “color tabacco” e che viene discriminata per questo o Natalia Lebon, diciannove anni, che si guarda intorno alla facoltà di filosofia con una forma di nichilismo senza via d’uscita.

 

Un coro di testimonianze

Ci sono poi altri componimenti più propriamente poematici, dove il verso, anche se di poco, si allunga e la struttura è maggiormente articolata. In La Grande stagione, ad esempio, sono tante le voci che intervengono per parlare, generando un coro di testimonianze che si susseguono. Opinioni diverse si scambiano nel procedere del testo, segnalando i passaggi da un momento all’altro con il punto e virgola: «un collega è stato matraccato / in place Rostand, / sebbene avesse il nostro bracciale- / stampa; / due studentesse di medicina, / con tutto il camice bianco / del pronto soccorso, sono state / coperte di botte». Ancora una volta la punteggiatura torna come strumento in favore di uno stile ben preciso, ricercato nella sua immediatezza e carnalità. L’intera raccolta, d’altronde, si chiude con un punto di domanda non privo di significato, che testimonia tutto lo spaesamento misto a speranza dei personaggi e dell’autrice stessa. Ugualmente, in quest’ultimo testo, Le partenze, ritorna il tema ricorrente dello straniero, di colui che è considerato tale. Sia l’Io che Mohammed sono stati cacciati da Parigi, ritenuti “indesiderabili”. La poesia si conclude con una promessa a rivedersi, a ricominciare la lotta di resistenza “ma dove? E in che momento?”, lasciandoci sospesi in questa duplice tensione che l’intero libro comunica, speranza e paura.

 

Bibliografia

Di Alba de Céspedes, Le ragazze di maggio, Mondadori, 2023

 

Chiara Coppin,

https://www.italianisti.it/pubblicazioni/atti-di-congresso/le-forme-del-comico/26_01_andreoni_coppin.pdf

 

 

Immagine: Scrittrice Alba de Céspedes, Roma, 1952, via Wikimedia Commons


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