05 giugno 2023

Una lingua da vedere. Online il MULTI - Museo multimediale dell’italiano

 

Il Premio del museo europeo dell’anno assegnato per il 2022 al Museo della mente di Haarlem (Museum of the Mind - Museum van de Geest) mostra che ideare, costruire e proporre percorsi espositivi interamente dedicati a un patrimonio immateriale è una sfida che può essere vinta. Non si tratta, è bene precisarlo subito, di provare a ingabbiare nelle teche di un museo ciò che per sua natura non può essere ingabbiato, in quanto intangibile, dinamico, aperto, in continua evoluzione; ma piuttosto di ripensare la struttura del museo per adattarla a queste stesse caratteristiche di dinamicità e apertura. Proprio questo è l’approccio che sta alla base del MULTI – Museo multimediale della lingua italiana, inaugurato in questi giorni dopo oltre due anni di lavoro volti a rendere visibile quello straordinario patrimonio culturale immateriale che è la nostra lingua. Multimediale, e non potrebbe essere altrimenti, perché è la lingua stessa – parlata o scritta, cantata o digitata – a “materializzarsi” su supporti differenti, dalla carta alle onde radio, dai nastri magnetici ai file di computer. Realizzato dalle università di Pavia, di Napoli “L’Orientale” e della Tuscia grazie a un Fondo integrativo speciale per la ricerca (FISR 2019) messo a disposizione dal Ministero dell’Università e della ricerca, il MULTI fa tesoro dell’esperienza di mostre di successo come Dove il sì suona. Gli italiani e la loro lingua (Firenze, Galleria degli Uffizi, 13 marzo 2003 – 6 gennaio 2004) e di avveniristiche strutture dedicate ad altre lingue del mondo, quali il Planet Word (Washington, DC: https://planetwordmuseum.org/) e il nuovo Museu da Língua Portuguesa (San Paolo del Brasile: https://www.museudalinguaportuguesa.org.br/), ma presenta rispetto a queste un forte elemento di novità, che è una vera sfida nella sfida. È infatti un museo, per così dire, “nativo digitale”, un luogo senza muri, al quale i visitatori possono accedere liberamente da tutto il mondo via internet, usando i loro pc, tablet e smartphone (qui l’ingresso). Tanti musei, è vero, sono oggi dotati di gallerie virtuali, che però possono essere viste come repliche o estensioni dei loro spazi fisici. Il MULTI nasce invece direttamente sul web: non va perciò confuso con il MUNDI, il Museo Nazionale Dell’Italiano, finanziato dal Ministero della cultura e tuttora in allestimento nella splendida cornice del complesso di Santa Maria Novella a Firenze (l’inaugurazione è prevista per la primavera del 2024). 

 

La lingua come città

Dei due diversi musei, quello virtuale appena aperto e quello fisico che verrà, si è parlato all’Università di Pavia il 29-30 maggio scorso, in un convegno che ha visto intervenire i componenti di tutti e due i gruppi di lavoro e i rappresentanti delle istituzioni e degli enti promotori o partner (tra i quali Accademia della Crusca, Istituto dell’Enciclopedia Treccani, Istituto Luce, Rai, Società Dante Alighieri). Giuseppe Antonelli, coordinatore di entrambi i progetti, ha spiegato che il MUNDI, in una prospettiva di ottimizzazione delle risorse, potrà utilmente giovarsi dell’esperienza fatta dal MULTI. E tuttavia dovrà mantenere la sua specificità, che è appunto quella di svilupparsi in uno spazio reale, a tre dimensioni: ciò che consentirà al visitatore un’esperienza immersiva e permetterà al percorso espositivo di accogliere anche reperti fisici. La collezione del MULTI è invece tutta digitale: centinaia di riproduzioni di manoscritti, libri a stampa, opere d’arte, fotografie, film, documenti sonori, provenienti da archivi, biblioteche, musei di tutto il mondo e ora per la prima volta riuniti in un percorso organico.

Proprio per evitare sovrapposizioni tra i due musei, i curatori scientifici e gli sviluppatori del MULTI hanno scelto di non collocare questi oggetti digitali all’interno di un ambiente virtuale che simulasse un edificio immaginario, con sale da attraversare e teche alle quali accostarsi; ma di sfruttare l’affrancamento dalla dimensione fisica per immaginare una cornice del tutto diversa, basata sulla similitudine – proposta già da Ludwig Wittgenstein nelle sue Osservazioni filosofiche (1964) – della lingua come città stratificata.

 

«Il nostro linguaggio può essere considerato come una vecchia città: un dedalo di stradine e piazze, di case vecchie e nuove, e di case con parti aggiunte in tempi diversi; e il tutto circondato da una rete di nuovi sobborghi con strade diritte e regolari, e case uniformi».

 

L’immagine della città è quindi evocata nella pagina d’ingresso, che si ispira agli affreschi di Giotto e in particolare alla Cacciata dei diavoli da Arezzo (Assisi, Basilica superiore di San Francesco). È dunque una città che, proprio come l’italiano, ha un impianto medievale, sul quale però si sovrappongono via via nuovi livelli, che aprono alla modernità e alla contemporaneità. Tra le case e le strade si snodano così sette percorsi, quasi linee di una modernissima metropolitana, che in pochi minuti di viaggio guidano il visitatore attraverso i secoli, facendogli scoprire di tappa in tappa le risposte a sette diversi quesiti. Com’è nata la lingua italiana? Chi ne ha stabilito le regole? Come è circolato l’italiano scritto? Come si è diffuso l’italiano parlato? Come suona l’italiano di chi non sa l’italiano? Quali lingue si parlano in Italia? Come si è diffusa la lingua italiana nel mondo?

 

«Più vai inanti più vo’ ire e non te ne cuntenti»

Grazie a una struttura per così dire “a fisarmonica”, che per ogni tappa consente di sviluppare il racconto anche in verticale, aprendo finestre via via più specifiche, ciascun utente può decidere da sé quanto approfondire i percorsi. È questo un aspetto che rende il MULTI un luogo accogliente per ogni tipologia di visitatore, sia neofita o specialista, in accordo con l’indicazione data dall’ ICOM – International Council of Museums, che nell’assemblea generale di Praga, il 24 agosto 2022, ha aggiornato la definizione di museo quale ente che deve offrire «esperienze diversificate per l’educazione, il piacere, la riflessione e la condivisione di conoscenze» (vedi qui la nuova definizione completa). Se il racconto non perde mai –  neppure negli approfondimenti più tecnici – il suo registro divulgativo, e si rivolge quindi primamente a un pubblico di non addetti ai lavori, la qualità straordinaria degli oggetti digitali potrà invece appagare gli studiosi, forse ancor più rispetto a coloro che si accostano a questa materia per la prima volta. Nella collezione si trovano infatti riproduzioni ad elevata risoluzione di documenti tante volte citati su saggi e manuali, e tuttavia non facilmente visibili, com’è ad esempio il Placito di Capua conservato a Montecassino; recentissimi ritrovamenti, come il Frammento di Würzburg; reperti attualmente inaccessibili, come l’iscrizione nella catacomba romana di Commodilla; o reperti il cui originale è ormai deteriorato e non più leggibile a occhio nudo, come l’affresco ipogeo della basilica di San Clemente a Roma (nel MULTI se ne può apprezzare una versione restaurata digitalmente).

È proprio la priorità e la centralità dei reperti – per cui sono i testi a essere funzionali alle immagini, non viceversa – a fare del MULTI un vero museo, e non un manuale divulgativo illustrato. Il critico d’arte va alla Pinacoteca di Brera non per leggere sui pannelli affissi nelle sale le vicende, che già gli sono note, di Bernardino Luini o Tanzio da Varallo; ma per guardarne e riguardarne le opere. Così lo storico e il filologo conoscono già bene, ad esempio, la vicenda dell’eretico mugnaio Domenico Scandella detto Menocchio (1532-1601), ricostruita da Carlo Ginzburg in quel saggio epocale che è Il formaggio e i vermi (1976); ma che dire della sensazione che si prova nello sfogliare il manoscritto della sua autodifesa? O ancora, per rimanere tra le carte di quel secolo, chi non troverà drammaticamente emozionante poter vedere, in immagini tanto definite da far percepire fin la grammatura della carta, il diario autografo di Bellezze Orsini, una donna processata nel 1528 per stregoneria e morta suicida in carcere dopo essere stata torturata con dodici tratti di corda? Questi fogli sono una testimonianza davvero straordinaria, perché i testi delle “streghe” venivano di solito bruciati insieme con le loro autrici. Bellezze definisce la «strearia» con parole affascinanti, nelle quali si potranno probabilmente riconoscere tante ricercatrici e tanti ricercatori dei nostri giorni. Potrebbero quasi porsi come motto di questo museo: «quante più cose cierchi de inparare tante più sonno quelle che trovi da ’nparare, che prima nemanco ne tenevi sentimento, e più vai inanti più vo’ ire e non te ne cuntenti».

 

MULTI – Museo multimediale della lingua italiana: multi.unipv.it

 

 

Bibliografia

Gianpaolo Angelini, La sfida del MULTI, Museo Multimediale della Lingua Italiana, https://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/articoli/scritto_e_parlato/MULTI.html

Giuseppe Antonelli, Il museo della lingua italiana, Milano, Mondadori, 2018.

Dove il sì suona. Gli italiani e la loro lingua. Catalogo della mostra, Firenze, Giunti, 2003.

Museums of Language and the Display of Intangible Cultural Heritage, edited by Margaret J.-M. Sönmez, Maia Wellington Gahtan and Nadia Cannata, Abingdon, Oxon, Routledge, 2020.

Verso il Museo multimediale della lingua italiana. Riflessioni, esperienze, linguaggi, a cura di Giuseppe Antonelli, Giacomo Micheletti, Anna Stella Poli, Bologna, il Mulino, 2023 (dal contributo di Stefano Telve, La città della lingua, ivi, pp. 107-110, proviene la citazione dalle Osservazioni filosofiche di Ludwig Wittgenstein).


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