I tipi testuali a scuola

Tra i vari contributi della ricerca in linguistica testuale degli ultimi anni, la teoria dei tipi è forse quella che ha conquistato più consensi nella didattica scolastica.

Anche nel Documento di orientamento per la redazione della prova d’italiano nell’Esame di Stato conclusivo del primo ciclo, presentato al MIUR nel gennaio 2018 come risultato del lavoro di un gruppo di esperti (guidato da Luca Serianni), l’esercizio della scrittura prende spunto dalla definizione di uno specifico tipo.

Il nuovo modello di prova di italiano per l’esame della fine del primo ciclo (che si avvicina in questo modo alla prova dell’esame di maturità) prevede le tre opzioni che seguono: il testo narrativo o descrittivo, il testo argomentativo e la comprensione e sintesi del testo.

Ma quali sono e come si definiscono i tipi testuali? E perché proporne l’esercizio a scuola? In questo contributo inizieremo a rispondere a queste domande, partendo da un esame del testo di tipo descrittivo.

Forme per l’organizzazione del sapere

Per dare ordine e organizzare in categorie chiuse e finite i prodotti culturali che chiamiamo testi, sono state avanzate negli anni numerose proposte, con esiti diversi «a seconda dei parametri messi in opera per costruirle» (Lavinio 1990, p. 72).

Il modello di classificazione oggi più diffuso porta a suddividerli in base al contributo dato alla comunicazione, secondo una prospettiva «funzionale e cognitiva insieme, dato che tiene conto, oltre che del focus dominante nei testi, della ‘matrice’ o capacità cognitiva correlata» (Lavinio 2011, p. 151; per una rassegna delle altre proposte di classificazione, cfr. Lala 2011, p. 1488 e Palermo 2013, pp. 235-254).

Tale versione, che è stata introdotta da Egon Werlich nel 1976, prevede i seguenti cinque tipi di testo: 1) il testo descrittivo; 2) il testo narrativo; 3) il testo espositivo (detto anche informativo); 4) il testo argomentativo; 5) il testo prescrittivo (detto anche regolativo).

Ogni tipo testuale può inoltre essere articolato in classi più specifiche: per esempio, testi come I promessi sposi di Alessandro Manzoni, Barbablù di Charles Perrault e Luce dal pianterreno di Giorgio Orelli sono riconducibili a diversi generi e sottogeneri (romanzo storico il primo, fiaba il secondo e racconto realistico il terzo), ma appartengono tutti al tipo narrativo.

Tipi, generi e sottogeneri possiedono gradi di astrazione diversi: meno soggetti a differenze storico-culturali, più stabili e universali, i tipi; più precisi nel classificare i testi reali, di cui sono configurazioni tipiche e ricorrenti, i generi e i sottogeneri.

Che cosa vuol dire descrivere

Con buona sintesi, l’atto di descrivere corrisponde a «osservare e illustrare le proprietà percettibili attraverso i sensi» (Della Casa 2003, p. 157): un testo descrittivo serve dunque a rappresentare al lettore una persona, un oggetto, un luogo, una situazione e così via.

Tale rappresentazione coincide con il «corrispondente linguistico di una porzione di mondo considerata in un contesto spaziale statico e atemporale» (Roggia 2011, p. 1471, dove si riprendono Manzotti 1982 e 1990): i testi descrittivi sono dunque correlati alla capacità di cogliere le percezioni relative allo spazio e dal punto di vista della forma linguistica è frequente l’uso del presente o dell’imperfetto, la presenza di indicatori spaziali (come dietro, accanto ecc.) e l’impiego di un lessico vario e con una ricca aggettivazione, soprattutto di tipo qualificativo.

Le descrizioni possono avere carattere oggettivo oppure soggettivo: le prime «risultano da un’osservazione neutra e tipicamente dettagliata della realtà», mentre le seconde sono «fortemente marcate dallo sguardo dell’osservatore e dall’obiettivo della descrizione» (Ferrari 2014, p. 288).  Si può quindi descrivere un personaggio o un luogo per come appare, senza considerazioni di carattere personale; in alternativa l’oggetto può essere filtrato attraverso il punto di vista e la sensibilità dell’autore.

Esempi di testi descrittivi sono le didascalie, gli indici, le descrizioni tecniche, anche se per lo più la descrizione si trova entro altri tipi di testi, in particolare in quelli narrativi (tra gli esempi più celebri, la descrizione dei bravi nel capitolo primo de I promessi sposi).

Perché esercitarsi nella descrizione a scuola

Sono numerosi gli argomenti a favore dell’esercizio delle descrizioni a scuola, per tutti i cicli di studio, anche se in questo contributo ci limiteremo a considerare il solo primo ciclo.

Per la scuola primaria, per brevità ed efficacia, ricordiamo le «utilità e valenze educative» elencate da Mario Alfieri nella sua tesi di laurea, secondo il quale il testo descrittivo «permette di dedicare maggiore attenzione all’osservazione della realtà e a una scrupolosa scoperta del mondo».

L’esercizio della descrizione, inoltre, «consente all’allievo di accrescere e affinare il proprio bagaglio lessicale» – un obiettivo utile per raggiungere numerose competenze trasversali e interdisciplinari – e «permette all’allievo di organizzare un testo» (fatto che, naturalmente, vale anche per le altre tipologie) (Alfieri 2014, p. 7). Contribuisce in questo modo al raggiungimento di una pianificazione e strutturazione delle informazioni più consapevole, condizione necessaria per superare il modello di scrittura che Bereiter & Scardamalia (1987) hanno battezzato del «dire ciò che si sa» (cfr. anche Cignetti & Fornara 2014, p. 29).

Per quanto riguarda la scuola secondaria di primo grado, possiamo affidarci invece al già citato Documento di orientamento, dove si ricorda quanto sia «importante che le alunne e gli alunni si esercitino in questa forma complessa di scrittura poiché la descrizione permette di sviluppare l’osservazione, la memoria, l’immaginazione, educa alla ricerca e all’uso di un lessico preciso, aderente a ciò che si vuole rappresentare, offre la possibilità di coinvolgere più ambiti disciplinari» (p. 4).

Anche in questo caso, l’attenzione si concentra sull’arricchimento del vocabolario: «Gli esercizi di riconoscimento e completamento sono molto utili per riflettere, ad esempio, sulla differenza tra le parole astratte e quelle concrete, sui rapporti tra le parole (sinonimia e antinomia), sulle alterazioni (diminutivo, accrescitivo, vezzeggiativo, peggiorativo, affettivo), sul rapporto tra la parola e il contesto, sui significati denotativi e connotativi, sulla polisemia, sui rapporti semantici» (p. 5).

Un apprendimento graduale

Formuleremo ora alcune proposte generali, limitandoci anche in questo caso al primo ciclo di istruzione (scuola primaria e scuola secondaria di primo grado).

Partiamo ancora dal citato Documento di orientamento, dove si propone, partendo dall’osservazione di un dipinto di Renoir, la descrizione oggettiva di uno dei personaggi presenti. Questo il testo: «Osserva attentamente la riproduzione del dipinto di Pierre-Auguste Renoir, Pomeriggio dei bambini a Wargemont. Dopo aver descritto in modo oggettivo uno dei personaggi presenti nel quadro, soffermati sulle impressioni che suscita in te questa immagine».

Alle complesse competenze, di tipo linguistico ed extralinguistico, necessarie per affrontare il compito proposto nel Documento di orientamento (che corrisponde appunto alla prova finale del primo ciclo) si giungerà naturalmente in modo graduale.

Con gli allievi più giovani si potrà per esempio partire da una serie di oggetti, alcuni di uso comune e altri meno noti, di cui si cercherà in primo luogo il nome. L’esercizio della descrizione potrà così esplicitare la sua funzione primaria, che è quella di osservare, individuare e nominare la realtà.

Una volta individuato il nome, si potrà passare al come, riflettendo sulle caratteristiche proprie delle cose, delle persone o dei luoghi che sono oggetto della descrizione, favorendo così un uso vario e preciso di aggettivi.

In seguito si potranno collocare gli oggetti nominati e caratterizzati in luoghi, che potranno essere assoluti (nominando dove si trova ciò che si descrive: la stazione si trova nel centro della città) o relativi (definendo dove si trova un oggetto mettendolo in relazione con un punto di osservazione: la cartella rossa è appesa alla sinistra di Paolo). L’esercizio di questo tipo di descrizione è particolarmente utile per migliorare le competenze d’uso degli indicatori spaziali (in alto, in basso, di fronte, sotto ecc.).

I nomi, gli aggettivi e gli indicatori spaziali saranno successivamente inseriti in un contesto diverso e riutilizzati in frasi di senso compiuto. Si apprenderà in questo modo l’impiego delle diverse forme verbali della descrizione, indispensabili per la redazione di ogni testo descrittivo complesso. Tra questi ci sono per esempio i verbi di collocazione spaziale (stare, esserci, trovarsi ecc.), i verbi legati alle percezioni sensoriali (vedere, osservare, percepire, udire, odorare ecc.) e i verbi di carattere epistemico-modale (sembrare, parere, risultare ecc.), questi ultimi utili soprattutto per le descrizioni di tipo soggettivo.

Seguendo sempre il criterio della gradualità, si potrà così giungere via via a descrizioni sempre più complesse, che comprenderanno la descrizione completa di oggetti, animali, interni ed esterni di edifici, luoghi, paesi, situazioni e persone, comprendendo in quest’ultimo caso sia le caratteristiche fisiche sia quelle psicologiche.

Importante sarà anche variare il più possibile le modalità didattiche, adottando soluzioni creative tra cui per esempio l’indovinello descrittivo, che prevede la descrizione di un oggetto che andrà essere indovinato partendo dalle sole informazioni testuali.

Nuovi strumenti per la scrittura a scuola

Concludiamo con alcuni suggerimenti per l’impiego delle tecnologie digitali nella didattica (descritte ed esemplificate in Viale in c.s. a), utili anche per esercitare la scrittura del testo descrittivo e in particolare per progettare attività coinvolgenti (in questo caso il contesto sarà la scuola secondaria di primo e di secondo grado).

Se, come è stato detto, il testo descrittivo rappresenta fenomeni considerati in una dimensione spaziale, per aiutare gli allievi a scrivere didascalie in una cornice motivante può essere utile sfruttare le possibilità date dalle numerose applicazioni disponibili per il comic editing, come per esempio Toony Tool (http://www.toonytool.com/), Strip Generator (http://stripgenerator.com/) o Pixton (https://www.pixton.com/it/).

Una modalità di «scrittura sincrona di gruppo» è invece possibile ricorrendo alle funzioni di Google Drive, un servizio offerto da Google in ambiente cloud computing che permette di modificare in modo collaborativo i documenti condivisi. Con questo strumento, che consente di intervenire collettivamente su uno stesso testo (operazione molto meno agevole con i tradizionali supporti di scrittura), è possibile tenere traccia di ogni intervento di scrittura degli studenti: della scrittura diventa così visibile l’intero processo, e non solo l’esito finale (cfr. Viale in c.s. b).

Ed è possibile, naturalmente, prevedere anche l’intervento dell’insegnante, per esempio per inserire, sempre con le stesse modalità di lavoro, correzioni o commenti.

Riferimenti bibliografici

A.A.V.V., Documento di orientamento per la redazione della prova d’italiano nell’Esame di Stato conclusivo del primo ciclo = http://www.miur.gov.it/documents/20182/0/Documento%2Borientamento%2Bprova%2Bitaliano%2Besame%2Bdi%2Bstato%2Bprimo%2Bciclo/82e41006-0ccb-499f-8c9a-ca0eb5619b9c?version=1.0 [pagina visitata il 30.09.2018].

Alfieri, M. (2014), Realizzare un’enciclopedia fantastica di classe. Una strategia motivante per avviare i bambini di scuola elementare alla composizione del testo descrittivo, Tesi di Bachelor of Arts in Primary Education, Dipartimento formazione e apprendimento, Scuola Universitaria Professionale della Svizzera italiana, A.A. 2013/14 (relatore S. Fornara).

Bereiter, C. e Scardamalia, M. (1987), Psicologia della composizione scritta, Firenze, La Nuova Italia.

Cignetti, L. & Fornara, S., Il piacere di scrivere. Guida all’italiano del terzo millennio, Roma, Carocci, 2014.

Della Casa, M. (2003), I generi e la scrittura, Brescia, Editrice La Scuola.

Ferrari, A. (2014), Linguistica del testo: principi, fenomeni, strutture, Roma, Carocci.

Lavinio, C. (1990), Teoria e didattica dei testi, Firenze, La Nuova Italia.

Lavinio, C. (2011), Comunicazione e linguaggi disciplinari. Per un’educazione linguistica trasversale, Roma, Carocci.

Lala, L., Testo, tipi di (2011), in Enciclopedia dell’italiano, a c. di R. Simone, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, vol. II, pp. 1488-1494.

Manzotti, E. (1982), “Ho dimenticato qualche cosa?”: una guida al descrivere, in Insegnare stancaEsercizi e proposte per l’insegnamento dell’italiano, a c. di P.M. Bertinetto & C. Ossola Bologna, il Mulino, pp. 119-180.

Manzotti, E. (1990), Forme della scrittura nella scuola: una tipologia ragionata, “Nuova secondaria” 7, pp. 25-42.

Palermo, M. (2013), Linguistica testuale dell’italiano, Bologna, Il Mulino.

Roggia, C.E., Testi descrittivi (2011), in Enciclopedia dell’italiano, a c. di R. Simone, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, vol. II, pp. 1469-1484.

Viale, M., a c. di, (in c.s. a), Tecnologie dell’informazione e della comunicazione e insegnamento dell’italiano, Bononia University Press (Didattica dell'italiano, 2).

Viale, M. (in c.s. b), Le tecnologie per un reale rinnovamento della didattica dell’italiano, in Viale (in c.s. a), pp. 9-20.

Werlich, Egon (1976), A text grammar of English, Heidelberg, Quelle & Meyer.

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