Dopo sei anni di assenza, Carmen Consoli torna sulla scena musicale con il nono disco in studio composto da dieci brani inediti dal titolo Volevo fare la rockstar (Polydor -Narciso Records), uscito il 26 settembre 2021 e protagonista di una tournée teatrale (appena conclusa) con lo stretto collaboratore Massimo Roccaforte, alla chitarra e al mandolino, e Marina Rei alla batteria. In copertina campeggia una foto della Cantantessa sui banchi di scuola che denuncia immediatamente il contenuto autobiografico dell’album che tuttavia, come dice l’autrice stessa in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, è un disco anche «contro il sovranismo e il fascismo, e quegli imbonitori che prima odiavano il Sud e ora lo amano». Un intreccio tra microstoria e macrostoria in cui al ritratto della ballata eponima – il cui testo è stato presentato in anteprima in versione recitata da Donatella Finocchiaro durante il concerto per i 25 anni di carriera di Carmen Consoli tenuto all’Arena di Verona il 25 agosto 2021 – si intravede uno sguardo sull’Italia degli anni ’70-’90, tra Cosa Nostra, l’attentato del 13 maggio 1981 a Papa Wojtyła «ferito tra urla e rosari» e i Mondiali del 1982.
Al servizio del testo
La lingua di Carmen Consoli è stata in diversi studi oggetto di attenzione linguistica per «i suoi versi di inusitata lunghezza, l’aggettivazione insolita, l’uso massiccio di forme avverbiali» che «rompe definitivamente con la tradizione canzonettistica» (così Coveri 2012, che prosegue: «mai come nelle sue composizioni la musica appare al servizio del testo, e non viceversa. Un vero, radicale, “smascheramento”»). I suoi testi sono stati presi in considerazione sia in panoramiche sulla lingua della canzone in Italia, tra cui ricordo le note nel volume di Giuseppe Antonelli (2010), sia su aspetti più specifici, come nell’analisi del compianto Roberto Sottile (2018) che si concentra sulla produzione dialettale della Cantantessa (e su questa formazione si veda D’Achille 2019); alla lingua di Consoli è stata dedicata almeno una tesi di laurea magistrale, come quella discussa all’Università di Cagliari da Silvia Piras (relatrice Rita Fresu: Piras 2008) e altre indagini, su singoli aspetti (come l’onomastica in Accolla 2012) e brani (mia la lettura di Besame Giuda all’interno di un percorso sulla lingua della canzone scritta e interpretata da cantanti donne: Ricotta 2019).
Si è già accennato con Coveri 2012 alla preziosità del lessico e ad alcune costruzioni sintattiche della Cantantessa che si rivelano peculiari nell’àmbito della canzone italiana. Il nuovo album conferma alcune tendenze della canzone di Consoli ma anche alcuni elementi caratterizzanti.
Frasi idiomatiche, con variazioni
Volendo fare la linguista, partiamo dai titoli delle canzoni. Da frasi con predicato espresso come in Sta succedendo a frasi autonome come Qualcosa di me che non ti aspetti, Imparare a camminare dagli alberi e Volevo fare la rockstar dell’ultima traccia, che presta il titolo all’album che inizialmente doveva intitolarsi Armonie numeriche; titoli nominali come L’Aquilone, Una domenica al mare, Mago Magone, Le cose di sempre, Armonie numeriche, L’Uomo nero.
Da un punto di vista generale si nota in vari brani la presenza di frasi idiomatiche anche riproposte con variazioni che ingannano l’orizzonte d’attesa di chi ascolta, con particolare intensità nel testo di Sta succedendo: «andata senza ritorno», «andiamo in capo al mondo», «perdere il controllo», «tutto è concesso», «un’imprudente parola di troppo», con inserzione dell’aggettivo, «messi al bando»; altre espressioni anche in altri testi: «ingannare il tempo»; «riprendere il filo di un vecchio discorso», «nell'infinito prima o poi due rette si incontrano», «venirne a capo» (L’Aquilone); «Dimmi che non sogno e son desta», «lumi della ragione», «un giorno da ricordare», «nel bene e nel male» (Una domenica al mare); la frase «un calcio alla botte e poi immancabilmente al cerchio» (L’uomo nero) con variazione rispetto al classico «un colpo al cerchio e alla botte», «tasti dolenti», «tutti in pista», «un prato in fiore» (Mago Magone); «Cristo in croce» (Le cose di sempre); «bella promessa», «ridevo per non piangere» (Armonie numeriche); «contenere gli argini del male» (Imparare dagli alberi a camminare); «saltare in mente» (Volevo fare la rockstar).
Arcaismi e parole rare
Si nota un variegato uso dei tempi e dei modi verbali, per fare qualche esempio l’imperfetto abbracciava, abbracciavi, portavano ne L’aquilone, il gerundio di sta succedendo, e Gettando in Qualcosa di me che non ti aspetti; gli infiniti restare e non temere (Sta succedendo), ricominciare, imparare (Imparare dagli alberi a camminare); il congiuntivo in «Dobbiamo sperare che taglino l’erba» (L’Aquilone) e delle ipotetiche «Se solo ci fermassimo a respirare col cuore / Daremmo un po’ di ossigeno a pensieri e parole / Se almeno ci provassimo a respirare col cuore / Vedremmo foreste riemergere da ceneri urbane» (Una domenica al mare), imperativi imploranti come nei casi «Dimmi che non sogno e son desta» (Una domenica al mare), Svegliamoci (Mago magone), il condizionale «avrei voluto chiederti» (Armonie numeriche), e la forma ottocentesca del verbo avere in «avean in serbo i fratelli italiani». A questo proposito mi è capitato di conversare con Carmen Consoli su questo aspetto: la Cantantessa ha ammesso che la scelta è ricaduta sulla forma arcaica anche per esigenze del verso, ma che la forma ottocentesca era particolarmente adeguata al contesto che fa riferimento alla “questione meridionale”, ancora da affrontare, come si sottolinea nel testo di Volevo fare la rockstar: «Quali indicibili oltraggi avevano in serbo i fratelli italiani / Noi che per i criteri lombrosiani eravamo animali». La forma inoltre è tronca come anche in un altro caso son («Ma quali alieni son gatti randagi», Imparare dagli alberi a camminare).
L’autrice strizza ancora l’occhio all’antico con un paio di illustri citazioni letterarie: la eco dantesca «selva sconfinata e oscura» del I dell’Inferno e quella foscoliana «quante fervore per difendere le sacre amate sponde», che richiama A Zacinto, entrambe nel brano dedicato al figlio Carlo, Le cose di sempre, e che alludono all’oscurità dei nostri tempi e alla presunta difesa dei confini che anima gli oppositori degli sbarchi di chi scappa da situazioni di guerra e miseria via mare. A questi riferimenti più espliciti si aggiunga anche il seguente verso da L’uomo nero «Lo scopo supremo che avalla ogni mezzo», che parafrasa l’espressione «il fine giustifica i mezzi» di machiavelliana memoria già parafrasato da Consoli nel testo de L’alleanza dall’album L’eccezione (Polydor, 2002): «il fine giustifica i mezzi e richiede determinazione».
Si registra anche qualche arcaismo anche dal punto di vista lessicale, come il verbo albergare in Qualcosa di me che non ti aspetti, dardi in «Scoccando i suoi dardi dall’arco spaziale» (Imparare dagli alberi a camminare), dolciumi (Qualcosa di me che non ti aspetti); e parole rare, se non hapax, nella canzone italiana come calosce (nella forma con velare sorda), sussidiario (Volevo fare la rockstar).
Pochi forestierismi
Sempre guardando al lessico si rileva un uso parco dei forestierismi, tutti acclimati, a parte Malaika, con riferimento all’Africa (Qualcosa di me che non ti aspetti), il francese bouquet (Armonie numeriche); le inglesi, ma ormai internazionali, rockstar (dal titolo dell’album e dalla canzone omonima), slogan; e il tedesco mein Führer («mein Führer è il momento di tornare / dall'inferno», L’uomo nero). Un’unica inserzione in dialetto alla fine di Volevo fare la rockstar «Haiu i papuli nni rita» ‘ho le vesciche nelle dita’. Il dato è comunque rilevante, soprattutto per l’inglese, dato che Piras (2008, p. 60) registra fino a Eva contro Eva l’assenza di anglicismi nella produzione di Consoli.
Quanto a vocaboli di specifici settori lessicali, annoto betabloccanti (Sta succedendo), caccia ‘aereo da caccia’ tipico del linguaggio militare, l’aggettivo di àmbito antropologico e sociologico lombrosiano dal nome dello psichiatra e antropologo italiano Cesare Lombroso (1835-1909), con riferimento ai tratti somatici che indicano l’indole delle persone (qui rapportati ai meridionali) e la locuzione della geofisica scala Mercalli, dal nome del naturalista e vulcanologo italiano Giuseppe Mercalli (1850–1914), entrambi in Volevo fare la rockstar; infine si noti la metafora tessile «filo di un vecchio discorso / raccoglierlo poi dipanarlo / non è semplice venirne a capo» costruita su filo, raccogliere, dipanare e venire a capo (L’Aquilone).
Dal punto di vista retorico, i testi sono costellati da similitudini: «Gettando le ombre al largo come si fa coi sassi» (Qualcosa di me che non ti aspetti), metafore: «mare seta celeste» (Armonie numeriche), e sinestesie: «E un raggio chiassoso di luce rompeva il silenzio» (ancora in Armonie numeriche).
«Volevo fare la musica»
Infine qualche appunto sulla sintassi, con moduli del parlato come la dislocazione a sinistra in «Il sussidiario era bello annusarlo e affondarci il naso in mezzo» e la costruzione «Sapeva come di vaniglia» con il verbo sapere che assume il significato di ‘avere l’odore di’.
Termino questo breve percorso con una nota sul modulo del ritornello di Volevo fare la rockstar in cui Consoli ricorre a una variante «Volevo fare la musica» nel senso di ‘volevo fare la musicista’ inserendo un modulo tipico del parlato di cui trovo riscontri nel web (per esempio è il titolo di un articolo del musicista e produttore Mauro Pagani Fare la musica ne L’isola della musica italiana; il titolo di un libro Fare la musica racconti al Conservatorio di Mantova (1998), e una sentenza attribuita un po’ ovunque in rete a Luciano Pavarotti «Chi sa fare la musica la fa, chi la sa fare meno la insegna, chi la sa fare ancora meno la organizza, chi la sa fare così così la critica».
Riferimenti bibliografici
Accolla 2012 = Dario A., Mito e regionalità nell’onomastica di Carmen Consoli, in «Il nome nel testo», XIV, pp. 141-150.
Antonelli 2010 = Giuseppe A., Ma cosa vuoi che sia una canzone. Mezzo secolo di italiano cantato. Bologna, Il Mulino.
Coveri 2012 = Lorenzo C., L’italiano e le canzoni, Sito dell'Accademia della Crusca.
D’Achille 2019 = Paolo D., La Cantantessa è una (e gli studentessi sono solo canzonette), in «Italiano Digitale», VII, 1 (gennaio-marzo), pp. 13-15.
Piras 2008 = Silvia P., «Vorrei dire due parole». Analisi lessicale e stilistica della lingua delle canzoni di Carmen Consoli, Tesi di Laurea, Università di Cagliari, Rel. Rita Fresu, a.a. 2007/2008.
Sottile 2018 = Roberto S., Dialetto e canzone. Uno sguardo sulla Sicilia di oggi, Firenze, Franco Cesati Editore.
Immagine: Consoli al Giffoni Film Festival nel 2010
Crediti immagine: Rossella Vetrano from Italia, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons