Queste annotazioni lessicali costituiscono la seconda parte di un articolo sulla figura del grande giornalista e scrittore Gianni Mura (__qui il link alla prima parte, già pubblicata), articolo che a sua volta lancia un ponte tra la prima “stagione” del ciclo “Un treno di parole verso gli Europei di calcio 2021”, focalizzata sulla lingua del calcio e delle persone che di calcio vivono (giocatori, allenatori, cronisti di giornali, radio e televisione, tifosi), e la seconda che, a partire da ottobre di quest’anno, riguarderà in particolare la relazione tra la lingua del calcio e altri settori o dimensioni della lingua. A Gianni Mura Rocco Luigi Nichil dedica l’intero ciclo da lui curato.

Parlare figurato

Al di là dei bestiari ciclistici («Il ciclismo, si sa, vive di contrapposizioni. Ai bei tempi andati, viveva anche di fantasia. Era un mondo di caprioli, aironi, camosci, stambecchi, aquile, persino pulci (Trueba)», 1975, Mura 2013, p. 211) e calcistici («Nel bestiario calcistico inventato da Carlìn [...] i casalesi sono cinghiali, i vercellesi leoni, gli alessandrini orsi (e poi naturalmente zebre tori rondinelle grifoni canarini vespe)», 8.2.1986) ereditati dal passato, e delle simbologie legate al mondo dei tifosi («[...] popolo delle curve e di altri settori, egregi commandos, brigate, pantere, leoni, tigri [...]», 26.8.1989), a cui l’autore somma allegorie animali di vario tipo («l’astuto Gira, volpe su due ruote», 30.1.1986; «L’Italia che s’innamora [...] è balzata dal cavallo Gianluca [Vialli] simbolo yuppie al cavallo Salvatore [Schillaci] simbolo proletario», 5.7.1990; «l’Alpe d’Huez è un cane con le orecchie basse», 20.7.1997), nella scrittura di Mura il linguaggio figurato sembra operare in direzioni divergenti, ora innalzando il tenore della narrazione, in modo quasi surreale («Aquiloni come ballerine dondolano sulle teste dei giocatori», 22.6.1986), ora vivificandola con elementi ancor più realistici («Con la palla che viaggiava come in un flipper nell’area davanti a Buffon», 10.7.2006).

A questo paiono finalizzate, ad esempio, le frequenti similitudini («[Dancelli] Sembra si diverta ad aggiornare in continuazione la propria immagine, come una salamandra di provincia che sa il segreto di accendere fuochi attraverso i quali poi passerà senza bruciarsi», 1968, Mura 2013, p. 124; «[I ciclisti] Arrivano tutti come dei naufraghi», 1968, Id., 133; «L’Italia in Messico è andata giù come un sasso nello stagno [...]», 17.7.1986; «La Germania piega la testa e incassa come un pugile suonato», 22.6.1988; «I  rigori sono come l’acqua fresca, come un tramonto: c’è bisogno di spiegare un tramonto?», 28.6.1996), le metonimie («[...] parlo dello sport a nove colonne», 17.7.1986; «Nell’intervallo Capello lascia al caldo [= negli spogliatoi] Massaro», 11.2.1993; «[...] troppo frettolose le trombe [= gli encomi, le lodi]», 24.6.1994), le personificazioni («Il mare, se non altro, ha visto i corridori, spingendo le sue creature fino ai bordi della strada», 1966, Mura 2013, p. 79; «[...] il cielo imbronciato», 1968, Id., p. 131; «la palla balla davanti alla porta [...]», 22.6.1986; «E il Tour continua a macinare uomini e sogni», 20.7.1991), le iperboli («Pifferi remava stanco e ormai rassegnato a pedalare per l’eternità in cerca del traguardo. [...] Aldo Pifferi si voltò e pensò di essere morto, di essere nel paradiso dei ciclisti [...]», 1967, Mura 2013, p. 88; «[...] quando il pallone pesava un quintale», 11.7.2006; «[Il derby Milan-Inter] È stata una mattanza», 11.2.1993), e soprattutto le tante metafore («Abbiamo avuto una fioritura di campioni», 1966, Mura 2013, p. 76; «Belgi: il vero muro del pianto», 1966, Id., p. 78; «La gente vorrebbe essere un grappolo di fiori, essere un immenso camion a rimorchio, e prendere Felice», 1967, Id., p. 94; «Bugno continua a crescere, pur portandosi dentro lo zaino del dubbio, come un inquilino segreto», 27.8.1991; «I norvegesi fanno grevi balletti nel sole», 24.6.1994; «[La prova d’orgoglio, nella partita che segna l’eliminazione dai Campionati europei] Non è una medaglia, non è un porto. È una cicatrice. [...] Dopo il naufragio si fa la conta», 20.6.1996; «[Pantani è] una forma di esperanto agonistico», 8.6.1998; «[Marco Pantani] È un cuore in bicicletta», 28.7.1998 e 2.8.1998) e le allegorie («[Gimondi] Non ha ancora imparato ad alzare le braccia, quando vince, non c’è la tv: c’è, più potente, il grande schermo a colori della fantasia popolare», 1982, Mura 2013, p. 165; «[Trapattoni] Ha appena giustiziato l’eretico Galeone, fra poco toccherà a quell’altro infedele di Sacchi», 7.12.1988; «il Milan ha dato a lungo l’impressione di un carro armato attaccato con le fionde», 11.2.1993; «Del Piero è il violino, Ronaldo l’assolo di batteria», 25.4.1988) che caratterizzano la scrittura di Mura.

Talvolta, le allegorie possono costituire l’elemento portante della narrazione, che non a caso si conclude con un richiamo anaforico: «Roberto Baggio ha preso per mano la squadra come un bambino prende un aquilone e l’ha fatta volare in alto [...]. Con lui allegro l’aquilone si alza, la differenza è qui. E l’Italia sta volando, guardate dov’è» (14.7.1994).

Anagrammi d’autore

I lettori di Gianno Mura sanno bene quanto questi amasse giocare con le parole, spesso dichiarandolo apertamente («Dopo un 5-0 che incanta, canta Napoli ed è perfettamente normale. Ma quanto conta? Non è solo un gioco di parole [...]» 22.10.1985; «Carpi diem. Un gioco di parole, come Carpi dies che obbligherebbe a due cambi di lettera», 3.5.2015; «Se l’Atalanta trabocca, ecco un pessimo gioco di parole: Atatanta», 29.12.2019), molte altre altrettante volte senza annunciarlo.

La passione di Mura per le parole appare legata a doppio filo all’enigmistica, di cui non di rado ha tessuto le lodi, fino a rallegrarsi per una circolare del Ministero della Pubblica istruzione che «dà diritto di cittadinanza ai giochi che costano meno di tutti: quelli di parole» («Non sarà obbligatorio, ma nelle scuole secondarie superiori si potrà aprire la porta all’enigmistica come ausilio didattico», 30.9.1999).

È soprattutto l’anagramma, tuttavia, a colpire la fantasia di Mura («E io, oltre a una sofferta e non ultimata riabilitazione di Lombroso, a una faticosa e ultimata riabilitazione di John Ludd [...], credo agli anagrammi», 16.4.2020), che arriva addirittura a farne una chiave per indagare la realtà («Ma cos’è la realtà? Gli anagrammi aiutano. È quella che si vede, davanti alla quale inchinarsi (altare)? Oppure è qualcosa di non visto, di riportato (relata)? Oppure è altra?», 20.4.2014).

D’altronde, che siano giocati ironicamente sull’antifrasi e sul paradosso («Su Epoca ho notato che Valerio Merola (anagrammi: l’amore morale) snocciola una conquista a settimana, e meno male che si definisce timido (voto 0,5)», R 15.9.1996; [dopo la censura di alcuni libri di testo di storia ritenuti filo-marxisti] «Storace è interessante per alcuni anagrammi (è Castro, costerà, estorca, certosa, Castore) e una variante d’attualità (Storiace)», 12.11.2000) o piuttosto che abbiano una funzione rivelatrice («Gianfranco Zola: Canzoni, farà gol. Enrico Chiesa: Sacchi e oneri. Oppure: insacchi, eroe» R 10.6.1996; «È presto anche per predire un grande futuro a De Sciglio, ma mi butto volentieri. Ce l’ha, ha la testa giusta per arrivarci, non solo il talento. E ha gli anagrammi a favore: 16 gol. Gol decisi. Si dice gol», 24.3.2013), gli anagrammi di Mura non sono un semplice gioco linguistico, ma parte integrante delle sue argomentazioni, del suo modo di leggere e interpretare i fatti. Si pensi, ad esempio, a quelli di Maradona, passato da «Na m’adora» (5.11.1985) dopo un celeberrimo gol su punizione alla Juventus, a «darà mano» (16.10.1988; poi 15.6.1990, 13.3.1994 e 8.1.1995, qui anche «ama donar»), poi a «E godi, Diego», dopo la vittoria per 4 a 0 dell’Argentina sulla Grecia nei Mondiali del 1994, pochi giorni prima della scoperta della positività all’efedrina e della relativa squalifica, che gli varrà nuovi, meno entusiastici, anagrammi: «Vedo che il bravo Luigi Compagnone anagrammando Diego Maradona gli trova il destino: e a me donai droga. Sempre anagrammando [...], si capisce Maradona (e droga dà animo) e si va oltre: demonio da gara ama grande odio, fino al saluto finale (addio, amo grane), fino al doppio saluto finale in veneto: addio, a ramengo. Addio gare, mona», 2.7.1994).

Mesticanza di parole

L’attenzione rivolta da Mura alle parole si riversa, com’è ovvio, anche nel suo lessico, che pare strutturarsi per sovrapposizioni di elementi eterogenei.

Ai tecnicismi sportivi, legati in particolare al linguaggio del calcio (contropiede, melina, marcatura, autorete, catenaccio, libero, terzino, ala, ecc.) o del ciclismo (passista, velocista, scalatore, sprinter, finisseur, fuga, punzonatura, cronoscalata, ecc.), e alle locuzioni metaforiche che hanno perso trasparenza e tendono a specializzarsi (amministrare la partita, (tirare) a botta sicura, raddrizzare il risultato, palla buona, palla facile, subire l’avversario, giocare sul velluto, ecc.; rinvenire sui primi, farsi vedere, prendere un fuggitivo, sferrare un attacco, rifilare minuti (agli avversari), ecc.) si aggiungono di sovente frasi fatte e modi dire (una botta e via, mettere fuori il naso, essere imbambolati, rispondere picche, rischiare il tutto per tutto, menare il can per l’aia, buttare la croce addosso a qualcuno, fare la frittata, ecc.), qua e là qualche alterato (cosucce, destraccio, tiraccio, carognetta, puntatina, allegroni, poesiole, dispettucci, ecc.), regionalismi (scugnizzo, tammurriata, muleto, mona, Paron [sempre in riferimento a Nereo Rocco], ecc.) e reminiscenze dialettali (Se la va la gh’ha i gamb; tiremm innanz), formule latine (Cui prodest?; mors tua, vita mea; mea culpa; post hoc, ergo propter hoc; in novitate vivam; nomen omen), rifatte all’occorrenza (hic Mediolanum hic salta; hic Cibali hic salta), termini di cucina (fiorentina, cassoeula, hot dog, andouillette, asado), voci non registrate dai repertori (calcistizzazione, [doti] giocolieristiche, [squadra] recordosa, lialeggiare), invenzioni lessicali (banalopoli, in polemica contro l’abuso del suffisso -poli), spesso legate a nomi propri (blatterare, trappesco, merchxismo, Maradonapoli, Pantadattilo, Pantastique), composti inattesi (anglovaresotto, squadra-simbolo, squadra-ospedale, spaventabrasiliani, uomocollante, uomo-proiettile; «Trovo una singolare mistione littorialbionica (dux lives) all’angolo di viale San Martino», 8.2.1986), che spesso rimandano, nuovamente, a nomi propri («Bartaliecoppi o Coppiebartali», «Sartiburgnichfacchetti e Zoffgentilecabrini», Paorossi, Combirosettacaligaris), parole e formule antiquate (allocchito, angiporto, balzano, braghe, diporto, gioppinesco, incielare, guazzare, pedalatore [‘ciclista’], pedule, scriminatura, uzzolo, com’era nei voti), un lessico più ricercato (adamantino, algido, ancillare, catarsi e catartico, fata Morgana [‘miraggio’], dileggio, equilibrio alchemico, ginnasiarca, inclito, incresparsi, lapidario, «maniacale devozione», nemesi, picaresco, spiegare in termini lunari, venerando; «I diplomati facitori di osanna stanno affilando le armi per l’ultimo epinicio» [per celebrare la conquista della maglia rosa da parte di Gimondi], 1967, Mura 2013, p. 94; «[...] non si può valutare una partita solo in base al risultato, bieco retaggio degli italianisti» [= cultori del calcio “all’italiana”], 7.7.1994), forestierismi (kermesse, bagarre, nome de plume, rusé, suiveur, hombre del partido, mundial, pichichi, suadade, torcida), che si intensificano a contatto diretto con un’altra cultura, sulle strade del Tour («Vento in bretone si dice avel, [...]. Bara mar plij, pane per favore, specie se c’è nei pressi del burro salato. In sala stampa distribuiscono un glossarietto bretone che contempla anche le imprecazioni», 7.7.2008), come tra i vicoli del Messico («I dolci messicani hanno un aspetto goloso e nomi ancora più seducenti, che imparo come una filastrocca: alegrías, jamoncillo, chongos, papada, cocada, bigotes, merengue, cajeta, capulines, barritas, mamey». 30.5.1986), refrain tratti da canzoni per bambini (marcondirondirondello), e tanto altro ancora.

Finale di partita

Qualcosa abbiamo detto, molto altro resta ancora da dire su Gianni Mura, proprio a partire dai suoi riferimenti culturali, un mondo variegato e straripante che d’improvviso si riverbera sulla pagina come un’epifania, a volte esplicita («Ed amichevolmente sia consentita una parafrasi di Metastasio: È lo schema con tre punte come l’Araba Fenice che ci sia ciascun lo dice dove sia nessun lo sa», 15.11.1988; «Grazie ad Arthur Rimbaud e ai bambini. «A noir, E blanc, I rouge, U vert, o bleu» è l’inizio di una famosa poesia di Rimbaud, intitolata “Vocali”», 7.7.2006; «Avesse ragione il collega G.B. Marino? Parafrasando: è del cronista il fin la meraviglia, chi non far stupir vada alla striglia», 29.8.2014; «Il calcio, mistero senza fine bello, amava scrivere Brera parafrasando Gozzano», 8.5.2019), tal altre celata tra le parole (Alessandro Manzoni, Marzo 1821: «certi in cor dell’antica virtù», 1966, Mura 2013, p. 81; Cesare Pavese, Lavorare stanca: «[...] gareggiare stanca», 17.7.1986; Charles Baudelaire, Corrispondenze: «La Juve, in campo, è una foresta di simboli», 1981, Mura 2013, p. 151; Giuseppe Ungaretti, Mattina: «M’illumino di Pantani», 28.7.1988; François Villon, La Ballade des dames du temps jadis: «Per un partito moderato suggerirei il Beige (mais où sont les beiges d’antan?)», 13.2.1994; San Filippo Neri [e Johnny Dorelli]: «E stiamo calmi, se possiamo», 14.7.1994; Pier Paolo Pasolini: «San Siro è un tempio e il calcio una religione del nostro tempo (parafrasando un altro poeta)», 16.11.2002).

Ancora una volta, tuttavia, sarebbe inconcepibile riassumere, pur con una qualche approssimazione, l’intero mondo di Gianni Mura. Non resta, dunque, che accontentarsi di pochi spunti, in grado di dare una vaga idea dei suoi orizzonti culturali, che spaziano dalla musica (Tenco, De André, Gianco, Guccini, Gaber, Endrigo, Brassens, Brel; «[Zola è] fisicamente uguale al Nino della canzone di De Gregori», 20.6.1996) al cinema (Fellini, Visconti, Antonioni, Petri, Hitchcock, Woody Allen; «La nostra nouvelle vague [= la nuova generazione di ciclisti italiani], con l’esempio suo, ha capito quale era la strada da seguire», 1966, Mura 2013, p. 76), dalla storia dell’arte (Renoir, Van Gogh, Picasso, Magritte, Dalí, Miró, Guttuso; «Ci sono molte opere di Leonardo Bistolfi, che meritò laudi dannunziane ma anche critiche feroci (come un epigramma lacerbiano che cominciava con: “È Bistolfi quella cosa / che ti scoccia pure i morti…”)», 8.2.1986) alla filosofia (Diogene di Sinope, Hegel, Schopenhauer, Nietzsche, Freud, Croce; «[La nazionale italiana di calcio] Definita per giorni cinica, ha cambiato scuola filosofica passando allo stoicismo», 30.6.2000), e alla letteratura, naturalmente, a Buzzati (spesso) e Maigret (ancor di più), a Omero e le chansons de geste («[...] quelli che hanno studiato dicono che il ciclismo è una chanson de geste, tirano in ballo Omero. Ettore era uno pulito, Achille un dopato. E però, però, la madre di Weylandt che lungo la discesa del Bocco s’inginocchia e bacia l’ultimo pezzo di terra che ha accolto il corpo del figlio, questo sì è omerico nel senso di antichissimo e straziante», 11.5.2011), e ancora a Catullo, Cicerone, Victor Hugo, Verlaine, Rimbaud, Claudel, Éluard, Proust, Montale, Calvino, Gadda, Bertolucci, Pasolini, Zavattini, Bianciardi, Brecht, Cechov, Beckett («Il mundial arriva, come Godot», 30.5.1986), solo per citare i primi nomi che tornano alla mente, sufficienti a formare due squadre di calcio.

Ma questa è un’altra storia, avrebbe forse chiosato Mura, che sapeva bene quanto ogni storia possa portare lontano. Anche al di là dell’oceano.

*Gli articoli citati esclusivamente per data sono tratti dall’archivio on line di repubblica.it, che parte dal 3 gennaio 1984 e arriva ai nostri giorni (il sito non riporta i caratteri in corsivo, che saranno quindi da attribuire a chi scrive).

Con Mura 2013 (seguito dal numero di pagina), invece, ci si riferisce alla raccolta Non gioco più, me ne vado. Gregari e campioni, coppe e bidoni (Milano, Il Saggiatore, 2013), da cui sono tratti alcuni brani scritti prima del 1984 (in questi casi il corsivo è dell’autore).

Altri articoli di Mura sono rintracciabili nelle antologie La fiamma rossa. Storie e strade dei miei Tour (Roma, Minimum fax, 2008), Il mondo di Gianni Mura (Roma, GEDI / La Repubblica, 2020) e Gianni Mura e i racconti della Bicicletta (Roma, GEDI / La Repubblica, 2020).

Il ciclo Un treno di parole verso gli Europei di calcio 2021 è curato da Rocco Luigi Nichil

Il calcio alla radio di Marcello Aprile

I soprannomi dei calciatori di Francesco Bianco

Oceano Mura di Rocco Luigi Nichil

Immagine: Gianni Mura @enrico

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