Far sì che un testo ridiventi solo un testo.

Cioè un modo per enucleare, incorporare e comunicare il pensiero,

in equilibrio fra etica ed efficacia.

(Carofiglio 2015, p. 140)

Il testo burocratico a scuola: per la lingua e per la cittadinanza

Nel Documento per la ripresa della vita scolastica, stilato dall’Accademia della Crusca con la sezione Crusca Scuola e dall’Associazione per la Storia della Lingua Italiana (sezione Scuola) nello scenario della pandemia da COVID-19, si legge: «Il nostro corpo docente nel suo insieme ha reagito in modo esemplare davanti all’emergenza della pandemia, dimostrando piena consapevolezza del proprio ruolo e dell’alto valore che la formazione assume nella società». Si ribadisce molto chiaramente l’impatto positivo della formazione nella vita di/in società.

Il passaggio esprime un principio utile per inquadrare il tema di questo contributo: l’introduzione a scuola del testo burocratico che, per definizione, disciplina i comportamenti degli individui come cittadini. Una riflessione strutturata sul tipo testuale qui considerato si lega dunque a un’educazione alla cittadinanza attiva, che renda lo studente partecipante consapevole della vita comunitaria, oltre che a un’educazione alla lingua. È infatti la scuola «che si fa o dovrebbe farsi carico di guidare alla scrittura (professionale e non)» (Lubello 2015, p. 280). Nel caso del testo burocratico tale carico può essere assunto non soltanto nell’ora di italiano, ma anche nell’ora di cittadinanza e Costituzione, insegnamento che, dal prossimo anno scolastico 2020-2021, sarà sostituito dalla reintroduzione dell’educazione civica.

Investire nella scrittura e nella riscrittura a scuola di testi burocratici può rappresentare, inoltre, una via alternativa al processo di “semplificazione” del burocratese, quell’italiano inutilmente oscuro e contorto, talvolta persino sgrammaticato, con cui i testi burocratici vengono ancora oggi scritti. Ciò è vero se si considera lo studente e cittadino del presente un potenziale dipendente pubblico del futuro.

A proposito di burocratese: mala et bona tempora CURrunt

In diversi studi si è ricorso all’immagine dell’«isola di aulicità fossilizzata» in riferimento agli aulicismi e alle formule fisse quali tratti linguistici più evidenti, caratterizzanti il burocratese (cfr. per es. il già citato Lubello 2015). L’“isola” raffigura bene sia la consolidata distinzione tra norma burocratica e lingua comune sia la separazione (e la superiorità) sentita dal dipendente pubblico nel confronto con il cittadino (Cortelazzo 2014, p. 98).

La persistenza dei tratti linguistici tipici del burocratese ha trovato recente conferma nei dati di una ricerca condotta da chi scrive nell’ambito di un progetto sulla pubblica amministrazione che ha coinvolto tutte le università campane e perciò detto progetto CUR (Comitato Universitario Regionale). La ricerca è stata finanziata con i fondi del Programma Operativo Regionale Campania-Fondo Sociale Europeo 2014-2020 sia per colmare una lacuna, ovvero (con valore esplicativo e non disgiuntivo come in burocratese) l’assenza nel Programma di un’attenzione alla scrittura chiara e comprensibile che rientri tra le pratiche di efficienza dell’amministrazione regionale campana, sia per dare una nuova spinta agli interventi per la semplificazione del burocratese in Italia (su cui cfr. il bilancio in Cortelazzo 2015). Basta leggere le prime righe degli Incentivi per l’assunzione di lavoratori svantaggiati in Campania-annualità 2016 (uno dei testi del corpus per la ricerca CUR)) per incorrere nell’aulicismo e nella formula fissa ridondante oltre che aulica in corsivo in (1):

(1)

a. (disoccupazione in Campania) acuita dalla contingenza della crisi economica (l’aulicismo può essere espunto dal testo perché superfluo);

b. (aziende con unità) locali ubicate in Campania al posto di ‘(aziende con sedi) in Campania’.

Se, come si è detto, l’immagine dell’«isola di aulicità fossilizzata» è calzante per descrivere la conservatività di alcuni tratti del burocratese, tuttavia tale isola presenta al contempo dei cedimenti, metafora per quegli errori ricorrenti nei testi burocratici soprattutto (ma non solo) a livello della sintassi, che possono essere raggruppati in una sorta di “sgrammatichetta” (cfr. Nobili 2019). Due esempi nel sottolineato in (2), sempre tratti dagli Incentivi, di sconcordanza tra soggetto e predicato per il genere (maschile vs femminile) e per il numero (singolare vs plurale, con l’aggettivo inerente che non regge l’attesa preposizione articolata alla ma l’articolo determinativo la):

(2)

c. L’aumento del numero di dipendenti della sede/stabilimento in questione rispetto alla media relativa al periodo di riferimento va determinata considerando, per i lavoratori occupati a tempo pieno, o a tempo parziale, le frazioni di unità di lavoro-anno (U.L.A.);

d. L'inoltro tardivo delle comunicazioni telematiche obbligatorie inerenti l’instaurazione e la modifica di un rapporto di lavoro producono la perdita di quella parte dell'incentivo relativa al periodo compreso tra la decorrenza del rapporto agevolato e la data della tardiva comunicazione.

Questi pochi esempi danno l’idea di un italiano burocratico in sincronia «in movimento» (per dirla con Renzi 2017) verso il basso della dimensione diafasica per l’incapacità dello scrivente di gestire la grammatica dello scritto e verso il basso della dimensione diastratica per la conseguente possibilità di annoverare il dipendente pubblico nella schiera dei nuovi semicolti studiati a fondo da Rita Fresu (per es. in Fresu 2016).

I.T.A.C.A. e lo studente nella rete del burocratese

Da quanto si è detto si ricava l’importanza della scuola nell’addestramento alle buone pratiche di scrittura. Sotto l’acronimo I.T.A.C.A. (Insegnamento e Testi Amministrativi per una Cittadinanza Attiva), progetto in corso presso l’Università di Salerno, si stanno raccogliendo alcune sperimentazioni sulla riscrittura di testi burocratici da parte di gruppi di destinatari reali dei testi, studenti italiani e stranieri, di scuola superiore e di università (cfr. Lubello/Nobili in stampa; Nobili in stampa).

In particolare, un sondaggio su riscritture elaborate da studenti italiani in uscita dal biennio superiore ha mostrato quanto gli studenti stessi, a quell’altezza del percorso formativo, siano invischiati nella rete di un burocratese goffo e ricco di termini fraintesi se non addirittura storpiati, che va medicato con interventi didattici mirati. Concludiamo con un esempio in grassetto in (3):

(3)

e. (sott. Le iniziative) che effettuano una tutela sociale in luoghi pubblici a rischio sotto due punti di vista: l’ordine pubblico e il decadimento urbano (sarebbe stato corretto: ‘che stimolano l’attenzione su’).

Riferimenti bibliografici

Carofiglio, G., Con parole precise. Breviario di scrittura civile, Bari-Roma, Laterza, 2015.

Cortelazzo, M., L’italiano nella scrittura amministrativa, in Lubello, S. (a cura di), Lezioni d’italiano. Riflessioni sulla lingua del nuovo millennio, Bologna, il Mulino, 2014, pp. 85-104.

Cortelazzo, M., Il cantiere del linguaggio istituzionale. A che punto siamo?, in “LeGes”, 26, 2015, pp. 135-150.

Fresu, R., L’italiano dei semicolti, in Lubello, S. (ed.), Manuale di linguistica italiana, Berlin/Boston, de Gruyter, 2016, pp. 328-350.

Lubello, S., Ancora sull’italiano burocratico. Riflessioni sulla base di un corpus recente (2011-2015), in “Studi di grammatica italiana”, XXXIV, 2015, pp. 263-282.

Lubello, S./Nobili, C., 150 anni di scrittura “per” i cittadini: il destinatario dimenticato, in Alfieri, G. et al. (a cura di), Pragmatica storica dell’italiano. Modelli e usi comunicativi del passato. Atti del XIII Congresso dell’ASLI Associazione per la Storia della Lingua Italiana (Catania, 29-31 ottobre 2018), Firenze, Franco Cesati, in stampa.

Nobili, C., Dai testi scritti alla sgrammatichetta. Sullo status del burocratese della Regione Campania, in “Lingue e linguaggi”, 33, 2019, pp. 227-250.

Nobili, C., Lo scritto tra (in)competenze metalinguistiche in italiano LS e L1: contesti diversi, problemi comuni, in “Italiano LinguaDue”, 12, 1, in stampa.

Renzi, L., Come cambia la lingua. L’italiano in movimento, Bologna, il Mulino, 2017.

Immagine: Studenti in classe

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