Una buona classe non è che un’orchestra che prova la stessa sinfonia, Pennac docet. Ogni alunno, poi, è un unicum e suona il suo strumento. La sfida ultima, la più impegnativa, è trovare l’equilibrio, la giusta armonia, la chiave per valorizzare ogni attitudine e ogni comportamento.
Del resto l’agire didattico è ciò che si fa quando si insegna, ossia l’insieme di scelte che, nell’interazione insegnante-alunno, traducono operativamente quanto consapevolmente progettato.
L’agire dell’insegnante, inoltre, spazio di complessa interazione, è per sua natura consequenziale e ricorsivo: alla progettazione fanno séguito delle azioni, talora mirate e ponderate sino al dettaglio, perché il contesto d’apprendimento è variabile, così come mutevoli sono le cosiddette “variabili di processo” – cuore della didattica –, che alla fine si concretizzano in situazioni e in prodotti.
I metodi d’insegnamento
L’esperienza scolastica, da sempre vincolata da costrizioni e risorse, si fonda sulla consapevolezza dell’esistenza di metodologie diverse e, sovente, il risultato ottimale lo si ottiene attraverso il sincretismo, proprio perché dietro ogni studente c’è una dinamica particolare e, di conseguenza, l’approccio necessario è tutt’altro che omologabile.
Non esiste (è noto) un unico metodo d’insegnamento, proprio in ragione del fatto che molteplici sono le situazioni d’apprendimento. Nel tempo, all’interno dell’evento didattico, sono stati teorizzati svariati modelli d’apprendimento, che tuttavia potremmo sintetizzare in una triade:
il modello trasmissivo-ricettivo frontale – di stampo comportamentista –, che implica la trasmissione e l’erogazione non mediata di informazioni il modello sequenziale, d’ispirazione cognitivista, basato sul raggiungimento di obiettivi successivi di carattere tecnico-procedurale il modello euristico a scoperta guidata, di tradizione costruttivista (e post-costruttivista), basato sull’apprendimento situato, sulla ricerca-azione e sulla risoluzione di problemi destrutturati (il cosiddetto problem based learning).Ora, il metodo d’insegnamento efficace è quello che sa districarsi all’interno dei vari approcci sopra descritti, creando azioni adeguate a seconda dei contesti, ormai fortemente cangianti.
«La Ricerca» di Loescher
Nel 2010, nel tentativo di sperimentare un modello teorico d’insegnamento valido ed empiricamente efficiente e di condurre le fasce scolastiche più disagiate verso risultati apprezzabili, l’insegnante e managing director delle Uncommon Schools newyorkesi Doug Lemov pubblica Teach Like a Champion.
Alcuni anni dopo Alessandra Nesti cura la traduzione di una versione implementata e aggiornata del testo, con il titolo Teach Like a Champion: 62 tecniche per un insegnamento di successo, versione che – all’interno di un un progetto della rivista «La Ricerca» di Loescher editore – uscirà in Italia nel mese di febbraio.
Alla base della teorizzazione metodologica di Lemov, docente di notevole esperienza sul campo, sta l’osservazione del comportamento in classe di un numero elevato di insegnanti: il buon maestro intuisce perfettamente il clima della classe, è consapevole di ciò che la gestualità degli allievi comunica e lo sa interpretare; predilige sempre il contatto visivo con i ragazzi e sceglie punti strategici dell’ambiente d’apprendimento, i punti caldi, dai quali può intervenire tempestivamente modulando la voce, i gesti, il proprio linguaggio verbale e non verbale.
Tecniche che diventano azioni
L’insegnante meritevole, il campione – suggerisce Lemov –, rispetta il “tempo d’attesa” di tutti, ossia il tempo necessario ad un allievo per formulare concetti e risposte; sa colmare i vuoti e le pause fisiologiche della conversazione; sa mediare e offrire sempre un’opportunità, richiamando assertivamente i distratti o gli indisciplinati; è in grado di correggersi in itinere, di muoversi, di cambiare prospettiva e sa trasmettere – in ogni circostanza – energia positiva, magari mediante un sorriso.
Teach Like a Champion di Doug Lemov, manuale diviso in quattro sezioni e dodici capitoli, propone dunque 62 tecniche didattiche collegate e operative, da non utilizzare tutte necessariamente, ma da testare via via, a seconda dei contesti, per osservarne gli effetti a breve e a lungo termine.
Lemov, pertanto, insegna con leggerezza a maneggiar strumenti e materiali e a variare gli approcci verbali e non verbali, spiegando tecniche concrete e fattibili che diventano azioni. In questo modo l’insegnante americano, memore tanto dell’attivismo di John Dewey che della “pedagogia popolare” di Célestin Freinet, giunge ad attuare la filosofia didascalica che meglio interpreta le esigenze di ogni alunno, la logica dell’imparare facendo, del learning by doing.
Un testo dunque, Teach Like a Champion, eclettico e duttile, preciso come un prontuario e profondo come un saggio, utile alla causa di quegli eroi sconosciuti, gli insegnanti, che ogni giorno affrontano le proprie classi, trasmettendo saperi e comportamenti.
AA.VV, L’aula scolastica, come si insegna-come si impara, a cura di D. Parmigiani, Franco Angeli, 2014
AA.VV, L’evento didattico: dinamiche e processi,a cura di R. Cerri, Carocci, 2015
Silvana Loiero, L’insegnante: piccoli gesti, grandi virtù, in La vita Scolastica