Il viso sorridente e l'espressione sbarazzina di Dino Crocetti, alias Dean Martin, campeggiano in un bel primo piano fotografico, incorniciato nella copertina del saggio di Stefano Telve, docente di Linguistica italiana all'Università della Tuscia, intitolato (completando il tributo a Dean Martin) That's amore, sottotitolo La lingua italiana nella musica leggera straniera (Il Mulino, 2012) e dedicato alla presenza della lingua (e, attraverso la lingua, della cultura) italiana nelle canzoni straniere, dalla fine dell'Ottocento a oggi. Una presenza che il libro illustra chiaramente come trasversale ai generi musicali: si va dalle canzoni dei crooner come Dean Martin fino all'hip hop o, ancora, allo sperimentalismo colto dei Tuxedomoon, per finire con l'operatic pop, vale a dire il pop lirico alla Bocelli, laddove l'italiano cantato, oggi, ha più spazio, visibilità e successo all'estero – con Bocelli, certo, ma soltanto a partire dal 1995, e con altri interpreti più noti altrove che in Italia.

Sprezzature da dago-cool

Dean Martin ha un posto d'onore nel libro pour cause, poiché rappresenta l'incarnazione storica e lo snodo filogenetico di un certo tipo di fertile tendenza musicale che all'estero identifica, verso la metà del Novecento, «il prototipo del dago-cool: romantico, appassionato, rilassato e avvolto da un'irresistibile aura di fascino e di potere. È una posa, un atteggiamento, se non uno stile di vita, che è stato persino ricondotto alla sprezzatura, termine fondamentale della descrizione del perfetto Cortegiano rinascimentale fornita da Baldassarre Castiglione nel suo trattato omonimo, divenuto poi italianismo noto nel mondo anglosassone» (p. 214). Un corto circuito notevole, questo innescato da Telve, che permette di esemplificare uno dei pregi maggiori del suo saggio, che sarebbe limitativo definire di stretta ricostruzione storico-linguistica: ricco di informazioni e curiosità sfiziose anche per i non specialisti di studi linguistici, lo studio è robustissimo nell'impianto scientifico, caratterizzato com'è da una trama di stratificazioni complesse sempre in interazione, dal dato lessicale puntiforme al contesto sociolinguistico, dalle ispezioni nella ricettività e nell'orizzonte culturale e linguistico di attesa delle comunità straniere alle necessarie storicizzazioni sulle caratteristiche dei mercati discografici e sulle relazioni tra produzione italiana e circuito internazionale, senza dimenticare l'abbondante esemplificazione di cospicui brani testuali di canzoni, adeguatamente contestualizzati e commentati.

La “mama leone” di Bino

Cito soltanto l'esempio di Mama Leone (1978), grande hit di Bino (il palermitano Benedetto Arico) in Germania, Austria, Svizzera e Olanda: «Mama leone mama leone tu sei un angelo / Mama leone sei sempre stata sola per la povertà / Mama leone tu hai dato tanto di felicità / A bimbi hai dato il tuo amore / Non hanno avuto che dolore mama leone […] Mama leone tu che sei santa piena di bontà / Fai che nel mondo ci sia amore / In questa terra di dolore mama leone» (p. 129). E chi è Bino? Per noi (la maggioranza, oserei dire), in Italia, un signor nessuno. In questo senso, il libro è rivelatore: oltre a esserci cantanti stranieri, dall'Australia alla Finlandia, che si cimentano con testi parzialmente o integralmente in italiano (anche quando infarcito di imprecisioni o pseudoitalianismi), ci sono, finita l'epoca dei cantanti italiani o di origine italiana appartenenti al flusso dell'emigrazione che, tra fine Ottocento e prima metà del Novecento, è sbarcata sulle rive dell'Hudson, del Rio de la Plata e del Murray, molti cantanti italiani che vivono o lavorano all'estero e, tutt'oggi, vengono apprezzati e hanno successo cantando in italiano (anche qui, in parte o del tutto). Non si parla di Carrà, Cotugno, Bertè, Matia Bazar, Zucchero, Ramazzotti, Pausini, Nannini, Ferro (alcuni, come i cantautori, da Branduardi a Conte, piacciono più nell'Europa continentale; i pop lirici vanno bene in area anglosassone), ma di Paolo Fornaro, Domenico Protino, Piero Mazzocchetti e dell'“italiano di ritorno” Filippo Voltaggio. Molto meno noti da noi (anche se, per esempio, Mazzocchetti è arrivato 3° a Sanremo nel 2007) che all'estero.

Luca Toni Numero uno

Ecco, un tema che attraversa tutto il libro è proprio quello, molto interessante, delle idee ricevute sull'Italia e sugli italiani, che colano e si solidificano in stampi stereotipici d'acciaio dentro le canzoni sia dei Bino italiani, sia, per dire, dei lettoni Bonaparti.lv. Con modulazioni varie nel corso del tempo (mamma e cuore prima, made in Italy di Gucci, Prada e Versace poi), perduranoil binomiotematico-linguisticoamore (amore, bacio, bella, cuore, arrivederci, addio) - gastronomia (zucchini, tuttifrutti, zuppa, minestrone, pizza...) e l'associazione della familia mafiosa (rinverdita da serie tv di successo come The Sopranos) con la lirica, che dà benzina al motore dell'operatic pop, già ben rodato negli anni Novanta_._ In definitiva, soggiacente a questo rincorrersi di parole certe in un firmamento fisso, apprezzato all'estero proprio per la sua rassicurante stabilità, si conferma la sostanziale valenza evocativa e simbolica di ogni singolo italianismo eventualmente speso in un testo destinato al pubblico straniero: l'“italianità” linguistica allude immediatamente a una “italianità” immaginaria, concentrato di passione, creatività, genio artistico e musicale, perfino quando – in epoca più recente – la postmodernità connota di parodia il recupero e l'uso dell'italiano (si ascolti a questo proposito il testo di Numero uno[2009], dedicato dal tedesco Matze Knop al calciatore italiano Luca Toni, in quegli anni giocatore del Bayern di Monaco; cfr. pp. 162-166).

«Questi “italianismi passivi” rappresentano infatti una risorsa linguistica di forte connotatività, come indica il fatto che […] figurano spesso in una posizione di rilievo (nel titolo, nel ritornello, oppure in fine di verso); il che vale naturalmente anche nel caso in cui tutto o quasi tutto il testo sia scritto in italiano» (p. 227). Insomma, in un modo o nell'altro, per l'Italia e, almeno un po', per la sua lingua, that's amore.

Immagine: Dean Martin. Crediti: copertina del libro That's amore! La lingua italiana nella musica leggera straniera di Stefano Telve, il Mulino editore.

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