Il 12 novembre 2021 è stato un giorno importante per gli appassionati e gli studiosi de La Scienza in cucina e l'Arte di mangiar bene e del suo autore, Pellegrino Artusi (1820-1911). Finalmente è stato pubblicato on line da Casa Artusi l'atteso carteggio artusiano, depositato all’interno dell’Archivio della Biblioteca Comunale a lui titolata, che consta delle lettere che il gastronomo e scrittore romagnolo ricevette negli anni successivi all'uscita del suo libro maggiore. Ciò è stato realizzato grazie all'ostinata caparbietà di alcuni studiosi ed è il compimento, preventivamente inventariato e successivamente digitalizzato, di un lavoro di trascrizione durato anni e a più riprese da Alberto Capatti, Piero Camporesi e Franco Mambelli, a cui si sono aggiunte in tempi più recenti Giovanna Frosini e Monica Alba.

I fidi servitori e il Comune di Forlimpopoli

Queste ultime autrici con «Domestici scrittori» della prima uscita pubblica, tematica e monografica, del carteggio: la raccolta della corrispondenza intrattenuta da Artusi con i fidi servitori tuttofare, Francesco Ruffilli e Marietta Sabatini, a loro volta nominati eredi dei diritti del libro e di alcuni piccoli cespiti. Infatti, la maggior parte dell'eredità venne lasciata dallo scrittore al Comune di Forlimpopoli. In questo patrimonio vi erano pure le suddette lettere che Artusi teneva talmente in considerazione da segnarvi su anche la data di arrivo e dell'eventuale sua risposta. Proprio questo epistolario, contato in poco meno di duemila missive, consente di avere del lavoro di editing sul libro una sorta di corrispettivo sia delle richieste, suggerimenti e giudizio dei lettori sia di un vero e progressivo backstage: un dietro le quinte, estremamente costruttivo di come s'accresceva “La Scienza” di edizione in edizione, fino all'ultima del 1911, la quindicesima purtroppo diffusa postuma, seguita ancora da un Artusi quasi cieco vent'anni esatti dopo la pubblicazione a proprie spese della prima che contava 475 ricette rispetto alle 750 finali.

Una cartina interattiva

A questo punto è di notevole interesse appurare come la digitalizzazione dei documenti dia la possibilità di avere a disposizione più percorsi di lettura nel seguire sia la mera cronologia di arrivo della lettera, segnata da data e da un numero progressivo sia le spedizioni regione per regione. In questo caso l'utilizzo grafico di una cartina interattiva del Belpaese dà l'opportunità di capire qual è la provenienza dei mittenti e la natura delle loro richieste che non si fermavano al semplice acquisto in contrassegno del volume, ma che tendevano ad intrattenere una sorta di legame confidenziale con l'autore. Ad. es. per le isole: la Sardegna dal '900 al '906 ha solo 7 corrispondenti, dalla Sicilia invece le lettere sono 16. spedite tra il '906 e il '909. Quindi si chiarisce ancor più qual è stata, agli inizi, l'effettiva diffusione de “La Scienza” in Italia e il suo duraturo successo, che ne fa uno dei grandi long-seller dell'editoria italiana. Pertanto, questa è una delle evidenze che dà ragione ad Artusi e al suo presupposto di dotare finalmente tutte le famiglie italiane di un ricettario che rispecchiasse unitariamente anche in cucina, quella faticosissima unità politica raggiunta a caro prezzo nel 1861. Bontà della storia e delle sue imprevedibili coincidenze: una Unità d'Italia arrivata soltanto trent'anni prima della “Scienza” e cominciata a festeggiare come ricorrenza il 17 marzo del 1911. Artusi morì il 30 dello stesso mese.

Interlocutori abbienti

Ovviamente ci sono altre ragioni che emergono dalla lettura di queste lettere. Innanzitutto: il loro contenuto di informazioni utili alla biografia dello scrittore. Molteplici sono gli argomenti che queste lettere suggeriscono e se prelevati “a parte” possono indirizzare a nuove ed inedite interpretazioni critiche e filologiche. Come isolare il carteggio intrattenuto con il poeta e polemista Olindo Guerrini (a tal proposito, caso raro, si sono conservate le lettere inviate da Artusi) significa anche penetrare in un'altra officina creativa che di lì a poco produrrà un altro testo fondamentale nella storia della cucina: L'Arte di utilizzare gli avanzi della mensa (postumo, 1918), libro profondo debitore della “Scienza” e a sua volta – negli anni in cui Guerrini si dedicò alla sua stesura, ormai morto l'amico – creditore di alcune suggestioni, non ancora del tutto portate alla luce. Ma ad incuriosire sono anche le semplici lettere di persone comuni che però tradiscono una provenienza da ceti abbienti (altroché massaie e virginee sposine). Basta soltanto la disponibilità di denaro per l'acquisto del libro a dare la misura di quale spicchio di società italiana poteva permettersi di richiederlo. Era quella borghesia, soprattutto mercantile e alfabetizzata, nonché tutta una categoria impiegatizia nei gangli nevralgici dello Stato (ministeri, prefetture, caserme, scuole, ospedali), che andava sostituendosi nel ponte tra Otto e Novecento ad un'aristocrazia in decadenza o meglio in trasformazione, come spina dorsale economica del Paese, ancora prevalentemente agricolo, sebbene le scoperte scientifiche solleticavano quella modernità già appartenente a molti paesi europei e che molta letteratura, soprattutto d'appendice, cercava di raccontare e far assaggiare a palati anche poco ricercati.

Ricette, lettori e processo creativo

Lo sviluppo dei mezzi di comunicazione e di trasporto su ferro di merci e viaggiatori disegna a fine Ottocento una Nuova Italia. I movimenti politici e le prime lotte per i diritti dei lavoratori e per l'emancipazione femminile (che in Italia, nonostante la presenza di donne come Maria Montessori, Francesca Cabrini e di tante altre, arriverà in ritardo rispetto ai paesi europei più avanzati) lentamente picconano più che le differenze sociali, le distinzioni di genere. Il libro piace a uomini e a donne. Tutti ne fanno richiesta e tutti provano – lo dicono apertamente sia riuscendo sia fallendovi – le ricette riportate e quando possono dicono la loro sulle preparazioni, invitando l'autore a variarne gli ingredienti. Vi è dunque per la prima volta una partecipazione diretta del pubblico dei lettori al processo creativo. Una platea vasta ed eterogenea come si evince dal campione delle lettere sopravvissute. E “La Scienza” sembra raccogliere tra le sue righe tutte queste istanze e rivendicazioni. È il clandestino inizio di una rivoluzione dei costumi e Artusi ne è il filosofo e fino a dove il suo “manuale” la guida.

Immagine: Monumento funebre di Pellegrino Artusi nel cimitero di San Miniato al Monte

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