“Questa vostra legge io non la conosco”, disse K.
“Peggio per lei”, rispose il guardiano.
(F. Kafka, Il processo)
Per l’esattezza …
Tra le varie parodie e caricature del linguaggio ‘oscuro’ del diritto è nota quella nella novella del prete di Varlungo (Decamerone, VIII, 2), in cui Boccaccio mette in bocca a Bentivegna del Mazzo alcuni termini storpiati (al posto di: perentorio, procuratore, giudice del maleficio):
– Gnaffe, sere, in buona verità io vo infine a città per alcuna mia vicenda, e porto queste cose a ser Bonaccorri da Ginestreto, ché m’aiuti di non so che m’ha fatto richiedere per una comparigione del parentonio per lo pericolar suo il giudice del dificio.
È vero che il linguaggio giuridico viene spesso considerato come una sorta di gergo oscuro per iniziati, una selva di tecnicismi comprensibili solo dagli specialisti, ma per fortuna non è sempre così. Come scrive Federigo Bambi (2013: 192): «Insomma, a saperlo cercare, si riesce pure a trovare lo scrivere d’un giurista, e poi anche, nello specifico, lo scrivere di diritto, che vadano esenti dalle critiche ricorrenti che da secoli vengono addebitate alla lingua giuridica: artificiosità, ridondanza, scarsa chiarezza».
Non sono pochi i tecnicismi noti anche a non giuristi e di cui si ha contezza o esperienza diretta: pensiamo a termini come usufrutto, rogatoria, peculato, che spesso rimbalzano da fatti di cronaca, o a sigle che durante la pandemia sono diventate trasparenti e di dominio comune (sicuramente DPCM che ha accompagnato i continui decreti del Presidente del Consiglio). Ma è indubbiamente consistente anche il manipolo di termini noti quasi esclusivamente agli specialisti (giusto tre esempi: sinallagma, evizione, anticresi).
In qualche caso è d’ausilio un’etimologia trasparente, come per es. in comodato (dal latino COMMODĀTUM) che indica un ‘contratto col quale una parte cede all’altra una cosa mobile o immobile affinché se ne serva per un certo tempo o per un uso determinato con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta alla scadenza del termine previsto’: il termine ha già un’attestazione, ma isolata, nel ’300 (1383, nella Summa pisanella di Giovanni dalle Celle; cfr. TLIO s.v.), ed entra nell’uso giuridico moderno dal ’700 (precisamente dal 1749, Istoria delle leggi e magistrati del Regno di Napoli scritta da Gregorio Grimaldi, cfr. LEI, XVI, 118-19, s.v.).
Molti tecnicismi sono già dei primi secoli dell’italiano, ma non tutti: una fucina importante per l’italiano del diritto è stata l’opera di un avvocato di Venosa (con studi giuridici a Napoli), Giovan Battista De Luca, che scrisse finalmente non in latino, ma in volgare un importantissimo compendio legislativo, Il dottor volgare (stampato nel 1673). De Luca fece, si potrebbe dire, un’importante operazione di divulgazione, sottraendo la conoscenza del diritto all’esclusivo appannaggio degli uomini di legge. Infatti nel Prologo del Dottor volgare l’autore si chiede (cfr. Lubello 2021: 37-39):
se sia bene o no il trattare la legge o materie legali in lingua volgare, perché ognuno benché idiota possa intenderla, e molti sono gli argomenti che concorrono per l’una e l’altra parte.
Da quel laboratorio di parole giuridiche in volgare provengono infatti moltissimi tecnicismi giuridici che nei nostri repertori lessicografici sono datati al 1673: peculato, prima citato, collusivo, captatorio, cumulativo, imputabile, impugnabile, moratorio, patrocinatore, pregiudizialità, successorio ecc. Di alcune parole polisemiche l’accezione giuridica è attestata nel Dottor volgare prima di quella più generica, come per l’aggettivo compensativo (già latino) nel significato giuridico-commerciale ‘dato a titolo di compenso o di indennizzo’ (mentre la prima attestazione con il significato generico ‘che serve a compensare’ è posteriore, del 1763, nell’Ingiustizia smascherata di Fr. G. F. Labortini; cfr. LEI, XVI, 368-369, s.v.).
Tre parole … da lontano. In omaggio a Dante
Partiamo da un termine introdotto nella Commedia (Paradiso, xii, 126), coartare ‘limitare, comprimere, restringere’ (lat. COARTĀRE ‘restringere’) nelle parole di san Bonaventura contro i francescani, col significato di ‘piegare secondo la propria volontà (con connotazione negativa)’:
Ben dico, chi cercasse a foglio a foglio / nostro volume, ancor troveria carta / u' leggerebbe «I' mi son quel ch'i' soglio»; / ma non fia da Casal né d'Acquasparta, / là onde vegnon tali a la scrittura, / ch'uno la fugge e altro la coarta.
Il termine attecchisce rapidamente (lo usa uno dei primi commentatori della Commedia, Francesco da Buti; cfr. Serianni 2020: 115), ma l’uso tecnico giuridico è più moderno: secondo l’archivio ISLeGi già dal 1644 (Lorenzo Priori, Prattica criminale secondo il ritto delle leggi della Serenissima Republica di Venetia).
Sempre in Dante, e di probabile sua coniazione, si trova un verbo parasintetico, che diventerà tecnico e nell’uso degli uffici molto più tardi: attergare ‘accostarsi col tergo’ che compare una volta nell’Inferno, xx, 46 (cfr. Vocabolario Dantesco s.v.):
Aronta è quel ch'al ventre li s'atterga, / che ne' monti di Luni, dove ronca / lo Carrarese che di sotto alberga, / ebbe tra ' bianchi marmi la spelonca / per sua dimora …
Lo sviluppo nel significato amministrativo (‘porre a tergo, scrivere note, osservazioni, ecc. a tergo di un documento’) è datato dall’archivio IsLeGI al Dottor volgare di De Luca (1673), ma entra nell’uso amministrativo lentamente visto che ancora agli inizi del XX secolo compare nella lista dei neologismi di Rigutini-Cappuccini (1926: 21):
lo usano i burocratici per scrivere a tergo di una supplica, istanza, ec. quello che ad essa è stato risposto: non può dirsi altrimenti che scrivere a tergo o sul tergo.
Infine, il termine dotto contumacia, già fine duecentesco (in Bono Giamboni; cfr. TLIO, s.v.) nel significato di ‘riluttanza a piegarsi alla volontà altrui, ad eseguire un ordine, a rispettare una regola; disobbedienza, ribellione; protervia’, è anche nel Purgatorio (iii, 136): in contumacia (della chiesa) ‘escluso dalla comunione della Chiesa; scomunicato’:
Vero è che quale in contumacia more / di Santa Chiesa, ancor ch'al fin si penta, / star li convien da questa ripa in fore …
Anche l’accezione giuridica (‘situazione processuale di chi disobbedisce ad un'autorità giudiziaria non presentandosi in giudizio entro il termine previsto; assenza o fuga dell'imputato, della persona citata’) è attestata dalla fine del ’200, mentre sempre a De Luca si deve il derivato contumaciale (di processo o giudizio che si svolge in c. di una parte o dell’imputato).
Contumacia, inoltre, come del resto molti termini in uso negli stati dell’Italia preunitaria, conosce anche significati particolari: dalla centuria di voci del Vocabolario storico-etimologico del veneziano da poco pubblicata si recupera (s.v.) un’accezione – sembrerebbe tipicamente veneziana – degli ordinamenti della Repubblica di Venezia, quella di ‘ineleggibilità a una carica pubblica’ e per traslato ‘periodo di vigenza dell’ineleggibilità’ o per estensione ‘periodo di non partecipazione a incarichi di Stato’ (già in un testo inedito del 1406).
Sconfinamenti con divagazione
Mi piace chiudere con un tecnicismo conosciuto, il confino, perché rimanda a confine, termine suggestivo nella sua doppia valenza di ‘limite’ e di ‘soglia’.
La forma confino è di antica origine, già del ’200, ma come pena dell’ordinamento giuridico è del Regno d’Italia (il domicilio coatto fu introdotto dalla Legge Pica del 1863; la misura del confino subentrò nel 1926 con il regime fascista): ‘pena restrittiva della libertà personale consistente nell’obbligo di dimorare in un luogo appartato e lontano’ (il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1931 prevedeva che potessero essere mandati al confino coloro che risultavano pericolosi per la sicurezza pubblica o per “l’ordine nazionale”). Con la nascita della Repubblica il confino fu dichiarato costituzionalmente illegittimo, mentre nel 1965 fu introdotta una misura analoga, il soggiorno obbligato.
Deverbale (da confinare) o metaplasmo (da confine) che sia, il termine viene dal latino CONFĪNIS, agg. e sost. ‘confinante; confine’, cioè cum – finis: letteralmente «il confine è il luogo dove si finisce insieme» e quindi vuol dire frontiera, il luogo dove ci si incontra di fronte, ciò che «implica sempre un’apertura all’altro, un “finire assieme”» (Balzano 2019: 13).
Variatis variandis, il sinonimo confinamento ‘il confinare, il relegare in un dato luogo’ è il termine che ha scelto il francese (confinement) durante la pandemia invece di lockdown; ancora più suggestivo, quindi, il déconfinement, il movimento opposto che recupera in un certo senso il significato di finis non come limite, ma come soglia, varco, apertura. Che è ciò che in fondo ci auguriamo ora, pur senza avere un termine così pregnante per dire l’uscita insieme (cum) dal confino. Anche se, senza ricorrere al francese, avremmo potuto mutuarlo dalla fisica: deconfinamento. Che suona come quei vocaboli amati da Leopardi, dal sapore vago, e anche un po’ indefinito, che aprono lo sguardo contro ogni limes, di là da ogni confine.
Riferimenti bibliografici
Balzano 2019 = Marco Balzano, Le parole sono importanti. Dove nascono e cosa raccontano, Torino, Einaudi.
Bambi 2013 = Federigo Bambi, La chiarezza della lingua del diritto, in “Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno”, 42, pp. 191-200.
D’Onghia – Tomasin 2020 = Luca D’Onghia e Lorenzo Tomasin (a c. di), Parole veneziane1 \ una centuria di voci del Vocabolario storico-etimologico del veneziano [vev], Venezia, lineadacqua.
GDLI = Grande Dizionario della Lingua Italiana, fondato da S. Battaglia e poi diretto da G. Barberi Squarotti, 21 voll., Torino, Utet, 1961-2002.
IS-LeGI = Indice Semantico per il Lessico Giuridico Italiano
LEI = Lessico etimologico italiano di †Max Pfister, Wolfgang Schweickard ed Elton Prifti, Wiesbaden, Reichert, dal 1979-
Lubello 2021 = Sergio Lubello, L’italiano del diritto, Roma, Carocci.
Rigutini-Cappuccini 1926 = Giuseppe Rigutini, Giulio Cappuccini, I neologismi buoni e cattivi, Firenze, Barbèra (II edizione).
Serianni 2020 = Luca Serianni, Il Lessico, nella collana “Le parole dell’italiano” diretta da G. Antonelli, RCS
TLIO = Tesoro della Lingua Italiana delle Origini (consultabile al link: http://tlio.ovi. cnr.it/TLIO/).
Il diritto da vicino: parole (giuridiche) per un anno è un ciclo curato e scritto da Sergio Lubello. Le puntate precedenti:
Immagine: Paradiso, canto XXII
Crediti immagine: Gustave Doré